Ha dato vita a uno dei suoi show sul palco di piazza del Popolo, a Roma, nel comizio di chiusura della campagna elettorale del Partito democratico. In quell’occasione, il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, si è concesso il lusso di sbeffeggiare le capacità di leadership di Enrico Letta, a due giorni dal voto, ironizzando sul fatto che non fosse «scoppiettante». Attribuendo preventivamente al segretario così la responsabilità del prevedibile insuccesso elettorale. Del resto già a luglio, durante la festa dell’Unità del Pd di Napoli, aveva bacchettato il suo partito che non riusciva ad andare oltre il venti per cento. Solo che, a conti fatti, dopo il voto del 25 settembre De Luca non ha motivi per sentirsi immune dalla debacle del Pd.

Fedelissimi in lista

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Troppo centrale il ruolo ricoperto nella composizione delle liste campane, in cui su tutti era presente il figlio Piero, in cerca della riconferma a Montecitorio ottenuta grazie al posto da capolista. Con il rampollo di famiglia c’erano altri fedelissimi, a cominciare dal vice della giunta regionale, Fulvio Bonavitacola.

Così il centro di potere nelle mani del governatore non ha evitato uno dei peggiori risultati su scala regionale per il Pd: in Campania al Senato ha ottenuto un magro 15,9 per cento, facendo anche peggio alla Camera con il 15,6 per cento.

Un dato che significa il quartultimo posto, davanti solo a Sicilia, Calabria e Basilicata. Addirittura in altre realtà, come il Veneto, non proprio una roccaforte del centrosinistra, è stata raggiunta la soglia del 16 per cento. 

I numeri suonano come una bocciatura senza appello per il governatore. Nella circoscrizione alla Camera che includeva la sua Salerno e la provincia di Avellino, in cui era candidato Piero De Luca, il Pd campano si è attestato al 20,1 per cento; un punto sopra il 19 per cento nazionale, restando comunque il terzo partito, dietro al Movimento 5 stelle e Fratelli d’Italia.

Nel collegio uninominale di Salerno, dove correva Bonavitacola, la sconfitta è stata cocente: il suo braccio destro è stato staccato di dieci punti dal candidato di centrodestra, Giuseppe Bicchielli. E il Pd è rimasto inchiodato al 20,2 per cento, sempre terzo. Ma questi due casi hanno rappresentato il top della prestazione campana: altrove il consenso è largamente al di sotto del risultato nazionale.

Debacle casertana

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L’esempio peggiore arriva dal plurinominale di Caserta e Benevento, dove il capolista era Stefano Graziano, ex deputato, che alle regionali del 2020 aveva mancato l’elezione. Così dal gennaio 2022 aveva firmato un contratto di consulenza da 67mila euro per l’anno in corso, proprio con il presidente della regione Campania.

Grazie ai buoni uffici con De Luca e il deputato Francesco Boccia è stato scelto come candidato nella migliore posizione possibile, che gli ha garantito il ritorno in parlamento. Questo nonostante nella circoscrizione di Caserta e Benevento il bottino dem sia stato appena del 12,5 per cento, con il rischio di essere raggiunti anche da Forza Italia.

Dati leggermente migliori, ma comunque negativi, sono arrivati dal collegio uninominale di Eboli, in provincia di Salerno: il consigliere regionale, Luca Cascone, altro fedelissimo di De Luca, è stato doppiato dall’avversario del centrodestra, Attilio Pierro.

E, ancora una volta, il voto di lista è stato negativo per i dem con il 17,5 per cento portato a casa. Anche la sindaca di Castel San Giorgio (Salerno), Paola Lanzara, ha subito un pesante ko nel collegio di Scafati.

Disastro anche al Senato

La mappatura del disastro nella Campania di De Luca non è finita. Al Senato è maturata una bruciante sconfitta nell’uninominale di Salerno, stravinto da Antonio Iannone di Fratelli d’Italia, acerrimo rivale del governatore sul territorio.

La candidata del centrosinistra, Anna Petrone, è stata staccata di oltre 17 punti. Il Pd non è stato certo un traino, fermandosi al 19 per cento nazionale, nella città amministrata da De Luca per quattro mandati.

A chiudere il cerchio del disastro elettorale, risalta la mancata elezione di Gianfranco Valiante, sindaco di Baronissi, piazzato alle spalle dell’ex segretaria della Cgil, Susanna Camusso. Con il 17,2 per cento ottenuto, era impensabile che potessero scattare altri seggi.

La ciliegina sulla torta è infine l’affluenza alle politiche, che in Campania si è fermata al 53 per cento: quasi un elettore su due non si è recato alle urne. Una spia di disaffezione, che riguarda certamente tutte le forze politiche. Ma che deve interrogare principalmente chi sul territorio ha un ruolo di governo. E indica i candidati.

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