L’autonomia differenziata del ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli rischia di avere ancora una lunga strada di fronte a sé prima di provocare effetti tangibili sul lavoro delle regioni.

Sabato e domenica si vota alle regionali in Lombardia e i leghisti sono riusciti, in extremis, a portare a casa una piccola vittoria su un tema che potrebbe permettergli di arginare quella che si preannuncia come una batosta senza precedenti. Non tanto perché il governatore uscente Attilio Fontana dovrebbe mancare la rielezione, quanto perché FdI si appresta a diventare prima partito doppiando, se non triplicando i voti della Lega.

Il problema

Fatto sta che il testo, agitatto come una bandiera da Matteo Salvini e dai suoi, non risolve tutti i problemi sul tavolo. La questione principale riguarda i Livelli essenziali di prestazione, cioè lo standard dei servizi che saranno offerti dalle regioni nelle materie che prima non gestivano.

I Lep saranno definiti con un decreto della presidenza del Consiglio, strumento caro a Giuseppe Conte durante la pandemia ma che Giorgia Meloni ha mostrato di saper padroneggiare (già 15 finora di Dpcm). Già questo è un elemento controverso, secondo alcuni detrattori anche anticostituzionale, della riforma. Ma l’aspetto pratico riguarda un altro versante della vicenda, quello dei fabbisogni standard.

I fabbisogni sono i coefficienti di riparto: si possono paragonare alle tabelle millesimali dei condomini, che determinano il valore di ogni proprietà all’interno del complesso. Sono essenziali per la determinazione del Lep, perché stabiliscono quanto la regione ha diritto a ricevere.

Il ruolo della Sose

Li elabora attraverso un algoritmo, Soluzioni per il sistema economico (Sose), una delle controllate del ministero dell’Economia, insieme alla commissione tecnica per i fabbisogni standard, che fa capo alla presidenza del Consiglio.

Senza i fabbisogni, per stabilire i fondi che andranno alla regioni va fatto ricorso alla spesa storica, un criterio che si basa sulla fotografia dello status quo: i soldi utilizzati nel momento dell’intesa con il governo saranno gli stessi corrisposti anche in futuro. Un metodo che era previsto come strumento da utilizzare in attesa della definizione dei Lep nelle prime versioni del testo per far partire comunque le intese con le regioni. Senza poter ricorrere alla spesa storica, la via dell’autonomia si fa più complicata. Per stabilire i Lep c’è bisogno di tempo, ma lo stesso vale per l’elaborazione dei fabbisogni standard. Finora la Sose ha lavorato soprattutto per definire quelli dei comuni, che li utilizzano già da tempo.

Cominciare a lavorarci anche per le regioni significa veder passare altri mesi. La controllata dispone già in parte dei dati necessari, ma alcune delle funzioni che dovrebbero essere trasferite non sono ancora state monitorate. Una volta raccolti i dati necessari, si apre un’altra questione: per elaborare il fabbisogno, c’è necessità di un’indicazione politica su come valutare ciascuna delle funzioni che vengono prese in considerazione dall’algoritmo.

Insomma, per ora la strada verso l’autonomia è lastricata più che altro di buone intenzioni.

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