Grazie al suo temperamento pirotecnico, le ultime interviste e le comparsate tv del presidente della Campania Vincenzo De Luca aggiungono frizzi e lazzi a quello che ha scritto nel libro in promozione, Nonostante il Pd (Mondadori).

La tesi di fondo è nota agli amanti del genere. Il presidente rivendica i successi in regione e fa capire che si ricandiderà per un terzo mandato, con o senza il Pd, insomma «nonostante il Pd». Ma il tema si pone fra tre anni. Il punto implicito è non che a quel traguardo arrivi De Luca, ma che ci arrivi il partito. «Il futuro del Pd non è garantito», scrive «il suo declino – in assenza di una svolta sostanziale, che non si vede – è fra gli scenari da non escludere».

Il catalogo degli innominati

Da qui la compilazione del catalogo di quelli che ritiene responsabili della possibile sciagura, peraltro tutti suoi avversari interni. La più bersagliata è naturalmente la segretaria nazionale, nominata sistematicamente con il nome all’italiana, l’onorevole “Elena” Schlein. De Luca l’accusa di non poter rinnovare il partito per aver accettato alle primarie il sostegno di «tutti i principali responsabili del disastro elettorale». Sul podio anche Antonio Misiani, commissario del Pd campano, «contatore dei piccioni a Venezia, nel film Totòtruffa ’62».

Ci sono quelli neanche degni di una citazione per nome, come Dario Franceschini, al quale lancia un invito che è quasi a una sfida a duello: «Spero che mi tocchi, prima o poi, il privilegio di incontrarlo (da solo), per manifestargli tutta la mia commozione e ammirazione: dai canti gregoriani, dal biancofiore simbol d’amore, a main sponsor della rivoluzione in cammino».

La «nullità politica» dovrebbe essere il deputato Marco Sarracino, già segretario del Pd di Napoli, giovane ma combattivo non "deluchiano”, titolare di una «stupidissima interpretazione sulla vicenda del Comune di Napoli»: De Luca rivela la regia della corsa di Gaetano Manfredi, ma circolano versioni diverse.

Segue giudizio tranchant su un «membro della segreteria», «anche esteticamente impresentabile: una sorta di spinone a pelo lungo»; la zampata si indovina per Sandro Ruotolo, ex senatore, ex giornalista del gruppo di Michele Santoro, oggi vicino a Schlein, il primo a chiedere il commissariamento del Pd Campania.

Un commissariamento che De Luca contesta alzo zero, e per cui se la prende non solo con Misiani, ma – è la novità – con il capo della minoranza Stefano Bonaccini. Anche lui non è nominato, ma se il commissariamento, è «un miserabilissimo tentativo di ribaltare il risultato delle primarie in Campania, nelle quali l’onorevole Schlein era risultata perdente per 30 a 70», Bonaccini, sostenuto da lui, ne esce come core ingrato, troppo cedevole a una «cialtronata» «giocata, per settimane, contro il presidente della Regione Campania», cioè sé medesimo.

L’interesse della nazione

Ma il passaggio più curioso, indecifrabile e velenosetto, si trova alla fine del capitolo «Dopo le primarie». Qui la prosa battutara frena di bottoil tono è diverso: «Va rilevata, infine, quella che a me pare perlomeno una anomalia. Le cronache ci informano che la segretaria Pd ha una tripla cittadinanza (italiana, americana, svizzera). Io credo che un leader nazionale debba garantire ai cittadini italiani che le posizioni che assume non siano influenzate da fattori estranei agli interessi nazionali».

Dunque Schlein, in quanto detentrice di due passaporti esteri, non fornisce «garanzia» di non essere «influenzata» dagli interessi di altri stati, come un agente straniero? E magari nel caso (a oggi per lo meno improbabile) di un incarico di governo, non sarebbe affidabile in un paese che ha avuto come premier e come vicepremier due amiconi di Putin? Al netto di rivelazioni, il dubbio sembra più adatto a un avversario nazionalista che a un compagno di un partito (moderatamente) internazionalista. E infatti il passaggio è stato notato da qualche fanzine sovranista.

Forse De Luca allude all’interesse per Schlein da parte della piattaforma americana Social Changes, già organizzatrice della campagna di Obama, e che alle scorse politiche italiane ha sostenuto qualche candidato di sinistra; fra cui, guarda caso, il senatore Misiani: il vituperato commissario della Campania.

Interrogato sul punto, De Luca minimizza: «Ho solo preso atto di un dato oggettivo, di cronaca, peraltro sollevato da tutti i commentatori e dai giornali al momento dell’elezione». In realtà però nel libro scrive «io credo», non «prende atto» di «anomalie» notate da altri.

Schlein sa bene che, se a suo tempo la corsa per il terzo mandato alla regione non sarà anche in nome del Pd, De Luca venderà cara la pelle. Lui non ha fretta: perché non si sa chi fra tre anni sarà il segretario Pd, la tradizione dem rema contro di lei. Lei comunque è avvertita: se lo scontro sarà con lei, sarà senza esclusione di colpi.

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