C’era una volta SeaFuture, una fiera internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo delle tecnologie civili inerenti al mare al fine di promuovere la sostenibilità ambientale e sociale. Sempre svoltasi a La Spezia dal 2009, coinvolgeva centri di ricerca, università  e imprese che, oltre a esporre, animavano il dibattito attorno a occupazione, blue economy e ambiente marino, maricoltura e subacquea, progettazione e design, sistemi di automazione e strumentazione.

Oltre a rappresentanti delle aziende leader nel campo, vi partecipavano esperti provenienti da Cnr, Enea, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), assieme ai dipartimenti scientifici delle università liguri nonché il Politecnico di Torino e il centro Gustavo Stefanini della Scuola superiore di studi universitari Sant’Anna di Pisa. La Marina militare non figurava tra i promotori, era invitata ma manteneva un ruolo marginale.

Cambio netto

Dal 2014 si è repentinamente e in modo sempre più evidente trasformata nel salone dell’industria bellica navale. La Marina militare è diventata il padrone di casa e da appuntamento annuale di riflessione e promozione ambientale e civile, si è magicamente convertita in una delle maggiori fiere internazionali di lancio di prodotti militari.

Gli invitati d’onore sono i rappresentanti delle marine militari e i segretariati generali della Difesa di paesi esteri in particolare di numerosi stati dell’Africa e del medio oriente. In altre parole, dal 2014 in poi, SeaFuture è divenuto un expo militare, unico in Italia, dove gli operatori principali sono le aziende del settore degli armamenti insieme alla Marina militare.

L’evento ha così rimpiazzato la Mostra navale italiana (detta Mostra navale bellica ndr), che si è tenuta a Genova negli anni Ottanta e che è stata chiusa dopo le proteste dei movimenti pacifisti. L’ottava edizione di SeaFuture, in programma fino all’8 giugno all’arsenale militare marittimo di La Spezia, organizzata da Italian Blue Growth S.r.l. in collaborazione con la Marina militare e sponsorizzata dalle maggiori aziende del comparto militare come Fincantieri (Strategic sponsor), MBDA (Diamond sponsor), Elettronica Group e Leonardo (Silver sponsor), è l’ennesima conferma del radicale mutamento.

Usato militare

«La mutazione di SeaFuture, da salone civile dedicato a innovazione, ricerca, sviluppo e tecnologie inerenti al mare a fiera militare – spiega Giorgio Beretta, portavoce del comitato Riconvertiamo Seafuture – viene innescata nel 2014 dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti, all’indomani dell’approvazione della legge navale, cioè del programma che autorizza fondi statali ventennali per il rinnovo della flotta della Marina: un contributo, scadenzato negli anni, del valore di 5,8 miliardi di euro. Da lì l’idea di vendere le navi dismesse dalla Marina militare ai “paesi emergenti”, soprattutto dell’Africa e del medio oriente che – come riportava il comunicato ufficiale di una precedente edizione – “potrebbero essere interessati all’acquisizione delle unità navali della Marina militare italiana non più funzionali alle esigenze della Squadra navale, dopo un refitting effettuato da parte dell’industria di settore”. Un salone un po’ dell’usato militare un po’ expo per presentare nuovi sistemi militari di Leonardo. MBDA e finanche i veicoli militari anfibi della Iveco. Dunque, ben lontano dall’innovazione e dalla sostenibilità».

Tanti i punti controversi. Intanto l’invito a partecipare all’evento rivolto dagli organizzatori ai rappresentanti di Forze armate di paesi esteri belligeranti – responsabili di gravi infrazioni dei diritti umani, delle libertà democratiche e del diritto internazionale umanitario (tra i quali spiccano Libia, Algeria, Pakistan, Somalia, Turchia, Arabia Saudita ndr) – al fine di vendergli armi, in contrasto con le rigorose restrizioni sulle esportazioni di sistemi e tecnologie militari ai sensi delle normative italiane e internazionali.

Poi, la tendenza ad assimilare nell’ambito militare anche le iniziative riguardanti la cosiddetta Blue Economy e la totale mancanza di attenzione al problema della transizione ecologica. Per il ministro Guido Crosetto, invece, SeaFuture è un «progetto per l’arsenale del futuro. Sarà patrimonio per tutta l’Italia. Con Fincantieri e Rina, stiamo predisponendo un progetto per creare l’arsenale del futuro, che sia un luogo a cui guardi non solo l’Italia ma il mondo».

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