Il discorso programmatico con cui Giorgia Meloni chiede la fiducia alla Camera è allo stesso tempo un discorso che accontenta lo status quo – a partire dal perdono tra gli applausi dei piccoli evasori – e trasparente sulla sua cornice ideologica di riferimento: dal richiamo all’ideologo conservatore Roger Scruton al ricordo dei ragazzi uccisi nell’antifascismo, e con un programma economico che parla a Confindustria e che promette di non limitare alcuna libertà esistente, e tra le libertà inserisce quella del produrre. Ma è anche il discorso di una rivendicazione politica, con messaggi espliciti ad alleati e opposizione e biografica. Ecco a chi parla la premier, passaggio dopo passaggio. 


Signor Presidente, onorevoli colleghi,

sono intervenuta molte volte in quest’aula, da parlamentare, da vice presidente della Camera e da Ministro della Gioventù. Eppure la sua solennità è tale che non sono mai riuscita ad intervenire senza un sentimento di emozione e di profondo rispetto. Vale a maggior ragione oggi, che mi rivolgo a voi in qualità di presidente del consiglio per chiedervi di esprimervi sulla fiducia a un governo da me guidato. 

Giorgia Meloni ripercorre innanzitutto la sua biografia politica e in questo ricorda un percorso politico coerente, e basato sulle sue forze, prima ringrazia il capo dello stato Sergio Mattarella, ma anche il predecessore Mario Draghi, suo lord “protettore" che l’ha accompagnata in una transizione quanto più cordiale. 


Il peso di essere donna

Tra i tanti pesi che sento gravare sulle mie spalle oggi, non può non esserci anche quello di essere la prima donna a capo del governo in questa Nazione. Ma penso anche, con riverenza, a coloro che hanno costruito con le assi del proprio esempio la scala che oggi consente a me di salire e rompere il pesante tetto di cristallo posto sulle nostre teste. 

Sarebbe un giusto e importante tributo alle donne, altro punto di forza della biografia della premier, se non fosse che l’elenco delle donne che poi cita, da Tina Anselmi a Samantha Cristoforetti a Maria Elisabetta Casellati, è più di forma che di sostanza, a meno che non si possa considerare l’elezione di Casellati come un progresso nelle condizioni delle donne di questo paese.


La rivendicazione della politica

Il mio ringraziamento più sentito non può non andare al popolo italiano: a chi ha deciso di non mancare all’appuntamento elettorale Con il rammarico, però, per i moltissimi che hanno rinunciato all’esercizio di questo dovere civico, che reputano sempre più spesso inutile il loro voto, perché, dicono, tanto poi decidono altri, decidono nei palazzi, nei circoli esclusivi. E, purtroppo, spesso è stato così negli ultimi 11 anni, con un susseguirsi di maggioranze di governo pienamente legittime sul piano costituzionale, ma drammaticamente distanti dalle indicazioni degli elettori. 

Ancora nel terzo passaggio, Meloni rivendica il suo percorso, dopo la carriera politica, l’essere donna, c’è l’opposizione al governo tecnico di Mario Draghi. In questo discorso manca ogni riconoscimento a due governi pienamente politici dell’ultima legislatura, che certamente hanno avuto un leader come Conte non passato dal voto, ma che non per questo sono stati meno politici ma disturbano la narrazione


Sindrome da accerchiamento

Gli elettori hanno scelto il centrodestra e all’interno della coalizione hanno premiato maggiormente determinate proposte rispetto ad altre. Manterremo quegli impegni, perché il vincolo tra rappresentante è rappresentato è la base di ogni democrazia. So bene che ad alcuni osservatori e alle forze politiche di opposizione non piacciono le nostre proposte, ma non intendo assecondare quella deriva secondo la quale la democrazia appartiene a qualcuno più che a qualcun altro, o che un esito elettorale sgradito non vada accettato e ne vada invece impedita la realizzazione con qualsiasi mezzo. 

In questo passaggio molto preciso ci sono deu mesaggi. Da una parte un messaggio agli alleati: abbiamo vinto, ma all’interno della coalizione con pesi diversi ( e a quei pesi corrispondono dei programmi). Dall’altra torna la sindrome da accerchiamento che Meloni ha sofferto durante tutto il suo percorso politico, e che sembra soffrire anche in queste ultime settimane: il primo discorso al consiglio dei ministri è stato chiaro, c’è chi ci vuole fare fallire, e non dovremo dare loro questa soddisfazione


La polemica con Letta

Negli ultimi giorni sono stati in parecchi, anche fuori dai nostri confini nazionali, a dire di voler vigilare sul nuovo governo italiano. Questo parlamento ha valide e battagliere forze di opposizione più che capaci di far sentire la propria voce. E mi auguro che quelle forze convengano con me sul fatto che chi dall’estero dice di voler vigilare sull’Italia non manca di rispetto a me o a questo governo, manca di rispetto al popolo italiano che, voglio dirlo chiaramente, non ha lezioni da imparare.

Meloni ha buon margine per attaccare i commenti arrivati più volte dal governo francese su una supposta vigilanza sul nuovo corso di Roma,  sui quali è intervenuto prima di tutto il capo dello stato Mattarella, ma che sono stati smentiti anche da Emmanuel Macron. Ma la premier ne approfitta per mandare una frecciata  all’opposizione e di fatto al Pd, accusandolo implicitamente di cercare sponda all’estero, come Meloni aveva accusato Letta dopo l’incontro con Scholz


Europeismo istituzionale

Meloni dedica  un lungo passaggio all’Europa: inizia con un riferimento cristiano

Noi siamo gli eredi di San Benedetto, un italiano, patrono principale dell'intera Europa.

E prosegue ringraziando tutti i vertici delle istituzioni europee: è un atteggiamento molto diverso da quello tenuto da Salvini, che ribadirà più volte anche nel passaggio sulle politiche industriali e sulle politiche migratorie. Il passaggio più importante è il seguente: 

 Ovviamente non mi sfuggono la curiosità e l’interesse per la postura che il governo terrà verso le istituzioni europee. O ancora meglio, vorrei dire dentro le istituzioni europee. Perché è quello il luogo in cui l’Italia farà sentire forte la sua voce, come si conviene a una grande nazione fondatrice.

Meloni fa riferimento all’idea elitaria di Europa, cara al suo elettorato, ma aggiunge ai riferimenti propagandistici, l’assertività di membro dell’Unione che opera all’interno delle sue istituzioni, le com-partecipa: è un’enorme differenza di attitudine. 

Attacca in questo apertamente la sinistra, la destra vuole stare dentro ai consessi internazionali: 

Con spirito costruttivo ma senza subalternità o complessi di inferiorità, come troppo spesso è accaduto durante i governi della sinistra, coniugando l'affermazione del nostro interesse nazionale con la consapevolezza di un destino comune europeo


Impegni Nato collegati alla crisi energetica

Altro passaggio fondamentale è quello sulla guerra in Ucraina. C’è subito il ringraziamento alle forze armate

La patria vi sarà riconoscente

Ma anche qui c’è un salto di qualità. Per la prima volta Meloni collega gli impegni internazionali presi all’interno della Nato, con le richieste che l’Italia può avanzare in Ue sul fronte energetico. 

L’Italia continuerà ad essere partner affidabile in seno all’Alleanza Atlantica, a partire dal sostegno al valoroso popolo ucraino che si oppone  all’invasione  della Federazione Russa. Non soltanto perché non possiamo accettare la guerra di aggressione e la violazione dell’integrità territoriale di una nazione sovrana ma perché è il modo migliore per difendere anche il nostro interesse nazionale. Soltanto un’Italia che rispetta gli impegni può  avere l’autorevolezza per chiedere a livello europeo e occidentale, ad esempio, che gli oneri della crisi internazionale siano suddivisi in modo più equilibrato. È quello che intendiamo fare, a partire dalla questione energetica.


Rinvio dei provvedimenti in legge di bilancio

Meloni mette subito le mani avanti: la crisi energetica non permetterà al governo di fare la legge di bilancio che avrebbe voluto.

Sarà necessario mantenere e rafforzare le misure nazionali a supporto di famiglie e imprese, sia sul versante delle bollette sia su quello del carburante. Un impegno finanziario imponente che drenerà gran parte delle risorse reperibili, e ci costringerà a rinviare altri provvedimenti che avremmo voluto avviare già nella prossima legge di bilancio.

Ma oggi la nostra priorità deve essere mettere un argine al caro energia e accelerare in ogni modo la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e la produzione nazionale.


Iva ridotta e misure a favore delle aziende

È indispensabile intervenire con misure volte ad accrescere il reddito disponibile delle famiglie, partendo dalla riduzione delle imposte sui premi di produttività, dall’innalzamento ulteriore della soglia di esenzione dei cosiddetti fringe benefit e dal potenziamento del welfare aziendale. Allo stesso tempo dobbiamo riuscire ad allargare la platea dei beni primari che godono dell’ IVA ridotta al 5%. Misure concrete, che dettaglieremo nella prossima legge di bilancio, sulla quale siamo già al lavoro.

Meloni utilizza il discorso anche per dare qualche soddisfazione, rilancia il taglio dell’Iva sui beni primari, ovviamente misura non mirata ai redditi più bassi, ma a tutti, anche se sono le famiglie a reddito più basso su cui la spesa dei beni primari pesa di più. Poi elenca tutta una serie di misure a favore delle imprese: i premi di produttività detassati, il welfare aziendale. 


Aveva ragione l’Economist

Negli ultimi dieci anni l’Italia si è collocata negli ultimi posti in Europa per crescita economica e occupazionale, con la sola eccezione del rimbalzo registrato dopo il crollo del Pil nel 2020. Non a caso dieci anni durante i quali si sono succeduti governi deboli, eterogenei, senza un chiaro mandato popolare, incapaci di risolvere le carenze strutturali di cui soffrono l’Italia e la sua economia e di porre le basi per una crescita sostenuta e duratura.

Non se ne sarà accorta, ma la leader di FdI si riscopre a favore della tesi dell’Economist: il problema dell’Italia è stata la stabilità ed è lei, che per la seconda volta in pochi minuti rivendica il mandato popolare che le è stato dato dagli italiani che riporterà stabilità e quindi crescita al paese. 


La marcia indietro necessaria sugli investitori esteri

Per la crescita siamo naturalmente aperti a favorire gli investimenti esteri: se da un lato contrasteremo logiche predatorie che mettano a rischio le produzioni strategiche nazionali, dall’altro saremo aperti ad accogliere quelle imprese straniere che sceglieranno di investire in Italia, portando sviluppo, occupazione e know-how in una logica di benefici reciproci.

Dopo aver passato anni a criticare gli investimenti delle aziende estere nel nostro paese, questo era un passaggio necessario e dovuto, fatto nel momento in cui tutti i riflettori sono su di lei.


Cancellata l’eredità di Berlusconi

Eravamo consapevoli di quello che ci aspettava, come lo sono tutte le altre forze politiche, anche quelle che governando negli ultimi dieci anni hanno portato un peggioramento di tutti i principali fondamentali macroeconomici, e oggi diranno che hanno le ricette risolutive e sono pronte a imputare al nuovo governo, magari con il supporto di mezzi d’informazione schierati, le difficoltà che l’Italia affronta.

Questo passaggio la dice lunga su quale è la verità storica che Meloni fa sua. Viene cancellata la pesantissima eredità economica e di blocco della crescita dei governi di centrodestra degli anni Duemila. I problemi dell’Italia iniziano dieci anni fa, nel 2012. E i critici del governo hanno il supporto dei mezzi di informazione, come direbbero a Mediaset.


Tremonti diventa il padre del Pnrr

In questo contesto si inserisce il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Fondi raccolti con l’emissione di debito comune europeo per fronteggiare crisi di portata globale. Una proposta avanzata a suo tempo dal governo di centrodestra con l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti, per anni avversata, talvolta derisa, ed infine adottata. 

Sempre nella fase di riscrittura della storia, Meloni collega il Pnrr con la proposta di Eurobond dell’ex ministro della crisi del debito Giulio Tremonti. Se gli economisti di mezzo continente potessero ascoltare il suo discorso avrebbero molte obiezioni a proposito. Ma un tributo a un ministro mancato e sacrificato proprio nel nome della credibilità non si nega. 


Liberista che prova a fare la liberale

La libertà è il fondamento di una vera società delle opportunità; è la libertà che deve guidare il nostro agire; libertà di essere, di fare, di produrre. Un governo di centrodestra non limiterà mai le libertà esistenti di cittadini e imprese. Vedremo alla prova dei fatti, anche su diritti civili e aborto, chi mentiva e chi diceva la verità in campagna elettorale su quali fossero le nostre reali intenzioni

Nel suo discorso Meloni risponde agli attacchi sul tema dell’aborto e dice che non toccherà le libertà esistenti: significa solo che non tornerà formalmente indietro sui diritti civili, nulla più. Per di più il suo elogio alla libertà, introdotto da una citazione di Montesquieu, è costruito in modo da rivelare un credo liberista e non liberale


Una missione escatologica

Eravamo consapevoli del macigno che ci stavamo caricando sulle spalle, e ci siamo battuti lo stesso per assumerci quella responsabilità. Perchè? In primo luogo perché non siamo abituati a fuggire di fronte alle difficoltà, e in secondo luogo perché sappiamo che la nostra imbarcazione, l’Italia, con tutte le sue ammaccature, rimane «La nave più bella mondo», per riprendere la celebre espressione usata dalla portaerei americana Independence quando incrociò la nave scuola italiana Amerigo Vespucci. Una imbarcazione solida, alla quale nessuna meta è preclusa, se solo decide di riprendere il viaggio. Allora noi siamo qui per ricucire le vele strappate, fissare le assi dello scafo e superare le onde che si infrangono su di noi. 

Meloni attinge al registro narrativo che le è proprio ed è proprio alla sua generazione politica fatta di epopee alla Tolkien e missioni escatologiche da compiere


Il presidenzialismo anche da soli

Vogliamo partire dall’ipotesi di semipresidenzialismo sul modello francese, che in passato aveva ottenuto un ampio gradimento anche da parte del centrosinistra, ma rimaniamo aperti anche ad altre soluzioni. 

Vogliamo confrontarci su questo con tutte le forze politiche presenti in Parlamento,  per giungere alla riforma migliore e più condivisa possibile.  Ma sia chiaro che non rinunceremo a riformare l’Italia di fronte ad opposizioni pregiudiziali. 

Meloni è molto chiara anche sulle riforme istituzionali, quello su cui non è chiara è cosa intenda su opposizioni pregiudiziali, e quanto questo voglia dire tenersi le mani libere sulle riforme.


«Non disturbare chi vuole fare»

Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto. Perché la ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, non lo Stato tramite editto o decreto. E allora il nostro motto sarà “non disturbare chi vuole fare”.

Abbiamo bisogno di meno regole, ma chiare per tutti. E di un nuovo rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, perché il cittadino non si senta parte debole di fronte ad uno stato tiranno che non ne ascolta le esigenze e ne frustra le aspettative.

Il protezionismo si può coniugare con la deregolamentazione: nel suo discorso la premier ne fa una perfetta sintesi, la formula «Non disturbare chi vuole fare» e il riferimento allo «stato tiranno» è miele per il leader di Confindustria Carlo Bonomi.


Reddito di cittadinanza? Una sconfitta

Vogliamo mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili non in condizioni di lavorare: penso ai pensionati in difficoltà, agli invalidi a cui va aumentato in ogni modo il grado di tutela, e anche a chi privo di reddito ha figli minori di cui farsi carico. A loro non sarà negato il doveroso aiuto dello Stato. Ma per gli altri, per chi è in grado di lavorare, la soluzione non può essere il reddito di cittadinanza.

Per come è stato pensato e realizzato, il rdc ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia, oltre che per se stesso e per la sua famiglia.

Come si fa a non essere d’accordo sul fatto che chi è povero ha bisogno di aiuto e chi può lavorare è meglio che lavori? Certo, poi c’è la realtà studiata e analizzata in questi anni. Molti che percepiscono il reddito non sono in grado di lavorare per serie condizioni di disagio sociale. La relazione su come riformare il reddito di cittadinanza giace al ministero del Lavoro, abbandonata. Ma l’attacco retorico al reddito di cittadinanza è diventato uno strumento politico a basso costo ed è la voce di bilancio a cui la coalizione di governo è pronta a sottrarre risorse per le proprie misure bandiera


La Resistenza che non c’è

Libertà e democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali da sempre mi riconosco. E dunque, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso. Esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre. I totalitarismi del ‘900 hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo, in una successione di orrori che ha investito gran parte degli Stati europei. 

Giorgia Meloni condanna il fascismo, ma cita subito anche l’altro totalitarismo e nel passaggio successivo sarà ancora più chiara. 


Guerra civile fino agli anni Settanta

Da giovanissima il profumo della libertà, l’ansia per la verità storica e il rigetto per qualsiasi forma di sopruso o discriminazione  proprio militando nella destra democratica italiana. Una comunità di uomini e donne che ha sempre agito alla luce del sole e a pieno titolo nelle nostre istituzioni repubblicane, anche negli anni più bui della criminalizzazione e della violenza politica,  quando nel nome dell’antifascismo militante ragazzi innocenti venivano uccisi a colpi di chiave inglese. Quella lunga stagione di lutti ha perpetuato l’odio della guerra civile e allontanato una pacificazione nazionale che proprio la destra democratica italiana, più di ogni altro, da sempre auspica. 

Eccola qui la cornice ideologica della destra: non solo non c’è la Resistenza nella sua cornice di riferimento, ma c’è una guerra civile tra due parti protratta fino agli anni Settanta. 


Reti pubbliche

Intendiamo tutelare le infrastrutture strategiche nazionali assicurando la proprietà pubblica delle reti, sulle quali le aziende potranno offrire servizi in regime di libera concorrenza, a partire da quella delle comunicazioni. La transizione digitale, fortemente sostenuta dal Pnrr, deve accompagnarsi alla sovranità tecnologica, al cloud nazionale e alla cyber-security. 

Meloni sta parlando chiaramente di Tim, e del progetto di una rete pubblica già proposto dal suo partito, peccato che in mezzo c’è un problema che si chiama Bolloré.


Sovranità tecnologica

Vogliamo finalmente introdurre una clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale, anche sotto l’aspetto economico, per le concessioni di infrastrutture pubbliche, come autostrade e aeroporti. Perché il modello degli oligarchi seduti su dei pozzi di petrolio ad accumulare miliardi senza neanche assicurare investimenti non è un modello di libero mercato degno di una democrazia occidentale. 

Meloni torna a essere la leader di Fratelli d’Italia all’attacco di Autostrade, peccato che gli oligarchi seduti sui pozzi di petrolio in questo momento si chiama anche Cassa depositi e prestiti, che si fa adesso?


Un nuovo patto fiscale

Da questa rivoluzione copernicana dovrà nascere un nuovo patto fiscale, che poggerà su tre pilastri Il primo: ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all’insegna dell’equità: riforma dell’Irpef con progressiva introduzione del quoziente familiare ed estensione della tassa piatta per le partite Iva dagli attuali 65 mila euro a 100 mila euro di fatturato.

E, accanto a questa, introduzione della tassa piatta sull’incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente: una misura virtuosa, con limitato impatto per le casse dello Stato e che può essere un forte incentivo alla crescita. Il secondo: una tregua fiscale per consentire a cittadini e imprese (in particolare alle PMI) in difficoltà di regolarizzare la propria posizione con il fisco.

È il compromesso che ci si aspettava: alcune delle richieste della Lega combinate con quelle di Fratelli d’Italia, ma quelle meno dispendiose e limitate, mentre la cornice generale è la tolleranza verso l’evasione. 


L’eccezione autonomi

Meloni chiama gli autonomi «figli di un Dio minore» e giustamente dice di volere loro riconoscere tutele adeguate e in linea con quelle giustamente garantite ai lavoratori dipendenti.

Solo che tutele, assolutamente necessarie, uguali devono corrispondere a contributi uguali, ma non per la destra


Sulle pensioni ricetta Draghi

Intendiamo facilitare la flessibilità in uscita con meccanismi compatibili con la tenuta del sistema previdenziale, partendo, nel poco tempo a disposizione per la prossima legge di bilancio, dal rinnovo delle misure in scadenza a fine anno.

Sulle pensioni, come previsto e prevedibile, Meloni rinvia tutto: evita in un colpo solo il confronto con alleati e con i sindacati e copia la ricetta Draghi: continuare con quote riservate solo ad alcuni che verrano rinnovate anche per l’anno futuro.


La lotta all’evasione contro l’Agenzia delle entrate 

Il terzo: una serrata lotta all’evasione fiscale (a partire da evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva) accompagnata da una modifica dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle Entrate, che vogliamo ancorare agli importi effettivamente incassati e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora.

È un attacco diretto al sistema dell’Agenzia delle entrate che dal governo Draghi è stato accorpato all’agenzia di Riscossione. Il messaggio è molto chiaro: l’evasione è tollerata se è piccola evasione. 


Ambiente

Sappiamo che ai giovani sta particolarmente a cuore la difesa dell’ambiente naturale. Ce ne faremo carico. Perché, come ebbe a scrivere Roger Scruton, uno dei grandi maestri del pensiero conservatore europeo, “l’ecologia è l’esempio più vivo dell’alleanza tra chi c’è, chi c’è stato, e chi verrà dopo di noi”.

Proteggere il nostro patrimonio naturale ci impegna esattamente come la tutela del patrimonio di cultura, tradizioni e spiritualità, che abbiamo ereditato dai nostri padri affinché lo potessimo trasmettere ai nostri figli. Non c’è un ecologista più convinto di un conservatore, ma quello che ci distingue da un certo ambientalismo ideologico è che noi vogliamo difendere la natura con l’uomo dentro. Coniugare sostenibilità ambientale, economica e sociale. Accompagnare imprese e cittadini verso la transizione verde senza consegnarci a nuove dipendenze strategiche e rispettando il principio di neutralità tecnologica. Sarà questo il nostro approccio.

Chiarissima Meloni sull’ambiente. Il mantra è la cornice intellettuale della destra che vede nell’ambiente una dimensione più spirituale che evidenze scientifiche. E infatti la traduzione è semplice: neutralità tecnologica, cioè nessun obiettivo sull’elettrico, nessun sostegno alla fine del motore diesel. Oramai sono i sindacti Cgil e Uil in testa i soli a cercare di coniugare transizione e lavoro


Migranti

Come in ogni paese serio, dice Meloni, in Italia si entra solo legalmente con i decreti flussi. Troppi bambini sono morti nel Mediterraneo. Secondo la premier bisogna ripristinare l’operazione Sophia dell’Ue, che nella sua terza versione aveva il mandato di bloccare gli sbarchi. 

Qui è più quello che non dice rispetto a quello che dice: non c’è una programmazione dei flussi da diciotto anni, i decreti flussi annuali sono fatti senza contare le vere esigenze del paese. In sostanza la politica migratoria basata sull’idea del clandestino è quella che ha provocato l’aumento delle morti nel Mediterraneo. Parla, però, anche ai suoi e sembra rivelare una strategia sui dossier europei: non insistere sulla condivisione dei migranti, come aveva fatto Salvini naufragando, ma ripartire da quello che l’Ue al momento sembra essere disponibile a fare: gestione comune della protezione delle frontiere

Patto Mattei per l’Africa

Ecco, credo che l’Italia debba farsi promotrice di un “piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo.

Sul fronte dei rapporti con l’Africa, Meloni prende il riferimento più chiaro e alto: Enrico Mattei. E propone un ritorno da protagonista, come tutti i governi prima di lei hanno promesso, ma senza indulgere tanto nei temi della cooperazione, ma piuttosto economici e militari, modello Francia.


Commissione di inchiesta sul Covid

L’Italia ha adottato le misure più restrittive dell’intero occidente, arrivando a limitare fortemente le libertà fondamentali di persone e attività economiche, ma nonostante questo è tra gli Stati che hanno registrato i peggiori dati in termini di mortalità e contagi. Qualcosa, decisamente, non ha funzionato e dunque voglio dire fin d’ora che non replicheremo in nessun caso quel modello.

Occorrerà fare chiarezza su quanto avvenuto durante la gestione della crisi pandemica

Dopo aver attaccato chi ai giovani promette solo la «cannabis libera», Meloni rinfranca i suoi elettori anche sulla gestione della pandemia, ribadendo la più populista delle proposte da campagna elettorale: la commissione di inchiesta sulla gestione del Covid-19

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