Dicono che il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, sia rimasto spiazzato. Evidentemente sperava ci fosse ancora un modo per convincerla a ripensarci. Ma Letizia Moratti, che ieri si è ufficialmente dimessa dalla carica di vicepresidente e assessora al Welfare della giunta lombarda, voleva una sola cosa: candidarsi alle prossime elezioni regionali. 

Nelle ultime settimane hanno provato a offrirle di tutto: un posto da ministro, il ruolo di amministratore delegato della fondazione Milano Cortina 2026, varie ed eventuali. Lei ha risposto sempre “no, grazie”. Anche l’ultimo tentativo di Matteo Salvini, che pochi giorni fa l’aveva ricevuta a Roma nel suo nuovo ufficio da ministro delle Infrastrutture, è stato inutile.

Nel 2023 Letizia Maria Brichetto Arnaboldi, vedova Moratti, sarà candidata alla presidenza della regione Lombardia con una propria lista civica. Non c’è ancora l’ufficialità, ma c’è la certezza. L’unica, visto che non si sa bene quali saranno i partiti che la sosterranno. Il terzo polo è la sua collocazione naturale, e infatti Carlo Calenda si è già detto certo che l’ex ministra «in futuro potrà dare un contributo positivo nella politica regionale o nazionale». Il Pd potrebbe diventarla. 

Il centrodestra, che ovviamente in questo momento ha tutto l’interesse a descrivere Moratti come una traditrice conquistata dalle sirene della sinistra, racconta che da mesi l’assessora sta trattando per ottenere il sostegno dei democratici. Ma Moratti, da sindaca di Milano e da esponente della giunta Fontana, è stata duramente contestata dal Pd. Difficile immaginare una conversione così netta. 

Certo, a oggi il centrosinistra non ha un candidato. Il nome più accreditato sembra essere quello di Carlo Cottarelli, ma all’economista neoeletto senatore democratico manca una cosa fondamentale: le risorse. Cosa che al contrario Moratti ha. Proprie e in abbondanza. 

Modello Covid

Anche per questo Lega, FdI e Forza Italia non sembrano eccessivamente turbati dalla scelta, in gran parte attesa, di Moratti. Dopotutto Fontana aveva già detto, prima delle elezioni politiche, che il loro rapporto di fiducia si era interrotto e aveva minacciato di toglierle le deleghe. Si sperava che la vittoria e la nascita di un governo di centrodestra favorisse una soluzione. Invece l’assessora ieri se n’è andata giustificando la sua mossa proprio con le ultime decisioni dell’esecutivo in tema di Covid e reintegro dei medici No-vax.

Un argomento che Moratti utilizzerà sicuramente in campagna elettorale e che potrebbe portarle molti volti, sia a destra sia a sinistra, visto che è considerata come la “salvatrice” arrivata a sistemare la disastrosa gestione della pandemia della giunta lombarda. Nel centrodestra sono però convinti che non saranno mai abbastanza per colmare il divario di 20 punti che, nel 2018, ha permesso a Fontana di surclassare il suo avversario Giorgio Gori. E comunque, se il Pd dovesse presentare un proprio candidato, la vittoria del presidente uscente viene data per sicura.

L’esponente leghista ieri era a Roma, ufficialmente, per una «serie di incontri sul tema dell’autonomia». Ma dicono che il viaggio sia servito anche per blindare un accordo già preso: Fratelli d’Italia esprimerà il candidato nel Lazio, la Lega in Lombardia. E quel candidato, uscita di scena Moratti e sistemato Giancarlo Giorgetti all’Economia, sarà Attilio Fontana. 

I tormenti del centrodestra 

Certo, non si tratta di una candidatura forte. Al punto che i maligni già dicono che Giorgia Meloni sfrutterà l’occasione per archiviare definitivamente la carriera politica di Salvini. Se infatti il leader della Lega dovesse perdere la Lombardia, per lui sarebbe la fine. Molto dipende ovviamente dalla data delle elezioni e da come il governo, e la maggioranza, si presenteranno all’appuntamento. Una premier forte di sicuro non vorrà marchiare il suo curriculum con una sconfitta nella regione simbolo del centrodestra.

Sullo sfondo resta sempre la mina Forza Italia che, proprio in Lombardia, ha visto consumarsi il primo scontro tra l’ala ronzulliana e quella moderata, all’epoca rappresentata da Mariastella Gelmini, del partito. Gelmini se n’è andata e oggi, da esponente di Azione, loda «il coraggio» di Moratti. Un ulteriore indizio della vicinanza tra l’ex assessora e il terzo polo.  

Nel frattempo il presidente della Lombardia ha affidato la delega del Welfare a Guido Bertolaso. Anche lui, come Moratti, è una vecchia conoscenza del centrodestra, buono per ogni stagione e per ogni poltrona. Persino per quella di presidente della regione. E Fontana già trema.  

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