In vista dell'appuntamento storico con il cosiddetto Recovery Plan, che dovrebbe far piovere dall'Europa 209 miliardi, Giuseppe Conte sta realizzando in silenzio una riforma dello stato profonda quanto di dubbia efficacia. Sfuma l'articolazione di potere tra i ministeri e il potere si concentra nel presidente del Consiglio. La domanda agita da mesi gli equilibri politici: se e quando arrivassero (ma questo è un altro discorso) chi comanda sui 209 miliardi? Lunedì sera, intervistato da Lilli Gruber su La7, Conte ha dato la sua risposta: «Stiamo affinando un meccanismo e una struttura normativa e operativa. C'è da creare una struttura operativa ad hoc che abbia anche un profilo manageriale al suo interno, che da Palazzo Chigi possa garantire un attento monitoraggio e coordinamento dei progetti e la verifica della loro attuazione anche se del caso con poteri sostitutivi per quei soggetti attuatori che dovessero trovarsi in ritardo».

Tradotto dal burocratese, comando io. La superfetazione di strutture di missione, commissari, commissioni e comitati - pensati per azzerare l'autonomia delle strutture - ha generato un groviglio di sovrapposizioni e conflitti di attribuzione con i quali le numerose strutture "agili" finiscono per elidersi. Alla fine rimane un uomo solo al comando, Conte, con i suoi più stretti collaboratori.

Con la scusa dello «sviluppo sostenibile»

Negli anni '90, dopo Mani pulite, si tolse potere ai ministri (in odore di corruzione) per restituirlo alla burocrazia. La quale ha fatto un uso pessimo del suo potere, diventando quasi più impopolare dei ministri. Così la rivincita della politica, iniziata con Silvio Berlusconi e portata avanti da Matteo Renzi, si perfeziona con Conte.

Prendiamo il caso dello "sviluppo sostenibile", espressione di fascinosa vaghezza che le è valsa la conquista del 40 per cento circa dei 209 miliardi. Chi deciderà come spendere gli 80 miliardi? Se non avete letto L'uomo senza qualità di Robert Musil potreste pensare a uno scherzo, invece è tutto vero. C'è dunque l'ex potente Cipe, un comitato di ministri guidato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, e dietro il Cipe c'è il Dipe, dipartimento per la programmazione economica che sta a palazzo Chigi, i tecnici.

Il Cipe per legge coordinerebbe tutti gli investimenti statali, ma è stato inspiegabilmente tagliato fuori dalla discussione sul Recovery Plan o Next Generation Eu. Strano. Nel 2015 il governo Renzi aveva deciso che dovevamo dotarci di una "Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile" (Snsvs) al posto della "Strategia nazionale di azione ambientale" (Snaa) di grata memoria berlusconiana.

La Snsvs è stata approvata nel 2017 (governo Gentiloni) dal Cipe che ne ha affidato la gestione al ministero dell'Ambiente (Mattm). Lo stesso Gentiloni, all'inizio del 2018, stancatosi del Mattm, «al fine di assicurare il coordinamento della Snsvs» istituisce la Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile, da lui medesimo presieduta, che sottrae al Mattm il monitoraggio della palingenesi, ma poi non risulta che si sia mai riunita. Ma niente paura. Arriva Conte e l'11 giugno 2019 eietta un agile Dpcm con cui istituisce Benessere Italia, cabina di regia affidata alla docente di Statistica Filomena Maggino, investita del compito «di sostenere, potenziare e coordinare l'attuazione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (Snsvs)».

Non è finita. A Palazzo Chigi c'è anche, dall'inizio del 2020, una nuova struttura tecnica di missione chiamata Investitalia, che «opera alle dirette dipendenze del presidente del Consiglio dei ministri per il coordinamento delle politiche del governo e dell’indirizzo politico e amministrativo dei ministri in materia di investimenti pubblici e privati». Ma non basta.

Lo stesso Conte, nell'impeto di sostenere a ogni costo lo sviluppo sostenibile anche qualora dia segni di insostenibilità, con il decreto legge 111 del dicembre 2019, stabilisce all'articolo 1 bis che «al fine di rafforzare il coordinamento delle politiche pubbliche in vista del perseguimento degli obiettivi in materia di sviluppo sostenibile (...) a decorrere dal 1° gennaio 2021 il Comitato interministeriale per la programmazione economica [il Cipe] assume la denominazione di Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess)».

Dietro il muro di sigle

Tirando le somme, chi si occupa di coordinare le politiche di sviluppo sostenibile che dobbiamo tradurre nel giro di settimane in concreti progetti da far finanziare da Bruxelles per 80 miliardi? E' presto detto: Cipess, Dipe, Mattm, Benessere Italia, Investitalia, Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile, più il Ciae (Comitato interministeriale affari europei) e corrispondente Dipartimento per le politiche europee. Chi coordina questa follia? Il coordinatore unico e motore immobile dello stato italiano, Giuseppe Conte.

Perché serve Musil? Perché ha già spiegato un secolo fa quale brutto scherzo stia subendo la pubblica amministrazione. Nell'Uomo senza qualità c'è a Vienna un comitato che ha cinque anni di tempo per organizzare la festa per i 70 anni di regno dell'Imperatore Francesco Giuseppe. In centinaia di pagine (e molti mesi) gli esperti decidono solo il nome: Azione parallela. L'ispiratrice, l'ambiziosa Hermine Tuzzi, sa come si fa: «L’occasione si offre e sarebbe imperdonabile lasciarsela sfuggire. Vi sono tante cose grandi e buone non ancora realizzate, che la scelta non sarà facile. Ma costituiremo comitati». Vero che gli eroi del nulla di Musil non avevano i 209 miliardi, ma rischiamo che non li abbiano neppure i nostri.

© Riproduzione riservata