Il caso Siri non è chiuso: la Corte costituzionale dovrà decidere se le intercettazioni del senatore Armando Siri, finite nell’inchiesta che lo vede imputato per corruzione, potranno o no essere usate. Il Senato a marzo ha deciso di vietarne l’uso non ritenendole necessarie e casuali, salvando così il parlamentare, ma il pubblico ministero Mario Palazzi ha chiesto di sollevare il conflitto d’attribuzione davanti alla Consulta: per il pm il Senato è andato oltre i suoi poteri. Il giudice ha ritenuto fondata la sua richiesta e adesso il processo resterà in sospeso finché non arriverà il verdetto della Corte.

Nel frattempo Siri continua a coltivare il suo ruolo di coordinatore del programma della Lega, capo della scuola dei leghisti, ed è tra gli organizzatori della convention politica che si terrà sabato prossimo e a cui sono stati invitati politici, dirigenti di impresa e amministratori delegati delle più grandi società energetiche a partecipazione pubblica: Eni, Enel e Terna, in compagnia del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani e di quello dello Sviluppo (leghista) Giancarlo Giorgetti.

Il caso

A Siri sono contestati due episodi di presunta corruzione che nel 2019 hanno convinto l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a revocargli l’incarico di sottosegretario nel governo.

L’indagine, che ha sede a Roma, è partita dalla Sicilia. La procura di Palermo stava indagando sugli affari di Paolo Arata, ex parlamentare e imprenditore vicino alla Lega, che per gli inquirenti avrebbe avuto affari collegati a quelli di Vito Nicastri, anche detto “Re dell’eolico”. Per la procura Nicastri sarebbe tra i finanziatori della latitanza del super boss Matteo Messina Denaro.

Dagli atti erano emersi messaggi sospetti e promesse di denaro da parte di Arata: l’imprenditore e consulente per l’energia della Lega avrebbe promesso 30mila euro a Siri per far passare degli emendamenti sul mini eolico.

A questo si è aggiunto un altro episodio. Siri, in concorso con Arata e dei funzionari di Leonardo Spa, «si attivava - si legge nel capo di imputazione - per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse, anche in misura minima, il progetto di completamento dell'aeroporto di Viterbo, di interesse per future commesse della Leonardo».

Inoltre avrebbe esercitato pressioni direttamente e per interposta persona, sul comandante generale della Guardia costiera, ammiraglio ispettore capo Giovanni Pettorino, al fine di determinarlo a rimuove il controammiraglio Piero Pellizari dall’incarico di responsabile unico del procedimento, nell’ambito di un appalto in scadenza per la fornitura di sistemi radar Vts (Vessel traffic service).

Pellizzari, infatti, secondo il pubblico ministero, era «inviso alla Leonardo». Per questo Siri avrebbe ricevuto indebitamente «la promessa di ingenti somme di denaro» e nello specifico di una mazzetta da ottomila euro.

Diamante Ceci, avvocata di Arata, dà molta importanza al verdetto della Corte: «Se non possono usare queste intercettazioni la prova contro Siri non c’è».

Gli imputati

Il gup di Roma, oltre a Siri a fine 2021, ha rinviato a giudizio anche l’ex parlamentare e imprenditore Arata. Mentre per Siri è stata accettata la richiesta di rito abbreviato, per Arata il processo verrà celebrato con rito ordinario e la prossima udienza si svolgerà il prossimo 31 maggio.

Per quanto riguarda il filone con rito abbreviato, per l’altro imputato, un ingegnere di Leonardo che avrebbe preso parte al tentativo di corruzione, la prossima udienza è fissata il prossimo 8 giugno e potrebbe arrivare la prima sentenza del caso. Prima di allora Siri terrà tavole rotonde su energia e sicurezza in compagnia del segretario della Lega Matteo Salvini.

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