L'ex governatore del Piemonte, Roberto Cota, ha lasciato la Lega. La notizia non è una vera novità, visto che già non aveva rinnovato la tessera nell’ultimo anno, ma il 28 dicembre è arrivata la notizia: è passato a Forza Italia sedotto da Paolo Zangrillo, il fratello minore del medico di Berlusconi, Alberto Zangrillo. Mentre più spesso gli azzurri vanno da Salvini, come accaduto poche settimane fa col terzetto capitanato dall’ex sottosegretaria Laura Ravetto, questa volta è successo il contrario. Come negli ultimi anni, è un altro dei volti storici a lasciare, in rotta col capitano Matteo Salvini.

Lo ha annunciato stesso Cota: «Seppur concentrato sulla mia professione di legale, sono sempre rimasto in contatto con Diego Sozzani, parlamentare novarese di Fi, attraverso il quale mi sono avvicinato al coordinatore degli azzurri piemontesi, Paolo Zangrillo, con il quale è nato un feeling politico che mi ha spinto a decidere di passare con Fi nel rispetto della mia storia di federalista moderato».

Assicura di non avere pretese e non chiedere incarichi: «Mi metto a disposizione come militante del partito azzurro a cominciare dalle elezioni amministrative della prossima primavera che interesseranno Torino e Novara a cui non farò mancare il mio aiuto». Cota risponde anche alle provocazioni, visto che Forza Italia non è in crescita: «non sono uno che sale sul carro del vincitore e inoltre - conclude - credo che Forza Italia abbia ancora un notevole spazio politico». L'approdo dell'ex governatore piemontese in Fi, secondo il deputato Zangrillo, fa il paio con l'arrivo qualche settimana fa nel gruppo azzurro del Consiglio comunale di Torino di Federica Scanderebech, «è un chiaro segnale di un partito vivo. Dimostra che c'è ancora attenzione per noi». Zangrillo racconta di aver informato Silvio Berlusconi dell'arrivo di Cota: «Il presidente Berlusconi è rimasto soddisfatto: aveva un ricordo vivo e positivo di Cota».

Gli altri ex

Cota non è il primo. Sono tanti i leghisti «classici» – come li ha ribattezzati Linkiesta due anni fa– che non si vedono più o che hanno deciso di rompere in dissenso con Salvini. Umberto Bossi è ufficialmente un senatore della Lega, ma ormai non lo nomina più nessuno. La notizia più recente è la venticinquesima edizione del suo celebre biglietto di Natale con la frase scritta di suo pugno: «Auguri di Buon Natale 2020 a tutte le nonne del mondo». Cota gli era tra i più vicini.

Le rotture però hanno fatto discutere. Un altro degli ex astri nascenti del Carroccio a essere rimasto fuori dalla Lega è Flavio Tosi, ex sindaco di Verona. Espulso da Salvini nel 2015. Uno scontro passato da dichiarazioni e interviste tv quando Tosi, all’epoca segretario della Liga Veneta, stava tentando di guadagnarsi la candidatura in regione, e così è stato Cacciato da via Bellerio dopo 25 anni di militanza. Cosa fa Flavio Tosi?, si chiedono oggi le cronache locali. Sarebbe pronto a correre da solo a Verona contro tutto il centro destra.

Qualcuno ha fondato un nuovo movimento quando ha visto che Salvini si stava allontanando dal Nord per attecchire nel resto d’Italia. Il genero dell’ex ministro leghista Francesco Speroni, Marco Reguzzoni, capogruppo della Lega Nord alla Camera dal 2010 al 2012, nel 2017 ha fondato il “Grande Nord” con l’intento raccogliere i leghisti scontenti: «Bossi sarebbe il benvenuto» aveva detto.

Nello stesso anno ha fatto scalpore la rottura con l’ex sindaco-sceriffo di Treviso, Giancarlo Gentilini, cacciato per avere denunciato la deriva della Lega. Dopo aver vinto le elezioni nel 1996 si era fregiato del suo governo contro immigrati e clandestini: «Io faccio lo sceriffo proprio come al cinema» aveva commentato. Una linea che più salviniana non si può, però nel 2017 ha parlato del poltronificio della Carroccio sulle pagine della Tribuna di Treviso. Si era erto contro le nomine in Ascopiave, l’utility del nord-est e chiedeva «una ripulita» a Salvini. Alla fine è stato ripulito lui. Gentilini soffre ancora: «L’unico vero martire della Lega sono io! Matteo Salvini è un fessacchiotto che si è lasciato turlupinare dai bolscevichi. Luca Zaia è il nostro ultimo campione. Al nord è rimasto solo lui» ha detto ancora quest’estate al Foglio.

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