Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ieri alla Camera ha dato i numeri: a guardare le percentuali sui dati Covid e scuola nel 93,4 per cento delle classi, dall’infanzia a quella secondaria di secondo grado (istituti tecnici, professionali, e licei), è stata garantita la didattica in presenza nella prima settimana di rientro a scuola, dal 10 al 15 gennaio. A guardare il resto dei dati si scopre che in una classe su cinque viene utilizzata la didattica a distanza e nel dettaglio delle cifre emerge che il numero di studenti in quarantena è almento quintuplicato, visto che sempre secondo il ministero. a dicembre solo il 2 per cento degli studenti era in quarantena.

Lo scontro con i presidi

I dati, ha detto immediatamente l’Associazione nazionale dei presidi (Anp), non raccontano quello che si sta vivendo in classe: «La nostra sensazione è totalmente diversa da quello che racconta il ministero, per noi dal 30 al 50 per cento di didattica integrata» spiega l’Anp.

Un dato che, ha specificato ieri il presidente dell’associazione, Antonello Giannelli, deriva da una sensazione maturata giorno per giorno: «Le nostre stime erano diverse in quanto basate sulle continue e costanti comunicazioni dei nostri iscritti, provenienti da tutto il territorio nazionale, che segnalavano l'infittirsi dei casi di contagio». Adesso ha chiesto che «da ora in avanti, il ministero pubblichi con cadenza settimanale tutte le statistiche necessarie ad avere contezza del quadro generale».

I dati

I dati del ministero sono stati raccolti con la piattaforma Sidi, il sistema informativo dell’Istruzione . Guardando il dettaglio dei dati diffusi dal ministero, dopo quel 93,4 per cento infatti si scopre che la platea censita riguarda l’82,1 per cento delle istituzioni scolastiche statali. Quindi mancano all’appello 800 mila studenti spiega l’Anp, nella settimana in cui le scuole in Sicilia e Campania hanno riaperto con ritardo.

Per le classi su cui sono stati fatti i calcoli, per l’80,3 per cento il servizio è stato reso totalmente in presenza, mentre per il 13,1 per cento delle classi delle scuole secondarie di primo e di secondo grado il servizio è stato svolto parzialmente in presenza avvalendosi della didattica digitale integrata e per il 6,6 per cento (pari a 20.185) delle classi il servizio è stato svolto totalmente in didattica a distanza, ovvero sospeso, per le scuole dell’infanzia.

Il che vuol dire che il 19,7 per cento, quasi una classe su cinque ha dovuto convivere con la didattica a distanza e tutto quello che ne consegue. Nel dettaglio della relazione di Bianchi si legge che gli alunni positivi o in quarantena nelle classi dell’infanzia sono stati il 9 per cento, nella scuola primaria (prima elementare) il 10,9 per cento sui positivi o in dad, e infine il 12,5 per cento di postivi in dad nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Un aumento rilevante da quel 2 per cento di un mese fa.

Nessun dato sugli insegnanti in quarantena o positivi. Per quanto riguarda il personale sospeso invece viene segnalato che la totalità del personale docente e Ata è in regola con l’obbligo di vaccinazione e che le unità di personale destinatarie di provvedimenti di sospensione dal servizio per inadempienza sono lo 0,9 per cento della vasta platea complessiva.

La situazione in classe

«La situazione nelle classi italiane di ogni ordine e grado è in costante cambiamento» specifica l’Anp. Ogni giorno può esserci un positivo, e a seconda del grado di istruzione significa un trattamento differenziato. Per la scuola dell’infanzia con un caso di positività vengono sospese le lezioni per dieci giorni.

Per la primaria si attiva la sorveglianza con testing del gruppo classe, per la secondaria di è prevista l’autosorveglianza con la prosecuzione delle attività e l’uso delle mascherine ffp2. Con due casi nella stessa classe è prevista la didattica digitale integrata per coloro che non hanno avuto la dose di richiamo e hanno completato il ciclo vaccinale da più di 120 giorni e per coloro che sono guariti da più di 120 giorni: «Accettiamo i dati del ministero, ma abbiamo una sensazione diversa» conclude l’Anp, «e noi i numeri non li diamo più».

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