Giorgia Meloni ha presentato l’assegnazione dell’America’s Cup di vela a Napoli come un suo risultato politico, ma è innanzitutto l’effetto dell’onda lunga del successo turistico e culturale della città. Le regate si terranno tra Castel dell’Ovo e Posillipo, ma il cuore della manifestazione, con le basi operative delle squadre, sarà Bagnoli, il quartiere nord che la terrificante eredità industriale e ambientale del Novecento ha segregato dal resto della città, con le sue reliquie industriali a contaminare suolo e mare. Se a Napoli nell'ultimo decennio c’è stata una rinascita, quella rinascita a Bagnoli non è stata ancora avvertita. Il quartiere delle fabbriche abbandonate (Eternit, Cementir, Italsider) è stato cristallizzato dalle bonifiche mai completate.

Quartiere «incompiuto»

Sono passati oltre trent’anni dallo spegnimento dell’altoforno e la parola più usata per il quartiere è «incompiuto». La usa anche Giovanni Capasso, presidente del Circolo Ilva, lo spazio di aggregazione che ha raccolto l’eredità sociale dell’Italsider. «Abbiamo scoperto della Coppa America dai giornali, non ne sapevamo niente, dobbiamo vedere se sarà un cambiamento che partirà dal quartiere o sarà fatto a danno del quartiere. Finora Bagnoli è sempre stata usata da forze esterne, per questo oggi qui c’è un senso di vuoto, che si respira anche agli incontri periodici che Invitalia fa con la cittadinanza, iniziative fatte solo per dire di averle fatte, senza nessun vero sforzo di partecipazione».

Invitalia è la partecipata che sta gestendo la bonifica dell’ex Italsider, «la più grande mai fatta in Europa», secondo il sindaco Gaetano Manfredi, che è commissario straordinario per Bagnoli. Manfredi ha scelto un approccio meno conflittuale del suo predecessore, Luigi de Magistris, ha rinunciato alla rimozione totale della colmata a mare, il pezzo di baia di 195 metri quadri tombati con cemento e scarti industriali che in questi decenni ha rappresentato il principale dilemma ecologico dell’area. Per accelerare i tempi e ridurre i costi, ne sarà rimosso solo il 20 per cento per cento. Il conto finale per restituire l’area industriale alla città rimane alto: 1,2 miliardi di euro.

A Bagnoli o per Bagnoli?

A luglio sindaco e governo avevano firmato il protocollo d'intesa e ora la presidente del Consiglio rivendica: «L’America’s Cup consentirà di accelerare l’imponente piano di riqualificazione e rigenerazione avviato dal governo per trasformare l’area di Bagnoli in un moderno polo turistico, balneare e commerciale».

E qui starà la chiave: l’evento sarà a Bagnoli o sarà per Bagnoli? La corsa verso la Coppa America sarà uno stimolo a fare le cose più velocemente del previsto, dal momento che la fine dei lavori era stata prevista per il 2031 ma il torneo è nel 2027. Continueranno a scontrarsi due visioni sul futuro di Bagnoli, non solo la parte a mare, che va da Nisida al pontile nord, ma anche quella alle sue spalle, dove c’era l’area a caldo dell’Italsider.

Una punta a restituire il sito innanzitutto al quartiere, per compensare il fatto che quel quartiere è stato una delle più grandi zone di sacrificio d’Italia. L’altra visione è far accodare Bagnoli allo sviluppo turistico del resto della città, sostituendo il vuoto post industriale con la speculazione turistica, con alberghi, grandi ristoranti, dieci anni fa si era discusso di un casinò.

Promesse e abbandoni

È questo il bivio dove si trova oggi Bagnoli, tra inclusione ed esclusione. «La cosa fondamentale è che non sia una cattedrale del deserto, ma che sia coerente con il progetto di sviluppo di una filiera economica del mare che vada oltre l'evento», spiega Enzo Sansone, portavoce del Comitato Rinascita Flegrea.

«Qui non serve una passeggiata per il fine settimana, quella c’è già. A Bagnoli servono lavoro e aziende compatibili con l’ambiente. Noi non permetteremo nuove strutture destinate a essere abbandonate quando non servono più».

Finora è sempre stato questo il destino del quartiere, un ciclo permanente di promesse e abbandoni, che hanno lasciato gli abitanti a convivere con macerie e fantasmi. È questa la sfida di Bagnoli: non solo un’organizzazione di successo della Coppa America nel 2027, fatto già non scontato, ma un futuro che abbia senso sociale e ambientale anche dopo, dal 2028 in poi.

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