La riforma costituzionale a cui la ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati, sta lavorando dall’inizio della legislatura dovrebbe arrivare a giorni, in uno dei prossimi consigli dei ministri. La promessa è sempre la stessa, rinviata però di mese in mese fino ad oggi ma anticipata e approfondita da numerosi convegni: il più pregnante, quello al Cnel con un centinaio di costituzionalisti, quello più da passerella invece si è svolto oggi, martedì 19, al tempio di Adriano, con ampia presenza di ministri e vertici del centrodestra, dal titolo “Le buone leggi”. In una concomitanza fortunata o sfortunata, a seconda dei punti di vista: alla Camera si è anche celebrato il settantacinquesimo anniversario della Costituzione che il governo di centrodestra è deciso a rivoluzionare nel suo impianto fondativo.

Adesso dovrebbe mancare davvero poco a quella che Casellati ha definito «la riforma delle riforme»: la ministra ha detto che il testo «è sul tavolo del premier», dunque basterà un cenno di Giorgia Meloni per portarla finalmente in cdm. Tradotto: il ministero ha fatto il suo dovere, i tempi spettano a palazzo Chigi.

«C'è una unanime consapevolezza che il parlamentarismo non ha garantito stabilità», è la premessa della ministra, confermando ciò che ormai è chiaro da mesi: la riforma continua ad essere genericamente chiamata presidenziale, ma tecnicamente dovrebbe rafforzare il premierato e dunque la figura del presidente del Consiglio.

Bocca cucita, però, su tutti i dettagli. Come a poker, la ministra ha risposto «chip» alla domanda su cosa significhi in concreto questo premierato: resta in gioco senza effettuare rilanci. E il successo di questa riforma è in effetti una partita a carte coperte, che dovrà passare due volte alle camere e il cui iter dovrebbe cominciare in commissione Affari costituzionali alla Camera, dopo tentennamenti e ipotesi di bicamerali ad hoc.

La ministra ha confermato solo che «sarà un modello particolare e lascerà le prerogative del capo dello Stato come garante dell'unità nazionale» e che quindi non dovrebbe provocare le dimissioni anticipate del Quirinale, che la ministra ha smentito sostenendo anche le la riforma in ogni caso entrerà in vigore dal prossimo mandato presidenziale. Per capire come tutto questo starà insieme, però, bisognerà leggere il testo. Quello vere e che non sarebbe quello circolato nelle scorse settimane. 

L’incognita

Al ministero delle Riforme si respirerebbe soddisfazione e ottimismo, anche perché la ministra ha detto di aver «attivato un dialogo a tutto campo con partiti, associazioni, sindacati per progetto il più possibile condiviso». L’obiettivo è infatti quello di approvare una riforma che fonti ministeriali hanno definito «light» e quindi non eccessivamente invasiva. Tutto, però, rimane ancora avvolto in una spessa coltre di fumo. Ma soprattutto ostaggio di un non detto: quando la riforma costituzionale arriverà in cdm con la regia di palazzo Chigi, inevitabilmente si riaccenderà anche la miccia sull’autonomia che è cavallo di battaglia della Lega. Casellati ha smentito contatti, visto che «sono due riforme in programma» e «non esistono meccanismi di scambio». Scambio forse è una parola forte, ma le due riforme si tengono politicamente insieme sui due fronti della maggioranza e, senza risposte sull’autonomia – incagliata in parlamento – anche l’iter del premierato sarà accidentato.

 

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