Muovendo dalla constatazione di un singolare assedio politico e mediatico a Schlein, in un precedente articolo sul Domani, accennavo a una certa dose di strumentalità delle critiche a lei mosse da talune componenti interne al Pd e anche alla circostanza che esse (critiche) spesso si contraddicono tra loro:

  • i cosiddetti liberal – ex Pci un tempo veltroniani e poi renziani sedotti dal paradigma del bipartitismo Usa – da sempre teorici delle primarie aperte e di un modello di partito dal profilo leaderista (dentro una “democrazia governante” o “decidente”), insoddisfatti del parlamentarismo, ora contestano alla Schlein proprio l’esercizio autonomo della leadership;
  • gli ex Pci-Pds-Ds più ortodossi lamentano un certo suo movimentismo ovvero il difetto di una “cultura del partito” (la “ditta”);
  • taluni ex Dc-PPI, non si comprende a che titolo, si intestano la rappresentanza del punto di vista cattolico sul presupposto che coincida con il loro e che esso sia univoco e non invece, quale è, politicamente articolato (non essendo il cattolicesimo una categoria del politico).

Di più: i primi e gli ultimi (i liberal e gli ex Dc-Ppi), pur avendo opinioni diversissime e persino opposte su nodi politici cruciali, convergono nell’accusa a Schlein di peccare in continuismo con la vecchia matrice ideologica e la forma politica Pci; per converso, i secondi (i più diretti eredi della “ditta”) le rimproverano l’esatto contrario.

E onestamente pure a me pare che Schlein, anche per ragioni generazionali, interpreti una sensibilità e una cultura, nel bene e nel male, assai lontane da quelle remote radici comuniste. Non per niente gli ex della sinistra Pd di derivazione Pci-Ds si acconciarono a sostenere Schlein nelle primarie come buoni ultimi e solo perché privi di candidati alternativi.

La campagna mediatica

C’è poi la campagna mediatica contro una comunicazione bollata come politicista ed ermetica, culminata nel noto, aspro rimbrotto di Lilli Gruber, che tanto è piaciuto alla destra. Che i media governativi (mica niente: sei emittenti nazionali su sette) conducano una martellante campagna denigratoria va messo nel conto. Ma c’è dell’altro quando il “partito romano” trasversale a politici e giornalisti di ogni colore (anche di sinistra), grazie a un passa parola, prende a denigrare un “alieno”, uno (o una) fuori dagli schemi, specie se percepito/a come vulnerabile, e dunque facile e gratuito bersaglio

. In una gara a logorarlo e persino a delegittimarlo. Nel segno del conformismo e persino della viltà. Uno sport facile cui pochi sanno sottrarsi. Sì, anche quelli di sinistra, così da rifarsi una verginità e da esibirsi come cronisti tosti e indipendenti (a modico prezzo). Un acuto amico mi ha fatto memoria di come, quando si affacciò alla politica, più o meno lo stesso trattamento fu riservato a Prodi.

Dipinto come un ingenuo e pacioso impolitico dal suddetto “partito romano”, cioè dal circuito dei media espressione dell’establishment e dai consumati professionisti della politica. Non fu facile per Prodi reggere a quell’assedio. Ma forse fu proprio quella sua “alterità” il segreto della sua vittoria nel 1996.

I quattro no

Anche alla luce di quel precedente, cosa suggerire dunque alla segretaria Pd alle prese con la difficilissima sfida inscritta da subito nella sua spiazzante vittoria alle primarie, cui molti ancora non si rassegnano?

Una sfida suscettibile di essere fissata così: non recedere da una liea politica chiara e in aperta discontinuità con il passato senza tuttavia rinunciare a un atteggiamento inclusivo quale è prescritto da un partito geneticamente plurale e votato a rappresentare il major party di una larga coalizione progressista.

«Uniti per unire» fu uno degli slogan vincenti dell’Ulivo. Dunque, non disdegnando le mediazioni dentro e oltre il Pd. Ma – ecco il punto - tenendo fermi quattro no, pena tradire il mandato:

  • a) non farsi intimidire dall’assedio cui si è fatto cenno;
  • b) smentire la nomea del Pd quale partito dell’establishment confinato nella ztl;
  • c) mostrarsi risoluta nel sottrarsi alla morsa della cupola a geometria variabile delle cordate interne, comprese quelle che dissimulano di volerla sostenere ma che richiamano alla mente l’apologo della rana e dello scorpione. Perché quello è il loro invincibile istinto;
  • d) tantopiù tenere il punto con i satrapi alla De Luca, la cui concezione del potere condita di protervia, familismo e maleducazione rappresenta l’esatto opposto della domanda di nuova e buona politica sprigionata dal vento che ha portato Schlein alla guida di un partito che sembrava agonizzante.

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