Clamoroso a Palermo: c'è stato un omicidio di (quasi) mafia. Evento straordinariamente insolito per questi tempi, in una città dove non si spara da tanto e che di botti o giochi di fuoco aspettava ormai solo quelli annunciati per la notte fra il 14 e il 15 luglio prossimo, il Festino di Santa Rosalia, l'amatissima patrona.

Così insolito che le prime notizie d'agenzia riportavano «di una lite dopo un incidente stradale» nel popolare quartiere della Zisa, giusto alle spalle del Palazzo di Giustizia.

Quella parola - mafia - è cominciata a circolare soltanto qualche ora dopo, ma prudentemente accompagnata dalla dichiarazione di un investigatore che aveva appena lasciato la scena del crimine: «Non sembra un'esecuzione ma un delitto d'impeto».

Probabilmente alla fine di una discussione, un “ragionamento” finito male. Delitto d'impeto: non c'è atto delinquenziale più lontano dalla cultura e dai comportamenti mafiosi.

Eppure Palermo e il suo crimine di borgata sono diventati anche questo nell'epoca confusa del dopo stragi, con i Corleonesi spazzati via dalla repressione dello stato.

Un delitto “fuori linea” 

Foto LaPresse - Guglielmo Mangiapane 22/05/17 Palermo ITA Cronaca Agguato di mafia a Palermo, ucciso a colpi di pistola il boss Giuseppe Dainotti Nella foto: la scena del delitto Photo LaPresse - Guglielmo Mangiapane 22/05/17 Palermo ITA News Mafia boss Giuseppe Dainotti killed in Palermo In the picture: Scene of the crime

La morte violenta di Giuseppe Incontrera, quarantacinque anni, «raggiunto da tre colpi in rapida successione» intorno alle 8 del mattino del 30 giugno in via Imperatrice Costanza, lontane parentele in odore di Cosa Nostra (e chi non ce le ha in Sicilia?) offre l'occasione per decifrare un mondo di sotto che è profondamente mutato e che ha perso molto del suo potere e del suo prestigio.

Il “delitto d'impeto” della Zisa intanto è il primo omicidio di mafia palermitano del 2022, a dire il vero è anche il primo delitto di mafia dal 2020 perché nel 2021 non ce ne sono stati.

Un lungo silenzio così come ha deciso la nuova politica di Cosa Nostra che non vuole manifestarsi all'esterno con le armi, è acquattata, nascosta, apparentemente invisibile.

Se non per quelle teste matte dei boss della Zisa di Palermo che sono i soli ancora ostinatamente a fare rumore, a usare le pistole, a uccidere per le strade come usava una volta. Cento morti ammazzati nel 1980, centodieci morti ammazzati nel 1981, centocinquanta morti ammazzati nel 1982.

Ecco perché un omicidio a Palermo oggi ha del clamoroso. Fuori linea dagli interessi della nuova-vecchia mafia di Palermo, in assoluto contrasto con gli obiettivi di una traballante mezza Cupola che non vuole confondersi con tutti coloro che creano problemi di allarme sociale o di ordine pubblico.

Ecco perché c'è qualcosa di molto anomalo e anche incomprensibile nell'omicidio di (quasi) mafia di Palermo.
Il crimine della Zisa è in turbolenza da un po', la famiglia di Porta Nuova che controlla quel territorio è da una mezza dozzina di anni in fibrillazione, soldi che spariscono dopo la spartizione di piccoli carichi di droga, i boss scarcerati che si contendono il comando con quelli nel frattempo sono cresciuti in libertà, classiche dinamiche criminali se non fosse per tre o quattro “delitti d'impeto” registrati a Palermo e solo in quel quartiere.

Il precedente

Il primo e più significativo cinque anni fa, il 22 maggio del 2017, il giorno prima delle celebrazioni per il venticinquesimo anniversario della strage di Capaci. Vittima Giuseppe Dainotti, un ex ergastolano graziato dalla giustizia ma non dai suoi amici.

L'hanno ammazzato a poche ore dalle commemorazioni del 23 maggio ma - leggendo attentemente le carte che lo riguardavano e quelle dei suoi compari che parlavano di lui - si intuiva che l'avrebbero potuto uccidere prima o anche dopo. E invece hanno voluto farlo proprio quel giorno, attirandosi le luci dei riflettori visto che poche ore dopo i vertici dello stato sarebbero scesi a Palermo per ricordare Giovanni Falcone.


Incuriositi dalla coincidenza temporale fra delitto e commemorazione, siamo andati alla Zisa per capire perché la mafia di quella zona era così poco rispettosa della consegna del silenzio imposta dal resto della compagnia. Abbiamo incontrato un personaggio che si presentava come un fiancheggiatore, un borderline. In realtà a noi era sembrato perfettamente online.

Comunque gli abbiamo chiesto: perché quelli della Zisa sparano ancora, perché sparano proprio nell'imminenza dell'anniversario del giudice Giovanni Falcone?, che senso ha spargere sangue quando i capi di Palermo vogliono solo discrezione e quiete?

La risposta del nostro interlocutore è stata molto interessante anche per spiegare l'ultimo morto della Zisa: «Le mele marce ci sono anche dentro Cosa Nostra». Clamoroso a Palermo: si fanno ancora gli omicidi perché anche la mafia ha le sue mele marce.

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