Presto l’Italia tornerà a chiudersi, dopo le riaperture dei mesi estivi. La corsa del Coronavirus ha ripreso un ritmo preoccupante che non vedevamo da aprile. I nuovi contagi sabato hanno toccato quota 2.844, ben 345 più del giorno prima e le vittime sono state 27. Per il rapporto settimanale dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute l’indice Rt (il “termometro” del contagio) su base nazionale è arrivato a 1,01, quindi l’epidemia si sta diffondendo invece di ridursi come accade quando è inferiore a 1.

Per i tecnici, c’è anche più carico sui sistemi sanitari anche se la situazione, sottolinea il report, è sotto controllo. Ma lo scenario sempre più preoccupante sta costringendo il governo a lavorare a un nuovo Dpcm (decreto della presidenza del Consiglio) che sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri lunedì sera e, a cascata, poi illustrato martedì in parlamento dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Il Decreto dovrebbe essere poi varato definitivamente mercoledì ed entrare in vigore il giorno dopo.

“Lockdown territoriali”

Prendono così corpo i timori per una seconda ondata dell’epidemia che si riflettono anche nelle parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, preoccupato per l’andamento di contagi e decessi: «Non posso tacere la preoccupazione per l'aumento del ritmo del contagio della pandemia e il dolore per le vittime che ancora giorno per giorno vediamo registrare». 

Per queste ragioni il governo è pronto a “lockdown territoriali”, come ammesso ieri dallo stesso ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia: «Escluderei un secondo lockdown allo stato attuale con 2400-2500 contagiati. Gli italiani sono rispettosi delle regole. I lockdown mirati possono avvenire solo in situazioni che non si controllano più da questo punto di vista». Una soglia critica, “psicologica” ma anche con un senso sanitario, che potrebbe far decidere per misure più stringenti è quella dei 4mila casi giornalieri: si tornerebbe ai dati del periodo immediatamente precedente a quello più critico dei primi mesi di pandemia.

A scoppio ritardato

Visti i tempi di incubazione, i contagi rilevati oggi sono avvenuti nelle ultime due-tre settimane. Questo significa che ancora non abbiamo una misura affidabile dei casi riferibili alle aperture delle scuole, avvenuta meno di un mese fa.

Gli esperti da giorni invitano ad aspettare la metà di ottobre per avere un quadro più attendibile e realistico della situazione che resta senz’altro migliore in Italia, rispetto al resto d’Europa. Ma i numeri difficilmente saranno più rassicuranti di quelli attuali.

«L’unica ragionevole certezza è che la curva epidemica continuerà a salire – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – da luglio, quando contavamo circa 1.400 casi nuovi casi, siamo passati nella settimana 23-29 settembre a oltre 12.000. Con questi ritmi di crescita il bacino dei casi dei casi attualmente positivi, espandendosi da circa 12 mila ad oltre 55 mila, si rifletterà progressivamente sui pazienti ospedalizzati con sintomi che hanno superato i 3.200 e sulle terapie intensive, quasi a 300».

Ora vediamo un piccolo picco di casi che stanno ricrescendo, una situazione migliore dei paesi vicini, ma che «comincia in qualche misura a essere un segnale d'allarme – dice il direttore generale del ministero della Salute, Giovanni Rezza – anche se in Europa l'Italia in questo momento è uno dei paesi con una situazione migliore rispetto per esempio alla Francia e alla Spagna in modo particolare».

Una mano leggera

Nel nuovo Dpcm, il governo userà la mano leggera, non sono previsti infatti provvedimenti forti come lockdown o ritorno all’obbligo di smart working, né tantomeno di didattica a distanza per le scuole. Ma è il primo segnale di inversione di tendenza dopo i tentativi di ritorno alla normalità.

Tra le misure del nuovo decreto, quasi certo l’obbligo dell’uso delle mascherine anche all'aperto in tutta Italia, così come la limitazione degli orari dei locali pubblici, il tetto al numero di spettatori negli impianti sportivi. Annunciata anche la stretta sugli assembramenti serali e la movida, mentre il limite orario per bar, pub e ristoranti dovrebbe essere fissato alle 23. Dovrebbero poi restare invariate le regole dei distanziamenti all’interno di tutte le strutture e locali pubblici, così come il limite dell’80 per cento di capienza per i trasporti pubblici. Stoppato per ora il piano di riadeguamento delle capienze nei treni e negli altri mezzi che era stato avanzato dalle regioni e dalle aziende di settore.

Congelata anche la discussione sull’aumento dei posti per i tifosi negli stadi, che fino a qualche giorno fa pareva certa: in questo aumento dei numeri generalizzato, il mondo del calcio, che rischia concretamente di vedere un rallentamento o peggio, un nuovo fermo in attesa di tempi migliori.

Sabato la notizia di due positivi nello staff della Juventus ha gettato nel panico la società che ha disposto controlli e quarantena per tutti, mentre l’odissea del Genoa sembra non avere fine con la conferma di altri tre giocatori risultati positivi. Il club rossoblu ha ben 22 positivi. Tutto il campionato è in allarme e intanto a farne le spese è anche il Napoli che non è stato autorizzato dalla Asl 1 alla partenza per incontrare la Juventus domenica sera e quindi sembra praticamente certo il rinvio della partita. Il campionato è nel caos, ma continua. Almeno per ora.

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