Giuseppe Conte guarda al suo futuro. E se riuscirà a giocare bene le sue carte, sarà sicuramente luminoso. Domenica sera il presidente del Consiglio uscente è intervenuto nell’assemblea congiunta dei parlamentari Cinque stelle, provocando inusitati moti di entusiasmo tra gli eletti. Aveva già partecipato al vertice pre-consultazioni con gli altri volti noti del Movimento e tra le altre possibilità non si esclude che possa guardare a un ruolo di spicco nell’organizzazione interna, una sorta di rampa di lancio per vestire poi i panni del federatore della coalizione giallorossa.

Presidente del Movimento

Perché questo piano vada in porto, però, ci sarebbe bisogno di una modifica allo statuto del M5s. Attualmente l’unica carica di garanzia che è prevista è quella del garante, per creare un nuovo incarico bisognerebbe mettere mano alle regole costitutive. È vero che questa settimana è previsto un voto sulla modifica statutaria per istituire il nuovo organo collegiale emerso dagli Stati generali, ma che Vito Crimi, ancora capo politico reggente e in quanto tale dominus del Movimento, forzi la mano per inserire anche la creazione di una nuova posizione su misura per Conte sembra attualmente improbabile.

Difficile anche che l’avvocato riesca a presentarsi alle elezioni per l’organo collegiale, che sarà composto comunque da cinque membri: per candidarsi probabilmente servirà essere iscritto al Movimento da almeno sei mesi, ma attualmente Conte non risulta negli elenchi.

Ministro

Nella riunione del M5s Conte ha ripetuto più volte di non voler entrare nel nuovo esecutivo di Draghi. Sarebbe effettivamente una figura molto ingombrante da gestire, ma resta da vedere quale sarà alla fine delle trattative il perimetro della maggioranza. Nel corso della riunione, Conte ha proposto per il confronto temi polarizzanti, che possano ridurlo. Il pensiero corre alla Lega, che farebbe fatica a difendere un programma incentrato su europeismo e ambiente di fronte al proprio elettorato.

Spingendo su questi temi, se la Lega dovesse davvero rimanere fuori dai giochi il Movimento conserverebbe molte caselle ministeriali da assegnare alle diverse correnti interne ma di cui una potrebbe senz’altro finire all’ex presidente del Consiglio.

Parlamentare

Tra le possibilità in discussione c’è anche quella di dare finalmente un ruolo parlamentare al presidente uscente. A breve c’è infatti da riempire il seggio alla Camera lasciato vuoto da Pier Carlo Padoan, nominato a ottobre scorso presidente designato di UniCredit. Il collegio sarebbe quello di Siena, feudo del Partito democratico, ma dire di no a un nome come quello di Conte di fronte a un impegno di coalizione sarebbe difficile anche per il Pd. Inoltre, essendo un seggio da deputato e non da senatore non ci sarebbe neanche una questione di numeri, che invece contano, e tanto, al Senato. Inoltre, per l’avvocato sarebbe un buon modo per non uscire dal perimetro del potere: allontanarsi proprio ora che le elezioni si fanno sempre più lontane sarebbe letale per la sua popolarità. Tra l’altro, un incarico parlamentare non escluderebbe una carica da ottenere a tempo debito all’interno delle gerarchie pentastellate.

Certo, ci vorrebbe una contropartita. Nel Movimento già si ragiona su quale possa essere e all’orizzonte c’è sempre da risolvere la questione Quirinale e il nome che, se il governo Draghi dovesse durare fino a fine legislatura, può raccogliere alle sue spalle un consenso sufficiente.

Sindaco di Roma

Le amministrative rischiano di slittare a dopo l’estate, ma la possibilità di piazzare un ex presidente del Consiglio come candidato unitario della coalizione giallorossa è una grossa tentazione per tutte le parti in causa. Al di là della visibilità di un nome come quello di Conte e a tutte le possibilità di qui al voto di presentarlo anche come amministratore locale agli elettori della capitale, l’avvocato risolverebbe all’alleanza il guaio di doversi confrontare col nome di Virginia Raggi, che ha già annunciato la sua ricandidatura. La sindaca resta una figura tanto irrinunciabile per una grossa fetta dei grillini quanto ingestibile per larga parte del centrosinistra. Piazzare al suo posto l’autonominato avvocato del popolo la lascerebbe a correre da sola. Anche per il Centrodestra non sarebbe facile trovare un nome per affrontare una sfida il cui livello si alzerebbe di parecchio.

Ritorno a Firenze

È a questo punto estremamente improbabile, ma c’è ancora una piccolissima possibilità che Conte debba tornare a esercitare il suo mestiere e insegnare all’università di Firenze.

«Ho nostalgia ma non significa che voglia tornare, sennò lo spread sale», disse Conte a fine 2018 durante un evento presso l’ateneo dove lavorava. Adesso effettivamente potrebbe tornare, già dal primo marzo, data per cui è previsto la ripresa della lezioni. A giugno 2020 il presidente uscente aveva invece spiegato che «se a fine incarico torno alla mia occupazione, sarò soddisfatto». Considerato il suo attuale attivismo per evitare questo scenario la sua prospettiva deve essere cambiata. Chissà che come soluzione d’emergenza non si possa trovare anche qualche incarico in una partecipata: le nomine in scadenza sono tante.

 

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