«Si è perso lo spirito della sfida comune, quello che ha segnato l'emergenza di marzo e aprile. Sul fronte ospedaliero stiamo tenendo, almeno in Veneto. È sul piano sociale che la situazione mi preoccupa, perché è lì che si consuma la vera battaglia. È cambiato tutto rispetto alla prima ondata di primavera: il Covid non sembra più un problema della comunità, ma del singolo che viene contagiato, del paziente che finisce ricoverato. Siamo passati dal noi all'io. E così rischiamo di perdere la guerra all'epidemia». Lo dice il presidente del Veneto, Luca Zaia, in un'intervista a Repubblica dalla sala operativa della Protezione civile di Venezia.

«Sono qui in pianta stabile dall'inizio di questa seconda fase, dopo i 140 giorni durante la prima». Sulla divisione delle regioni in fasce, Zaia sottolinea: «Innanzitutto questo non è un gioco a premi. E se da un lato è un riconoscimento del nostro lavoro, dall'altro mi preoccupa che questo venga percepito come un messaggio per abbassare la guardia e darsi alle feste. Oggi abbiamo un numero assoluto di positivi di 3.200 circa. Ma facciamo 15mila tamponi molecolari al giorno, più 10-15 mila rapidi: quasi trentamila. Il 21 marzo, a un mese dalla scoperta del paziente zero a Vo, i positivi erano 412, ma facevamo solo 2.170 tamponi. Se ne avessimo fatti 30mila, ci saremmo ritrovati con almeno seimila positivi al giorno. E poi, la seconda ondata da noi è iniziata l'8 ottobre e dopo un mese abbiamo 200 pazienti in terapia intensiva, a marzo dopo 30 giorni le terapie intensive erano 356, la metà».

Questo significa «che sul fronte ospedaliero stiamo tenendo e funziona la medicina territoriale, su quello sociale meno. Gli assembramenti dello scorso fine settimana nelle nostre città fanno riflettere. E scoraggiano. Bisogna convincere i cittadini a rinunciare allo struscio. E contro gli assembramenti bisogna lavorare tutti insieme, a livello nazionale».

Sulla richiesta dei medici di un lockdown generalizzato, Zaia spiega: «Sarebbe una sconfitta, la conferma che non siamo stati capaci di rispettare regole basilari. Ma sarebbe una tragedia immane sotto l'aspetto economico. In Veneto abbiamo perso 60mila posti di lavoro quest'anno, pur partendo dal tasso di disoccupazione più basso d'Italia, il 6,6%. Dico una cosa: la salute dei cittadini viene prima di tutto. Ma non possiamo assistere nei prossimi mesi alla gente che si butta dai balconi per la disperazione. Lavorerò perché non si arrivi alla chiusura di tutto. Ma i cittadini ci aiutino. Dipende in buona parte da loro».

© Riproduzione riservata