13 febbraio 2021, Palazzo Chigi. Il momento del passaggio della campanella al suo successore Mario Draghi e l’applauso a favor di telecamere riservatogli dai dipendenti del governo potevano avere un duplice significato per l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Non solo la fine della sua presidenza, durata quasi tre anni, alla guida di un esecutivo insieme alla Lega prima e al Partito Democratico poi. In quella mattinata di metà febbraio, Giuseppe Conte non solo dismetteva i panni istituzionali di primo ministro, ma entrava in politica.

Doveva essere la nuova guida del Movimento 5 Stelle, il nuovo federatore del centrosinistra, l’uomo nuovo per una fase nuova: il rischio invece è quello di rimanere senza partito, dopo le dichiarazioni di ieri sera di Beppe Grillo. Quella tra Conte, Grillo e il Movimento rischia di essere solo la storia di un amore mai nato, a meno che non ci siano ripensamenti.

I primi tempi

«Ha più bisogno Giuseppe Conte del Movimento, che il Movimento di Giuseppe Conte», le parole del fondatore dei 5 Stelle che hanno rotto le trattative per l’approvazione del nuovo statuto e indotto l’ex premier a rinunciare alle sue uscite ufficiali programmate per oggi. 

E pensare che, prima delle dichiarazioni di ieri, il comico genovese non sembrava voler rompere: «Conte è un ottima persona, ma il visionario sono io», «Lui non sa cosa è veramente il Movimento, non ha girato nelle piazze», avrebbe detto nel corso del suo intervento a Montecitorio davanti ai parlamentari pentastellati.

A sentire questi interventi, sembra passato un secolo da quando, a inizio febbraio, nei giorni più accesi della crisi di governo, Grillo cercava di evitare fughe di deputati e senatori, chiedendogli di «restare leali e compatti con Giuseppe Conte». O da quando, il 28 febbraio, Conte accettava con soddisfazione la proposta del fondatore di prendere la guida del Movimento per guidarne la rifondazione.

Un progetto, quello nella testa di Grillo, che avrebbe dovuto rilanciare l’entusiasmo dei suoi, guardare al futuro, puntare al 2050. Ma soprattutto, puntare su Conte, come deciso all’Hotel Forum il 28 febbraio insieme a una cerchia ristretta.

«Un mese fa Giuseppe Conte ha detto: “Per il Movimento 5 Stelle ci sono e ci sarò”. È un impegno che ha preso pubblicamente e che intende onorare. Gli è stato chiesto di scrivere insieme un progetto per il futuro del Movimento. Non parliamo di un futuro a breve termine ma dell'unico orizzonte che una forza politica moderna deve considerare: il 2050», scriveva Grillo in un post del 4 marzo.

Da lì in poi il silenzio del fondatore e la bufera mediatica in cui è finito il figlio Ciro, accusato dello stupro di una ragazza insieme ad altri tre amici nel corso dell’estate 2019. Chissà se ha apprezzato le parole di Conte dopo le polemiche scaturite dal video con cui intendeva difendere il figlio (colpevolizzando la presunta vittima di violenza sessuale): «Comprendo le preoccupazioni e l'angoscia di un padre, ma non possiamo trascurare che in questa vicenda ci sono anche altre persone, che vanno protette e i cui sentimenti vanno assolutamente rispettati, vale a dire la giovane ragazza coinvolta nella vicenda e i suoi familiari che sicuramente staranno vivendo momenti di dolore». Non proprio un appoggio incondizionato al garante.

Gli incontri però sono andati avanti, come quello del 9 giugno a Marina di Bibbona per una prima discussione sul nuovo Statuto e sulla Carta dei Valori del Movimento. Riunioni che sembravano ben promettere, fino a ieri.

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