Per capire la lentezza, ma forse sarebbe meglio dire l’immobilismo, con cui il nostro paese affronta qualsiasi processo di cambiamento, in particolare in campo politico, basta seguire l’ascesa e il declino dell’epopea berlusconiana.

Dal 1994 a oggi, quasi trent’anni di vita repubblicana, Silvio Berlusconi resta un ingranaggio del sistema. Quasi tutto sembra cambiare attorno a lui, ma l’ex premier resta. E non solo per gli strascichi delle sue vicende giudiziarie.

La giornata di ieri ne è un esempio fin troppo chiaro con la richiesta di legittimo impedimento, l’ennesima, per rinviare l’udienza del processo di Ruby Ter che doveva tenersi presso il tribunale di Milano. Il motivo è lo stato di salute di Berlusconi che però, a detta del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, non è altro che lo stato di salute di un «uomo vecchio che nel corso della sua vita ha avuto tante patologie» e questo non giustifica ulteriori rinvii. A scanso di equivoci, comunque, il tribunale ha deciso che l’ex premier venga sottoposto a una perizia medico legale così che si stabilisca, una volta per tutte, quali sono le sue condizioni.

Fin qui nulla di nuovo. Ma questa volta l’udienza è stata preceduta da un appello. Sull’edizione di Libero in edicola martedì 7 settembre, il direttore Alessandro Sallusti, si è rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendogli di concludere il suo mandato «riabilitando» il leader di Forza Italia e mettendo «fine alla più grande guerra, giocata nei tribunali e sui media, intrapresa contro un solo uomo».

Pensiero fisso

Anche l’appello di Sallusti, forse, non brilla per originalità. E i maligni l’hanno letto più che altro come un tentativo di mettere un po’ di pressione ai giudici che devono giudicare Berlusconi. Ma volendolo prendere sul serio, mentre il settennato di Mattarella si avvia a conclusione, l’argomento della riabilitazione dell’ex premier è tutt’altro che marginale.

Anzitutto è un vecchio pallino del leader di Forza Italia, che non ha mai accettato l’idea di essere ricordato dai posteri come un condannato espulso dal parlamento. Da anni quella di una possibile riabilitazione è forse l’unica priorità della sua azione politica. Ora, però, c’è uno spiraglio per utilizzarla come elemento di una trattativa più ampia: quella per il prossimo presidente della Repubblica.

L’uomo del Colle

Matteo Salvini ha posto la questione in termini un po’ diversi da quelli di Sallusti, spiegando che Berlusconi «fa bene a fare un pensierino al Quirinale». La matematica non esclude definitivamente questa possibilità. Al centrodestra, compatto, mancano una cinquantina di voti per eleggere un proprio rappresentante al Colle a partire dal quarto scrutinio (quando cioè basterà la maggioranza assoluta dei votanti). Certo non è semplicissimo ma nemmeno impossibile. Di sicuro è improbabile. Anzitutto perché difficilmente Salvini e Giorgia Meloni si incateneranno all’idea di Berlusconi capo dello stato. E poi che dire della salute?

Più probabile che l’ex premier e la sua richiesta di riabilitazione possano diventare un’arma per ottenere qualcosa al tavolo delle trattative. Una minaccia velata per condizionare gli altri partiti e convincerli a cedere qualcosa.

L’identikit

In questo quadro complessivo di ipotesi e ragionamenti resta un ultimo elemento da analizzare. Posto che la riabilitazione di Berlusconi sia il vero obiettivo del centrodestra, quale presidente potrà realizzarlo? Difficilmente Mattarella, che non ha mai amato il leader di Forza Italia e che, quando ha potuto, gli si è opposto fieramente. Meno impossibile Mario Draghi, che con l’ex premier ha comunque buoni rapporti (basta ricordare il loro incontro durante le consultazioni).

Di sicuro sarebbe un gesto che Pier Ferdinando Casini non faticherebbe a compiere. L’ex alleato, come rivelato da Repubblica, ad agosto ha fatto visita a Berlusconi in Sardegna.

Forse è stata solo una visita di cortesia, una rimpatriata tra vecchi amici. Che ancora oggi, dopo quasi trent’anni, potrebbero condizionare un passaggio importante per la storia del paese.

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