Ciro Accetta, manager di Invitalia classe ’70, lo conoscono in pochi. Ma è l’uomo che lo stato italiano (e Domenico Arcuri) hanno deciso di piazzare nelle due società tricolori che dovrebbero aiutarci a vincere la battaglia contro la pandemia. Cioè Reithera, azienda di Castel romano che sta lavorando allo sviluppo del primo vaccino italiano anti Covid, e Toscana Life Sciences, srl che sta sviluppando anticorpi monoclonali made in Italy.

Il dirigente di San Sebastiano al Vesuvio da qualche giorno siede infatti nel cda delle due imprese a capitale pubblico-privato ed è di fatto il principale garante dei soldi – poco meno di 100 milioni di euro – che Invitalia ha investito nelle due aziende strategiche. Considerato da chi lo conosce bene «capace e preparato», la sua nomina non è stata però applaudita da tutti. Non solo perché Accetta, già direttore generale della società di lobby Reti fondata da Claudio Velardi, è considerato troppo vicino alla politica, tendenza Pd partenopeo. Ma anche perché da ex numero uno dell’Eav (una società di trasporti pubblici della Regione Campania che gestisce, tra le altre aziende, la Circumvesuviana) è stato accusato dalla Guardia di Finanza e dalla Corte dei Conti di aver sperperato, insieme ad altri ex dirigenti, quasi sei milioni di euro in incarichi di consulenza, assunzioni e «prestazioni di servizi ritenute illegittime e foriere di danno». Imputazioni gravi risalenti a qualche anno fa che, come vedremo, non sono mai state finora oggetto di sentenza.

Dal Vesuvio a Reithera

Partiamo dalla fine. Poche settimane fa Invitalia gira a Reithera (che ha un capitale sociale di appena 13 mila euro) ben 49 milioni di finanziamenti per la ricerca sul vaccino. Successivamente decide di entrare nell’azionariato, spendendo 15 milioni per comprarsi il 27 per cento delle azioni. Il controllo della srl resta in mano alla Keires, società anonima svizzera, ma a fine febbraio entra nel cda di Reithera anche Accetta. Che viene promosso da Arcuri anche nel board di Toscana Life Sciences, altra società di cui Invitalia ha comprato il 30 per cento delle quote sborsando altri 15 milioni (curioso come il valore dei due pacchetti azionari sia quasi identico).

Gli investimenti sono poderosi, e l’ex commissario vuole che nelle aziende vigili uno di cui ha fiducia. Accetta non ha lunga esperienza in Invitalia, ma ha un curriculum che parte da lontano. Laureato in Economia, nel 2003 è già dirigente del “Servizio Impresa” del Comune di Napoli. L’anno successivo viene promosso dal sindaco Rosa Russo Iervolino come ad della società Napoli Servizi. Dopo poco Accetta si cimenta nel lobbismo alle dipendenze dell’amico Velardi, ma nel 2007 torna a Napoli come direttore generale di Eav. Una neonata società creata dall’allora presidente della Regione Campania Antonio Bassolino per gestire gli investimenti da centinaia di milioni di euro nel settore della mobilità e del trasporto.

Nel 2015 arrivano le prime seccature: Accetta, che a fine anni Novanta risulta tesoriere dell’Associazione Mezzogiorno-Europa presieduta dall’ex presidente Giorgio Napolitano, finisce sui giornali a causa di un’inchiesta della Corte dei Conti, che addebita a lui e ad altri ex dirigenti di Eav una condotta «gravemente colposa» in merito a presunti sprechi per un totale di quasi sei milioni di euro.

Domani ha scoperto che l’indagine è finita su un binario morto a fine 2019. Accetta e gli altri cinque indagati, se nel merito hanno chiesto il proscioglimento di ogni addebito, hanno infatti eccepito in via preliminare il difetto di giurisdizione. La Cassazione nel 2018 gli ha dato ragione, chiarendo nel contempo che la vicenda doveva essere trattata da un giudice ordinario. A maggio 2019 una sentenza della Corte dei Conti prende atto e dichiara il suo «difetto di giurisdizione». In favore, però, dell’autorità giudiziaria ordinaria che dovrebbe decidere se i manager devo rifondere i danni oppure no. Al Tribunale civile di Napoli, però, oggi non c’è traccia del fascicolo. Come mai? Semplice: l’Eav ha lasciato decorrere i termini (sei mesi) entro i quali poteva proporre davanti ai giudici ordinari l’azione risarcitoria. Interpellata al telefono e vioa email, l’azienda regionale guidata dal deluchiano Umberto De Gregorio non ha dato spiegazioni.

Passione Pd

«Accetta è un manager con competenze giuridico-amministrative indicato nel pieno rispetto dei criteri e dei requisiti», dicono da Invitalia. Il napoletano non ha in effetti pendenze alcune. Il suo nome è citato solo in una segnalazione spedita tempo fa agli uffici dell’antiriciclaggio di Bankitalia in merito alla vendita, da parte di Invitalia Ventures e di Finlombarda Gestioni, della Microcinema. Una spa in dissesto finanziario – nel 2017 Accetta ne era il liquidatore – venduta per 60mila euro a una srl di Grumo Nevano «operante nel commercio all’ingrosso di calzature». La segnalazione spiega pure che Accetta si dimise subito dopo la cessione delle quote, e che - con un nuovo liquidatore al timone - dai conti della Microcinema escono in sei mesi quasi 700 mila euro a favore di «aziende» di Casoria «che non sembrano avere nulla a che fare con l’oggetto societario» della società.

«Accetta è bravo, ma ha rapporti con troppi politici», mugugna qualche suo collega. Amico di Bassolino e Andrea Cozzolino, il dirigente sedeva in effetti anche nel comitato elettorale di Valeria Valente, l’onorevole democrat che provò nel 2016 a diventare sindaco di Napoli, e che fu travolta dalle polemiche quando si scoprì che nelle liste di supporto alla sua civica “Napoli Vale” erano stati inseriti alcuni candidati a loro insaputa, compresa una ragazza con la sindrome di down. «Arcuri stima Ciro solo per le sue capacità professionali», ripetono dall’entourage dell’ex commissario. Sicuri che la fiducia sia ben riposta: anche perché i soldi pubblici investiti da Invitalia in Reithera e Tls sono tanti, e le aspettative sull’operazione – anche del nuovo governo Draghi – altissime.

 

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