Con il mare di Procida alle spalle, dove la festa dell’Unità è tornata con i gazebo, il palco e le crocché dopo 27 anni di vuoto, Sandro Ruotolo, responsabile Informazione e Cultura del Pd, nonché napoletano, gioca in casa e fa un appello in piedi: «La manifestazione a Roma dell’11 novembre contro il governo è aperta a tutti. Il Pd chiama tutto il popolo, non solo gli iscritti militanti del partito. Il popolo delle primarie e non solo, è una manifestazione aperta anche ai Cinque Stelle, Azione, a tutte le opposizioni al governo. Quella sarà una data importante, di mobilitazione». Poi si siede.

Uno dei temi della manifestazione sarà la sanità. Carlo Calenda ha fatto delle proposte: aumento assunzioni, più investimenti. Il Pd ci starebbe ed è pronto a lanciare una piattaforma condivisa come già fatto per il salario minimo?

«Sì. Il meccanismo è lo stesso, in questo caso per il mantenimento della sanità pubblica. Ci sono incontri e si lavora insieme e insieme sarà preparata una piattaforma comune. Adesso riparte anche il salario minimo in parlamento, è una battaglia importante e dobbiamo proseguire così. Poi abbiamo il problema delle Europee.

Ogni partito dell’attuale opposizione procederà per i fatti suoi: ma per noi l’avversaria si chiama Giorgia Meloni, l’avversario è questo governo di destra. Non ci sono altri avversari».

Lei è pronto a correre?

«Io penso di essere pronto per il partito, la mia è una vecchia generazione, del ‘900. Siamo l’unico partito che usa il “noi”. So che circolano alcune voci, ma la mia corsa credo debba essere una decisione del partito. Io faccio parte della segreteria, non sono un candidato territoriale. Se il partito lo deciderà, certamente».

Queste voci sostengono che sarebbe un capolista.

«Preferisco parlare di cose più importanti. Rispettiamo i tempi, poi vedremo».

Quali sono le cose più importanti?

«È più importante capire cosa deve essere il Pd, io sono appena entrato nel partito, e per me quest’estate “militante” è stata molto importante. Vedo il partito dei circoli che si aprono 365 giorni all’anno, non in attesa del signore che deve essere eletto. Questo Pd si deve occupare dei problemi del territorio, non delle campagne elettorali di chi si candida. Ed è questa la novità del partito di Elly Schlein: lei non è il decimo segretario, è la prima segretaria del nuovo partito. E un partito che sta sul territorio rompe anche quelle tutte divisioni che, detto francamente, io in segreteria non avverto affatto. Le leggo sui giornali. Invece la verità è che oggi c’è molta unità.  Non c’è dissenso».

Sulla crisi tra Israele e Hamas non siete divisi? Non avete dato mandato di zittire la linea più filopalestinese?

«Intanto faccio un appello alla pace. Hamas non è il popolo palestinese, quello che ha fatto è da condannare senza se e senza ma. Io sono stato parecchie volte là, e, ripeto, noi dobbiamo lavorare per la pace. Per il resto non commento i giornali. Da politico non mi permetterò mai di criticare un giornale, saranno i lettori a dire se un giornale è buono o no. E mi lasci dire un’altra cosa su questo: c’è un dato oggettivo: la Rai meloniana ha un calo di ascolti impressionante.

Siamo pronti a una manifestazione di solidarietà con Israele e per la pace. Stiamo con Israele ma il popolo della Palestina ha diritto a uno stato. E vado contro la vulgata di questa destra: torno a dire “due popoli e due stati”. Non c’è alcun imbarazzo di nessuno su questo. Ho sentito le dichiarazioni di Lorenzo Guerini (ex ministro della Difesa, ndr) e di Elly Schlein, e c’è sintonia, così come con quelle di Peppe Provenzano (responsabile esteri, ndr). Capisco le ricostruzioni, ma sono fuori strada. Non entro nel merito dei giornali, però sono rimasto giornalista e parlo di quello che vedo nel partito: lavoro, costruzione e voglia».

Che significa in concreto?

«Non siamo il partito del “sì ma anche”. Smettiamola: c’è una crisi? Stiamo da una parte. Abbiamo una linea chiara e ci dobbiamo sporcare le mani. Allo stesso modo siamo il partito delle rinnovabili, e non possiamo stare anche con il fossile. Siamo per la riduzione delle disuguaglianze: economiche, civili e sociali. Ci servono più amministratori appassionati, dovremmo avere tanti Mimmo Lucano, che lasciano la sindacatura nella storia».

L’ex sindaco di Riace, un simbolo dell’accoglienza dei migranti, ha visto riconosciuto in appello un forte ridimensionamento della pena, da 13 anni a un anno e 6 mesi. Era sotto accusa per illeciti amministrativi, e la Corte d’appello lo ha assolto da buona parte dei capi di imputazione. Di recente non si è candidato con voi, ma con Unione popolare.

«Faccio un ragionamento diverso: nella sua piccola Riace si è inventato una storia di solidarietà. Quanti altri sono entrati negli annali come candidati al Nobel? Anche un sindaco di un piccolo comune può avere passione e valori grandi».

Quindi gli proporrete una candidatura?

«Non lo so, qui non si tratta di personalismo ma di andare oltre la favola del massimalismo contro il riformismo: una questione che mi fa ridere. Questo è un partito vivo dove abbiamo punti di vista diversi ma dobbiamo trovare la sintesi. Penso che i valori non siano negoziabili, quindi sono un massimalista, però le riforme servono. Siamo un partito che ragiona insieme».

Eppure in Campania non è negabile lo scontro. Vincenzo De Luca, il presidente della Regione del vostro partito, alla Festa dell’Unità ha detto che ha preso più voti della segretaria e che invece di criticarlo sarebbe buona educazione ringraziare. Come arriverete alla sintesi? State valutando il suo terzo mandato?

«Discuteremo più in là, prima ci sono le amministrative e poi le Europee. Se il titolo del libro del presidente è “Nonostante il Pd”, il mio è “Viva il Pd”. Più siamo e meglio stiamo con le idee. Ma in ogni caso stiamo parlando di un appuntamento elettorale che arriverà nel 2026. La mia opinione è questa: io metto la mano sul fuoco su tutti i governatori, ma quando si gestiscono i soldi c’è bisogno di un ricambio.

Penso che dieci anni di governo di una regione siano tanti. Al momento non mi risultano inchieste giudiziarie, e, ripeto, sono pronto a mettere la mano sul fuoco per tutti: però pongo una questione etica. Poi deciderà il partito». 

Di recente a Caivano sono stati arrestati tre politici che in passato avevano aderito al gruppo di Italia Viva, tra cui un ex assessore. Nell’ordinanza c’è scritto che il sindaco, votato con l’appoggio di tutto il centro sinistra, non poteva ignorare i collegamenti della criminalità con la sua amministrazione. Ci avete parlato?

«Noi abbiamo un problema: siamo parte del problema. Quando ero senatore mi sono battuto per la commissione d’accesso a Torre Annunziata e Castellammare di Stabia. Ma il problema di fondo è la qualità delle classi dirigenti: abbiamo bisogno di formazione. L’involuzione verso i pacchetti di voti dipende da questo.

La mafia fa gli affari dove c’è buio, se il partito apre le finestre non avremo più questi problemi, non avremo le candidature opache o le liste civiche che civiche non sono: sono politici trombati, il peggio della politica. Ci sono casi anche nel Pd? Noi saremo i primi a volere la commissione d’accesso e lo scioglimento del comune. Al momento in Italia ci sono 25 comuni sciolti per mafia. Il problema della mafia non l’abbiamo risolto con la morte dell’ultimo amico dei Corleonesi, Matteo Messina Denaro. Camorra e ‘ndrangheta restano fortissime, ma chista è n’atra storia».

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