A ottobre andranno al voto 1.339 comuni tra cui 21 capoluoghi di provincia. Sarà la prima occasione di confronto elettorale tra i partiti dopo la formazione del governo Draghi, una prova per la proto-alleanza Pd-M5s e per il centrodestra tornato unito. Il dibattito politico e la comunicazione pubblica saranno inevitabilmente focalizzati sulle cinque città più grandi (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna) nelle quali risiede oltre il 10 per cento della popolazione nazionale, le quali tuttavia, è bene sottolinearlo, non sono rappresentative degli orientamenti dell’elettorato italiano, a causa della ormai nota tendenza alla divaricazione sotto questo profilo tra i grandi centri urbani e le aree periferiche o rurali.

In vista di questa tornata, all’Istituto Cattaneo abbiamo messo a punto un nuovo dataset e avviato un programma di ricerca per interpretare lo stato attuale dell’equilibrio elettorale tra le forze politiche e poi il voto in una prospettiva di lungo termine, oltre che per analizzare il modo in cui gli orientamenti di voto si distribuiscono all’interno del territorio comunale, nelle varie zone delle città, caratterizzate da diversi gradi di benessere dei residenti. La prima analisi, appena pubblicata, riguarda Milano. Per ogni dettaglio tecnico e la serie completa di dati e mappe rinvio i più appassionati a www.cattaneo.org.

La svolta del 2011

L’andamento nel tempo dei consensi per le principali forze politiche, rivisti in una prospettiva di lungo periodo, mostrano chiaramente come, a destra, né l’attuale vantaggio della Lega né l’attesa crescita di Fratelli d’Italia siano per Milano novità assolute. Nell’altro schieramento si nota un tendenziale assottigliamento dei voti per le liste collocate a sinistra del Pd. Mentre il M5s ha sempre ottenuto qui percentuali nettamente inferiori che nel resto del paese.

Tuttavia, l’elemento di maggiore interesse è quello che risalta se si guarda all’equilibrio complessivo tra le due macroaree di sinistra e di destra (includendo nell’una o nell’altra tutte le liste a sinistra o a destra del centro, anche quelle che non sono mai entrate in coalizioni). Questa drastica semplificazione ha il vantaggio di rendere evidente l’equilibrio politico di fondo che si è via via creato nell’elettorato milanese.

Viste così, risulta evidente come le vicende elettorali del comune di Milano trovino nella data del 2011 uno spartiacque tra due fasi ben distinte. Dal 1993 al 2010 l’area di destra e centrodestra, complessivamente considerata, è nettamente prevalente. Con le comunali del 2011, quelle che hanno portato alla vittoria di Giuliano Pisapia, si assiste a un ribaltamento dei rapporti di forza. Nonostante la crescita della frammentazione e l’entrata in scena del M5s, il nuovo equilibrio permane, con maggiore o minore intensità, in quasi tutte le elezioni successive, segno che il cambiamento del 2011 non riflette solo ragioni contingenti o le caratteristiche dei candidati a sindaco ma riflette un più profondo processo strutturale di riallineamento dei consensi elettorali.

Sarebbe tuttavia un grave errore assumere che questo cambiamento indichi una più ampia svolta nell’elettorato regionale. La mappa elettorale lombarda delle Europee 2019 segnala piuttosto Milano come una anomalia. Se si passa da Milano agli altri centri urbani della regione ai comuni intermedi e, infine, ai comuni rurali, le percentuali dei consensi del centrosinistra diminuiscono rapidamente mentre i consensi del centrodestra registrano, al contrario, un cospicuo aumento. Tanto che mentre a Milano sinistra+centrosinistra+M5s arrivano al 46,5 per cento, nelle aree rurali sono al 21,4 per cento e nel complesso della regione al 30 per cento.

Centro e periferia

Tornando a Milano, per leggere i risultati delle mappe elettorali cittadine va tenuta presente la sua peculiare geografia sociale. Milano rimane infatti una delle poche città italiane strutturata per centri concentrici nella quali, tendenzialmente, e con qualche semplificazione, si può dire che i più benestanti e istruiti (i socialmente centrali) stanno in centro, i meno benestanti e meno istruiti (i socialmente periferici) stanno in periferia. Lo si evince anche da dati che qui non possiamo presentare.

Essendo riusciti a riportare su mappa i dati elettorali dal 1993 al 2019 abbiamo potuto anche capire meglio quando e come si è verificato un fenomeno di cui si parla ormai da tempo. Quelle riportate in questa pagina rappresentano la differenza tra la percentuale dei voti ottenuto dalle liste ricomprese nella macroarea “destra+centrodestra” e la percentuale dei voti ottenuto dalle liste ricomprese nella macroarea “sinistra+centrosinistra” (trattandosi di una analisi che inizia nel 1993 e include fasi in cui il M5s si è variamente collocato i voti di questa forza politica non sono considerati). Quindi i gradi di blu indicano il prevalere più o meno netto della prima macroarea, i gradi di rosso un equilibrio opposto.

Il colore prevalente cambia – come si è detto – a partire dal 2011. Se fino a quella data, la città è – a volte interamente e intensamente – colorata di azzurro, dal 2011 si tinge di varie tonalità di rosso, che diventano via via più scure, spodestando il centrodestra da un numero crescente di zone, sino ad arrivare alle elezioni europee del 2014, l’anno del clamoroso exploit del Pd renziano.

Dopo il 2014 i rapporti di forza si fanno meno netti, diventano più cangianti. In mezzo a questi cambiamenti, emerge tuttavia una tendenza chiara, che ribalta per un altro aspetto la geografia elettorale cittadina. Ancora nel 2011, quando ha vinto Pisapia, il centrodestra era più forte al centro, il centrosinistra un po’ più forte in periferia. Dal 2016 l’equilibrio si inverte, e diventa via via più accentuato nelle successive consultazioni, sino alle europee del 2019 quando la trasformazione nella composizione sociale dei due elettorati pare completa.

Quindi, Giuseppe Sala parte in vantaggio, ma forse più che per la sua personale reputazione grazie al riallineamento elettorale del 2011, quando per la prima volta, dopo un predominio iniziato nel 1993, il centrosinistra è riuscito a battere il centrodestra, con Pisapia. E se ha l’ambizione di rappresentare con la sua (probabile) vittoria un esempio di buon auspicio per il centrosinistra a livello regionale o nazionale, oltre a vincere dovrebbe anche ricolorare di rosso la mappa elettorale delle periferie. Perché è lì che sta il problema.

 

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