Impasse Regionali, Meloni e Schlein unite dagli stessi problemi

Se il campo largo piange, il centrodestra non ride e il dossier regionali si trascinerà oltre la fine di agosto per entrambi gli schieramenti. Se inizialmente sembrava che il problema del candidato fosse solo per un regione – il Veneto per il centrodestra, la Campania per il centrosinistra – ora il virus dell’incertezza ha contagiato anche gli altri territori. I guai dei dem Per Elly Schlein si è aperta la grana della Puglia, dove i veleni locali si stanno mischiando con quelli nazionali. Sul primo fronte c’è il candidato in pectore, l’eurodeputato da 500 mila preferenze Antonio Decaro, che ha posto il veto sulle candidature dei due grandi ex presidenti, Michele Emiliano nelle liste del Pd e Nichi Vendola in quelle di Avs, spiegando di non potersi (e volersi) caricare sulle spalle vent’anni di governo. Questione di «agibilità politica», che però si è scontrata con il niet dei due ex al passo indietro e alla freddezza anche dei dem. Secondo i sondaggi, «in Puglia si vince con qualsiasi candidato» è la tesi di chi non ha mai visto di buon occhio l’ascesa dell’ex sindaco di Bari, anche come potenziale antagonista di Schlein al prossimo congresso. Capito che più la si lascia fermentare più la questione rischia di esplodere, il segretario della Puglia Domenico De Santis ha convocato per martedì 26 agosto la segreteria regionale «per tutelare l'unità del centrosinistra», è la motivazione. Del resto, la polemica ha svegliato Avs, che ha mal sopportato il metodo con cui sono maturate le candidature in Puglia, Calabria e Toscana. Nicola Fratoianni ha zittito Decaro, reo d’aver messo il naso in casa d’altri sindacando su Vendola: «Se non vuole candidarsi troveremo un altro». Il verde Angelo Bonelli ha rincarato la dose sul Corriere della Sera, criticando il dualismo Pd-M5S nella scelta dei candidati. «Abbiamo figure capaci in tutta Italia» e «nelle grandi città abbiamo superato il 10 per cento». Tradotto: anche Avs punta a esprimere candidati, se non alle regionali lo rivendicherà alle amministrative. «Schlein non ci dia per scontati, serve più equilibrio», è l’avvertimento di Fratoianni che guasta la festa per l’ufficializzazione della candidatura i Calabria del Cinque stelle Pasquale Tridico, dove Avs aveva proposto il sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi. Tutto mentre la questione campana è tutt’altro che risolta. Il nome dell’ex presidente della Camera Cinque stelle Raffaele Fico sembra ormai definitivo, ma ogni accordo rischia di essere scritto sull’acqua nella guerra tra fazioni locali dei dem. Da una parte l’uscente Vincenzo De Luca e il figlio e deputato Piero; dall’altra il braccio destro di Schlein ed europarlamentare, Sandro Ruotolo: entrambi puntano alla segreteria regionale del Pd di fine settembre e il rischio concreto è che si arrivi alla conta. In palio, la composizione delle liste per le regionali. Il M5s sforna candidati: Conte mette a frutto la linea unitaria di Schlein Meloni rimane in Italia A destra la situazione non è meno complicata e i focolai ancora aperti sono almeno due. Uno è quello del Veneto, dove il candidato è ancora lontano dall’essere individuato. La Lega dovrebbe aver spuntato di esprimere il successore di Luca Zaia, ma nulla è ancora ufficiale e il nome dovrà ottenere il placet degli alleati. Per questo Fratelli d’Italia ha il deputato Raffaele Speranzon pronto a subentrare in caso di impasse. II guaio, però, non è solo questo: Zaia è assolutamente deciso a presentare una lista col suo nome a fianco di quella della Lega. Una sgrammaticatura nella misura in cui lui non sarà candidato, ma anche un modo per dare continuità alle sue politiche e tenere nel centrodestra quel 44 per cento di veneti che hanno votato per la sua lista personale cinque anni fa. Oppure «un modo per tenere sotto scacco la nuova giunta», è la sintesi di un dirigente azzurro in regione. Infatti è arrivato subito il veto del segretario Antonio Tajani: «Non è che ogni leader fa una lista, serve un accordo politico». Lo stesso clima di burrasca si registra anche tra i ranghi meridionali. La Campania è in una situazione simile a quella veneta: dovrebbe spettare a FdI e si è fatto avanti il viceministro Edmondo Cirielli, ma il suo nome non ha scaldato i cuori del centrodestra locale – FI ha chiesto una candidatura femminile e civica – e anche a via della Scrofa permane qualche perplessità sull’utilità di sostituire un membro di sottogoverno. Non a caso nei giorni scorsi è emersa l’ipotesi di Mara Carfagna: la diretta interessata ha aperto alla sua disponibilità, ma Forza Italia non ha dimenticato il suo sdegnato addio agli azzurri per passare ad Azione. Anche se i big di centrodestra minimizzano, parlando di nomale dialettica di coalizione, un fatto dimostra quanto la situazione interna sia tesa. Giorgia Meloni ha confermato il rinvio della lunga trasferta – dal 31 agosto all’8 settembre – nell’Indo-pacifico (dal Bangladesh al Giappone, passando per Vietnam e Corea del Sud) che la avrebbe portata ancora lontana dall’Italia. Formalmente lo slittamento è dovuto alla necessità di seguire da vicino il processo di pace in Ucraina dopo il vertice di Washington. Fonti di FdI però hanno aggiunto che la premier avrebbe mal tollerato gli ultimi scontri interni: sia quelli locali per le regionali sia il pasticcio intorno al ministro della Salute Orazio Schillaci. Per ora non sono previsti vertici straordinari con Tajani e Salvini, ma è ben chiaro a palazzo Chigi che la vicenda regionali va affrontata e chiusa, perché il tempo inizia a stringere (in Toscana, è stata ufficializzata la candidatura di Alessandro Tomasi). Intanto, si vedranno il 28 agosto per il primo Consiglio dei ministri post estate. Le regionali possono essere la svolta del centrosinistra