Si parla anche di Conte ter, ma ancora niente è escluso, soprattutto se verranno trovati dei parlamentari responsabili che sostituiscano quelli del partito di Renzi. Se crisi sarà, comunque le elezioni sembrano la possibilità più remota. Domenica mattina è stata convocata una riunione tra il premier Giuseppe Conte e i capidelegazione della maggioranza per un punto sull'emergenza Covid in vista del 7 gennaio e delle possibili misure. L’elefante nella stanza è stato l’attuale situazione politica, anche se nessuno si sbilancia su quello che le parti di maggiranza faranno. Il verdetto finale sarebbe arrivato in occasione del consiglio dei ministri previsto (ma non ancora convocato) di giovedì, ma le decisioni potrebbero essere prese prima.

Dopo è stato fissato l’incontro allargato al Cts, al ministro per gli Affari regionali Francesco boccia e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro. Il governo dovrà aggiornare le misure restrittive e si attende un nuovo Dpcm che aggiorni quello in vigore che scade il 6 gennaio.

Le autonomie

Le ministre dell’Agricoltura Teresa Bellanova e della Famiglia Elena Bonetti si sono dette in più occasioni pronte a lasciare, dopo le minacce sulla tenuta del governo, il premier Giuseppe Conte ha risposto nel corso della conferenza stampa di fine anno che è pronto a verificare i voti in Parlamento. Il problema è la maggioranza al Senato, dove se venissero meno i 18 senatori di Italia viva il governo andrebbe incontro alla sfiducia ottenendo meno della metà dei consensi di Palazzo Madama. I senatori che votano usualmente in Aula sono 317, 315 eletti più due senatori a vita (Mario Monti ed Elena Cattaneo), dunque la maggioranza necessiterebbe di 159 voti. Il voto decisivo potrebbe essere quello sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che ha portato all’acceso dibattito delle scorse settimane. 

Immagine dal sito del Senato

Il gruppo per le autonomie ha ribadito che l’ipotesi crisi non piace a nessuno: «Abbiamo sempre sostenuto il governo Conte e quindi per noi resta la fiducia, non cambia niente. Ritengo che in questo momento sia irresponsabile l'atteggiamento di Italia viva, considerando la gestione dei soldi del Recovery fund che ci aspetta e quella della pandemia ancora in corso. Rimango senza parole» ha detto la senatrice Julia Unterberger, presidente del gruppo delle Autonomie interpellata dall'Ansa.

In questo modo i voti sicuri della maggioranza restano quelli del Movimento 5 Stelle (92), del Pd (35), di LeU (5) e delle Autonomie (9), 141 voti a cui prima si aggiungevano i voti di Italia viva.

Nessun commento sull'ipotesi di un governo Conte ter da parte della presidente del gruppo delle Autonomie, perché «su quello ovviamente deciderà il gruppo», chiarisce Unterberger, mentre sulla possibilità che il premier accetti di misurarsi in Parlamento, la definisce «l'ultima ratio». E continua: «Prima bisognerebbe provare a cercare un compromesso tra le richieste di Italia viva e il premier. Altrimenti, fare affidamento sui cosiddetti 'responsabili' che possa sostituire quei parlamentari delusi fra il gruppo Misto, Italia viva e Forza Italia. Ma non ho elementi per dire quanti siano e se è una strada fattibile». 

L’ipotesi Franceschini

Nelle scorse ore era circolata l’ipotesi di Dario Franceschini come premier sostitutivo per creare una nuova compagine di governo che escludesse sia Giuseppe Conte che Matteo Renzi. Fonti vicine al ministro Dario Franceschini smentiscono categoricamente con un laconico: «Macchè».

Il ministro per i beni culturali Dario Franceschini (LaPresse)

Come funziona la crisi

La crisi di governo può essere parlamentare o extraparlamentare. Si parla di crisi di governo parlamentare quando il Governo è colpito da una mozione di sfiducia da parte di una delle due Camere oppure quando il nuovo Governo non riesce a ottenere la fiducia iniziale da parte di queste o, infine, in caso di voto contrario da parte di una Camera quando il Governo abbia posto una questione di fiducia.

Giorgia Meloni in queste ore sta lanciando una campagna perché venga portata avanti la mozione di sfiducia di Fratelli d’Italia.

In tutti gli altri casi di dimissioni da parte del Governo, per il venir meno della maggioranza parlamentare, si parla di crisi di governo extraparlamentari. Generalmente, nel caso di una crisi di governo extraparlamentare, è prassi che il presidente della Repubblica rinvii il Governo alle Camere, allo scopo di «parlamentarizzare» la crisi, ma è raro che la discussione parlamentare si concluda con un voto esplicito: nell’ambito della storia costituzionale repubblicana, infatti, tutte le crisi di governo sono state di tipo extraparlamentare, tranne quelle che hanno investito il Governo Prodi I nel 1998 e il Governo II nel 2008, determinate, rispettivamente, da un esplicito voto contrario da parte della maggioranza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ci ricorda l’Enciclopedia Treccani.

Anche nel 2019, quando la crisi ha riguardato il governo giallo-verde, il voto in Aula ci fu per il calendario dei lavori e mise in evidenza la composizione della nuova maggioranza M5S-Pd-Iv-LeU a cui seguirono le dimissioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non si andò incontro a una vera sfiducia e i parlamentari della Lega vennero semplicemente rimpiazzati. In quel caso però seguirono le dimissioni e la creazione di un nuovo governo visto che la maggioranza aveva cambiato colore. Le ipotesi sono molteplici.

A seguito di una crisi, il governo dimissionario resta in carica fino alla formazione di un nuovo Governo e solo per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione: la sua posizione giudica è simile, di conseguenza, a quella del Governo appena formatosi e in attesa della fiducia da parte delle Camere.

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