Nonostante Capo Feto (Mazara del Vallo) e Capo Bon (Tunisia) distino appena 145 km o che la Sardegna sia più vicina all’Africa (178 km) che all’Italia (188 km), il continente “nero” appare sempre più lontano dal nostro paese.

Le due zolle staccatesi milioni di anni fa, ma rimaste vicinissime, si stanno distanziando per un’incomprensione e un disinteresse che di anno in anno si ampliano. È questa la fotografia della relazione Italia-Africa che ci restituisce il report Africa mediata di Amref Italia in collaborazione con Osservatorio di Pavia, in pubblicazione ogni anno puntualmente il 25 maggio, giornata dell’Africa.

È il giorno giusto per ricordare la firma che, esattamente 60 anni fa, i leader di 30 degli allora 32 stati africani indipendenti, apposero sulla carta costitutiva dell’Organizzazione dell’unità africana (Oua) (nel frattempo divenuta, nel 2002, Unione africana – Ua, ndr), per esaltare il processo di decolonizzazione iniziato poco prima e terminato con l’indipendenza dell’Angola nel novembre 1975 e per riflettere su quanto conosciamo dei nostri vicini di casa.

Un continente che cresce

È un continente con una storia di autodeterminazione ancora molto giovane, che deve fare i conti con secoli di schiavismo e colonialismo brutali, in alcuni casi genocidari, che è stato ed è tuttora depredato dei suoi beni di cui è straricco – ospita il 65 per cento delle riserve di materie prime globali (petrolio, oro, diamanti, rame, cobalto, coltan ecc.), possiede milioni di ettari di terreni coltivabili, ha una popolazione con un’età media di meno di 20 anni – e che convive con molte situazioni di conflitto o problemi ambientali che hanno cause esterne.

Ma è anche un’area del mondo in grandissimo sviluppo sotto ogni punto di vista, con paesi che fanno registrate alcune delle crescite economiche più rapide del pianeta (su tutti Niger e Libia per i quali ci si aspetta una performance rispettivamente del 7,6 e del 6,9 per il 2023, fonte FocusEconomics), industrie tra le più forti al mondo (Nolliwood, l’industria cinematografica nigeriana, vanta oltre 6,4 miliardi di dollari di fatturato e più di 2.500 film all’anno ndr) e una forte spinta verso l’innovazione.

Consapevole di quanto l’informazione sia decisiva per comunicare l’“altra” storia dell’Africa e di favorire una riflessione seria, scevra di stereotipi e afrofobie varie, Amref insiste sulla necessità di fare entrare il continente nel nostro dibattito e denuncia quanto ancora sia poco presente, anzi, pochissimo.

Il rapporto

Il report è diviso in vari capitoli, il primo esamina la copertura dell’Africa nelle prime pagine di sei quotidiani (Avvenire, Corriere della Sera, Fatto Quotidiano, Il Giornale, La Repubblica, La Stampa) nel 2022. Una miseria: tredici notizie in media al mese con l’84 per cento degli articoli relativi all’Africa “qui” (flussi migratori e sicurezza).

Il secondo capitolo ci spiega la copertura nei notiziari prime time delle sette reti generaliste (Rai, Mediaset La7) e fa registrare addirittura una tendenza al ribasso (22 per cento) rispetto a quella già risibile del 2021: solo 1.174 notizie, anche qui con una prevalenza netta sull’Africa “qui” (74 per cento delle notizie). Il terzo paragrafo analizza la rappresentazione del continente, i paesi, i popoli, le persone nei programmi di informazione e infotainment delle sette reti generaliste: su 61.320 ore trasmesse in un anno sono solo 700 i riferimenti all’Africa, in media un riferimento ogni 87 ore di programmazione.

Per gli italiani, nella sostanza, l’Africa non esiste. Quando c’è, è solo “qui” e corre rischi enormi di infiltrazioni politiche e sguaiataggini a fini elettorali nella narrazione.

Il racconto dell’innovazione

Oltre a restituirci quantità e qualità dell’informazione sull’Africa in Italia, Amref sceglie per ogni edizione del report, un focus particolare. Quest’anno lo ha dedicato a come viene narrata da noi l’innovazione in atto in Africa. La scelta è azzeccatissima. Il volto dinamico e innovativo dell’Africa è forse quello più sotto-rappresentato. Eppure il continente ha registrato negli ultimi anni numerosi cambiamenti che hanno investito anche l’innovazione tecnologica, informatica e digitale, suscitando l’attenzione di analisti e investitori di tutto il mondo.

Secondo il Global Startup Ecosystem Report (GSER) del 2022, per citare un esempio tra i tanti, gli investimenti nelle startup tecnologiche africane sub sahariane nel 2021 hanno visto un aumento del 113 per cento rispetto al 2020.

Si conferma, quindi, una narrazione spesso caratterizzata da echi di disperazione, morte, torture, fughe da guerre, disastri e dittature. Tutte cose, purtroppo, vere,  che nessuno vuole negare. Manca però tanta Africa, non si scorgono il dinamismo, il cambiamento, l’emancipazione, la creatività, la cultura e il talento. Manca, in sostanza, il futuro. Anche dell’Europa. 

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