Il recente ricovero di Berlusconi aveva già provocato un florilegio di coccodrilli anticipati che ne ricordano le gesta politiche e personali. La sua morte sarà contornata da un’altra messe di articoli cerchiobottisti e benaltristi che ci ricorderanno quanto ha innovato la politica italiana, come ha creato una serie infinita di delfini mancati e modellini in scala minore che ormai non si contano più.

In questi interventi molti diranno (anche giustamente) quanto la sinistra ha galleggiato sull’anti-berlusconismo per nascondere le proprie incapacità di leadership politica. Dall’altro lato, chi cercherà di enumerare le disgrazie politiche causate dal trentennio berlusconiano farà fatica a dare il senso e la proporzione di una serie di danni enormi senza perdersi in un’infinita lista di processi, scandali e leggi ad personam.

Abbassare le aspettative

La recente assoluzione nel processo Ruby-ter aveva solo riproposto in tono minore una questione già evidente negli anni del culmine del dominio berlusconiano. A prescindere da tutte le questioni giudiziarie, il più grave danno politico e sociale che l’èra berlusconiana ha causato all’Italia è stato l’abbassamento delle aspettative pubbliche.

L’essersi abituati a considerare come accettabile una persona che, anche quando non fosse risultata penalmente colpevole in un certo processo, risultava comunque troppo implicata in trame losche, accordi sotto banco e in una sfrontata ricerca del proprio interesse.

L’essersi abituati alla normalità di tutto questo è la pesantissima eredità che Berlusconi ha lasciato alla politica italiana, in particolare a destra. I danni materiali sono innumerevoli (leggi sbagliate, aumento del debito pubblico, corruzione e promozione dell’evasione fiscale), ma paiono tutto sommato pochi di fronte al danno culturale dell’aver reso normale la propria figura.

Moderato?

Pur ancora in vita, l’opera di revisione della figura di Berlusconi stava già mietendo vittime. La de-caimanizzazione stava procedendo spedita con il mantra della moderazione: a differenza dei suoi ultimi epigoni a destra, Berlusconi sarebbe stato capace di una mediazione politica moderata tra conservatorismo e liberalismo che sarebbe assente negli eccessi populisti degli ultimi leader di destra.

Questa ricostruzione adulatoria e autoconsolatoria è solo in parte vera perché il Berlusconi “moderato” ha sempre fatto il paio con il Berlusconi sessista (ricordate il suo giudizio su Eluana Englaro?), razzista (ricordate Obama “abbronzato”?), evasore fiscale e tanto altro.

A prescindere dalle specifiche questioni di merito, è tutta l’immagine di un moderatismo fasullo ad aver inquinato le coscienze. Un moderatismo inesistente nei toni, ma anche nei contenuti perché è risultato dal compromesso mediato di niente.

La normalizzazione

Una politica moderata, in generale, è tale se riesce a trovare una mediazione tra istante estreme ai fianchi, tanto da permettere una riconciliazione, almeno parziale, rispetto agli opposti. Ma nel caso di Berlusconi, il moderatismo, forse, c’è stato rispetto a qualche estremista di destra, ma non certo rispetto alla sinistra che, anzi, negli ultimi trent’anni è stata la vera istanza moderata, nel bene e nel male.

Non ci sono vie facili di uscita. Le attuali tendenze comunicative populiste e improntate all’immagine di persona vincente sono state preconizzate da Berlusconi prima dell’avvento dei social e al momento pare impossibile uscirne completamente. Sperando in una nuova generazione di politici e di dibattito pubblico, nel frattempo possiamo coltivare la memoria attenta e responsabile.

Tra le tante cose da fare, possiamo almeno ricordarci chi ha contribuito a rendere Berlusconi un fenomeno politicamente normale (su tutti il Corriere della sera nel ripetere la balla della rivoluzione liberale promessa da Berlusconi) e chi lo ha preso come modello politico da imitare (tra i tanti, i due Matteo e l’attuale presidentessa del consiglio). La politica della memoria, senza azioni che vadano in senso contrario, può non essere sufficiente. Ma è un primo passo per uscire responsabilmente dal pantano di un’eredità insostenibile.

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