Gli agenti penitenziari coinvolti nella mattanza del 6 aprile, il pestaggio ai danni di detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, hanno cercato una sponda politica nel leader della Lega Matteo Salvini. L'ex ministro dell'Interno non ha mai nascosto la sua vicinanza agli agenti anche quelli indagati per reati gravissimi, come la tortura, ma dalle informative dei carabinieri che hanno condotto l'indagine emerge anche un messaggio, inviato da uno dei poliziotti penitenziari alla pagina social di Matteo Salvini. Alessandro Biondi è un ispettore capo della polizia penitenziaria. Il giudice Sergio Enea ha disposto per Biondi gli arresti domiciliari perché su di lui, come su altri ufficiali indagati, «grava la responsabilità di aver diretto sul campo le operazioni di perquisizione senza l’adozione di cautela alcuna per scongiurare il sistematico pestaggio dei detenuti, cui alcuni di loro (Biondi Alessandro e Iadicicco Angelo) hanno, seppur sporadicamente partecipato».

Il 15 aprile, una decina di giorni dopo il pestaggio, quando ormai la repentina operazione di procura e arma dei carabinieri aveva messo al sicuro le immagini delle violenze, Biondi scrive un messaggio alla pagina Facebook «collegata, verosimilmente, al leader politico della Lega Nord Matteo Salvini», scrivono i militari dell'arma nelle informative. «Ciao matteo sono un poliziotto penitenziario al momento in quarantena per Covid 19. Nell'istituto di Santa Maria Capua Vetere dal 9 marzo si sono susseguiti una serie di eventi che hanno portato i detenuti ad avere una sorta di indipendenza gestionale. Per riprendere il controllo dell'istituto vi è stata una operazione di autorità», scrive Biondi. L'operazione è il pestaggio generalizzato, celato dietro la perquisizione straordinaria, disposta dal provveditore regionale Antonio Fullone, interdetto e indagato. «I detenuti e loro familiari strumentalizzando la cosa per tramite del garante e difensori si sono rivolti alla locale procura della repubblica e come puoi immaginare noi polizia non abbiamo garanti. Stiamo passando un brutto periodo. Se puoi tramite qualche tuo referente locale cerca di approfondire/intervenire in merito», conclude Biondi che a Salvini chiede anonimato e gli dice che ha sempre creduto nel leader della Lega. Il leader della Lega ha letto quel messaggio? Si è insospettito di quella formula «operazione di autorità»?

Salvini, contatto tramite il suo portavoce, non risponde e il suo staff ricorda il grande seguito che ha sui social il leader leghista. Ma quanto Biondi scriveva viene rappresentato pubblicamente da Salvini, quando l'11 giugno, arriva davanti al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Quel giorno i carabinieri eseguono una perquisizione sequestrando i cellulari a 57 agenti che vengono indagati per tortura. Una perquisizione che scatena un conflitto anche interno alla magistratura. Il procuratore generale di Napoli Luigi Riello chiede una sollecita relazione alla procura sammaritana e all'arma dei carabinieri «al fine di accertare ogni dettaglio dell'operazione e la veridicità, o meno, di quanto riferito dalla stampa e denunciato da alcuni esponenti sindacali della polizia penitenziaria sulla correttezza del 'modus procedendi'». Viene contestata la perquisizione davanti agli occhi dei familiari dei detenuti. Oggi si scopre, leggendo gli atti dell'inchiesta, che alcuni degli indagati venivano informati da complici ancora da identificare, già a metà aprile, pochi giorni dopo il pestaggio, di elementi dell'indagine coperti da segreto.

I buoni con la divisa

Salvini si precipita a Santa Maria Capua Vetere. «La mia solidarietà ai servitori dello stato indegnamente indagati. I buoni sono quelli in divisa e gli altri devono solo obbedire e fare le persone perbene», dice Salvini mentre gli agenti della polizia penitenziaria, anche alcuni coinvolti nell'inchiesta, lo applaudono.

Salvini continua e sposa le tesi degli agenti torturatori che hanno depistato le indagini con foto e video manipolati per giustificare, con il ritrovamento falso di olio bollente e bastoni, l'orribile mattanza. «Una schifezza senza precedenti. Se ci sono state delle rivolte tu le rivolte nelle carceri con coltelli, fornellini e olio bollente difficilmente le plachi con le margherite e i fiorellini», dice Salvini l'11 giugno. L'ex ministro non cambia posizioni neanche dopo la lunga inchiesta di Domani che svela, tra settembre e ottobre, la mattanza.

 

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