Dentro le Ferrovie dello Stato è in corso una guerra per il potere. Una battaglia per il controllo dell'azienda industriale più importante del Paese che vede in campo due eserciti contrapposti, guidati dall'amministratore delegato Gianfranco Battisti, uomo vicinissimo ai Cinque Stelle, e da colonnelli vicini al presidente Gianluigi Vittorio Castelli, indicato dalla Lega. Questa guerra si intreccia con uno tsunami giudiziario intorno alla soccietà pubblica controllata dal ministero dell'Economia. Su Fs e le sue controllate sono stati aperti una mezza dozzina di filoni investigativi.

Ci sono quelli delle procure antimafia di Milano e Napoli, che indagano su presunte infiltrazioni di 'ndrangheta e camorra casalese negli appalti per la gestione e manutenzione della rete ferroviaria.

Mentre i magistrati romani stanno cercando di capire come mai Generali è diventata monopolista assoluta nel business dei premi assicurativi pagati da Fs, e la ratio di alcune polizze infortuni milionarie incassate dai dirigenti apicali del gruppo, in primis Battisti.

Ma Domani ha scoperto che Piazzale Clodio sta indagando anche su altre vicende inedite. Riguardano gravi anomalie su un bando di gara per la gestione di tutte le reti informatiche delle Ferrovie, gara che vale oltre mezzo miliardo di euro: l'inchiesta è partita dopo che qualcuno ha mandato in procura le conclusioni di alcuni audit interni, di cui – attraverso fonti interne alle Fs – siamo riusciti a conoscere il contenuto.

Ma non è tutto. La resa dei conti dentro Ferrovie sta facendo vittime illustri: mentre esposti, denunce e controesposti tra le fazioni in campo continuano ad arrivare sulla scrivania delle procure, Battisti ha deciso di sostituire una serie di dirigenti apicali a lui sgraditi. In gran segreto è saltato il capo del personale, quello del risk management, il manager delle assicurazioni, il numero uno del legale e gli amministratori delegati di Federservizi (la stazione appaltante dell'azienda) e quello di Fs Technology. Alcune poltrone sono state subito occupate da nuovi fedelissimi dell'ad, altre restano ancora vacanti. «In azienda è una babele», dicono ora gli scontenti «e presto le cose potrebbero peggiorare ancora».

Inchieste e denunce

La grande guerra in Ferrovie comincia poco la nomina dei nuovi vertici voluti dal governo giallo-verde. Senza aspettare la scadenza del mandato, l'ex ad scelto da Matteo Renzi Renato Mazzoncini viene allontanato a luglio 2018. L'allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, con il placet di Luigi Di Maio, sceglie come successore un dirigente interno delle Fs: Gianfranco Battisti, allora direttore della divisione passeggeri e dell'Alta velocità di una controllata di Fs, Trenitalia.

Ex funzionario della Fiat, assunto negli uffici romani di piazza della Croce Rossa a fine anni Novanta, Battisti è un navigato uomo d'azienda, con buone relazioni nei palazzi. Eccellenti entrature in Vaticano (è amico di monsignor Liberio Andreatta, già dominus dell'Opera Romana Pellegrinaggi e oggi membro del cda della Fondazione Fs italiane), dopo il trionfo di Di Maio e Salvini capisce che può essere il suo momento. In lizza per la poltrona più prestigiosa della sua società ci sono nomi altisonanti, ma Battisti punta sui grillini, e viene – a sorpresa – nominato nuovo ad con uno stipendio, scrive Gianfrancesco Turano sull’Espresso, di 800mila euro l’anno.

I rapporti con il nuovo presidente Gianluigi Vittorio Castelli, un professore esperto di cibernetica e sviluppo software, inizialmente sono cordiali. Idem quelli con i dirigenti di prima fascia. I primi attriti cominciano quando Battisti decide di azzerare la struttura di risk management creata da Mazzoncini nel 2016. A dirigerla era stato chiamato Giovanni Conti, già responsabile per tre lustri del controllo di gestione a Monte dei Paschi, uomo con la schiena dritta e uno dei principali teste dell'accusa nel processo che terremoterà la banca senese.

Conti da Mazzoncini aveva avuto la delega anche sul delicato reparto assicurazioni. Gli appalti per le coperture dei rischi andavano, con percentuali vicine al 95 per cento, alle Assicurazioni Generali. Dal 2011 al 2019 il colosso di Trieste incassa da Ferrovie quasi mezzo miliardo di euro, alla concorrenza soltanto le briciole. Dopo aver assunto l'esperto Marco Binazzi, Conti, a novembre 2017, modifica i criteri per le gare. Gli obiettivi sono molteplici: far risparmiare alle Ferrovie decine di milioni (i premi pagati scendono di quasi il 40 per cento) e aprire alla concorrenza separando i vari rischi (infortuni, responsabilità civile, incidenti) e pure i “livelli” di rischio: se alcune compagnie sono specializzate sulla copertura assicurativa di piccoli eventi frequenti, altre sono esperte in casistiche – come l'incidente di Viareggio – a bassa frequenza ma enorme gravità.

Conti e Mazzoncini, infine, coi nuovi bandi vogliono anche ottenere maggiori informazioni rispetto al passato, obbligando i vincitori a consegnare report mensili sui vari reparti di competenza. Compresi quelli su alcuni risarcimenti milionari ottenuti da alcuni dirigenti apicali.

Saltato Mazzoncini, Battisti risolve il contratto di Binazzi e restituisce la gestione delle assicurazioni alla direzione centrale finanza, che aveva sempre premiato – con gare europee – la candidatura di Generali. Conti viene messo in un angolo e due mesi fa è stato estromesso da direttore del sistema dei controlli dell'azienda: sul sito Fs la casella dello chief risk officier è, a differenza degli altri manager di prima fascia, vuota e senza foto.

La polizza dei misteri

Possibile che il manager sia stato messo da parte per il suo lavoro considerato “scomodo”, o si tratta invece di un spoil system? Non lo sappiamo. Di certo i pm Claudia Terracina e Fabrizio Tucci la scorsa settimana hanno perquisito gli uffici di Fs e Generali. Alla ricerca di indizi su ipotetici “do ut des” che spieghino i motivi del monopolio del colosso triestino (responsabile delle gare nel settore assicurazione fino al 2016 è stato Raffaele D'Onofrio, considerato uomo di fiducia di Battisti).

Generali esclude con forza ogni presunta mazzetta, favore o utilità di sorta. Qualche giornale ha scritto, dopo le perquisizioni, che Battisti «ha ricevuto 1,6 milioni di euro per una caduta in bagno nel 2014», e il manager ha annunciato subito querela per diffamazione. Domani ha visionato alcuni documenti riservati: l'infortunio dichiarato da Battisti è avvenuto in una domenica del dicembre del 2015, e non nella casa del manager a Fiuggi come qualcuno ha scritto, ma in via di Villa Patrizi a Roma, dov'è la sede delle Fs. A settembre del 2016, a chiusura del sinistro, l'attuale ad prende dal ramo infortuni di Generali “solo” 153mila euro.

A questi, però, va aggiunta un'altra quietanza, di 1.587.965 euro. Stavolta per una «malattia», ma non provocata dall'incidente. Il danno richiesto infatti è precedente, visto che il “sinistro” è denunciato nel marzo del 2014, e la polizza viene pagata dal «ramo malattie» di Generali a dicembre dello stesso anno. Chi scrive conosce la patologia diagnosticata per ottenere l'indennizzo, ma per adesso motivi deontologici e di privacy impediscono di dare dettagli.

È un fatto che il risarcimento, che si basa anche sull'entità dello stipendio e sui punti percentuali di invalidità, sia uno dei più alti mai ottenuti dentro Fs. E che fortunatamente Battisti, nonostante l'infermità dichiarata sia dai medici aziendali che da quelli di Generali e da periti terzi, abbia potuto continuare a lavorare e coronare il sogno diventando numero uno delle Fs..

Appalti e software

Anche se nella vicenda Fs-Generali i sospetti dei pm sono ancora tutti da dimostrare, e supponendo che i mega risarcimenti di Battisti siano del tutto regolari, è difficile che nel gruppo torni presto la pace. Esiste infatti anche un altro filone d'indagine sulla gestione di altri appalti da capogiro che promette di aprire scenari ancora più preoccupanti sull'azienda statale. Domani ha letto il contenuto di un audit interno e parlato con più fonti di Fs ed è in grado di ricostruire i profili della vicenda.

Al centro dell'affaire c'è Ferservizi. Una spa controllata al 100 per cento da Fs che bandisce quasi tutte le gare del gruppo. Tra queste, sono finite sotto la lente d'ingrandimento dei comitati di controllo aziendali anche quelle da 2,6 miliardi nel settore informatico e telematico. Uno di questi bandi ha infatti subito un percorso acidentato.

Si tratta in una gara da ben 558 milioni di euro per «la gestione sistemistica e delle infrastrutture hardware e delle reti tlc» del gruppo, bandita nel 2019 con durata di quattro anni. Nel settore informatico di Fs, da anni, comanda Almaviva: il gruppo tecnologico presieduto da Alberto Tripi da decenni fa incetta di appalti.

Il bando del nuovo, ricco, contratto viene elaborato a più mani: un manager di Ferrovie, Gianfranco Laganà, è responsabile del capitolato. Nell'impresa viene affiancato anche da consulenti di Ernst&Young. Questi ultimi, quando viene pubblicato il documento sulla Gazzetta ufficiale, si accorgono che alcuni dettagli fondamentali del bando non sono quelli da loro approvati nella versione definitiva. Le anomalie riguardano i punteggi dei criteri di aggiudicazione, e indicazioni su datacenter che potrebbero favorire una azienda partecipante piuttosto che un'altra. Sconcertati, i consulenti avvertono subito i vertici. In particolare l'amministratore delegato di Fs Tecnology Alessandro La Rocca, che un anno prima aveva indicato Laganà come direttore tecnico del bando, e Francesco Rossi, storico ad di Ferservizi.

Vengono subito pubblicate gli “errata corrige” e le rettifiche al bando sul supplemento della gazzetta ufficiale dell'Unione europea (si possono leggere anche sul sito delle Fs), ma Rossi e La Rocca avvisano dell'accaduto Battisti e Castelli, oltre al capo della protezione aziendale Franco Fiumara, un ex capitano della Guardia di Finanza che lavora in Fs dal 1995.

A novembre 2019 parte un audit sulla vicenda del bando elaborato dagli esperti di PwC, il mese dopo una commissione d'inchiesta interna voluta da Battisti in persona. Quali sono le risultanze? Ad oggi non lo sappiamo. Da fonti aperte risulta che Rossi non sia più a Ferservizi (che non ha ancora un nuovo ad né un direttore generale) mentre Rocca è stato sostituito a Fs Tecnology ad agosto con un altro manager interno di fiducia di Battisti, Danilo Gismondi.

I motivi del valzer di poltrone restano sconosciuti e non sappiamo se i magistrati romani, una volta ricevuto l'esposto da Fs, abbiano individuato se gli “errori” nella pubblicazione del bando servissero o meno a truccare la gara, affinché fosse favorita una cordata piuttosto che un'altra. Oppure se tutto è regolare. L'appalto da mezzo miliardo non è stato aggiudicato. Qualche giorno fa è stato pubblicato sul sito Fs l’ annuncio che la procedura «è stata interrotta». Probabile che Almaviva, che pure avrebbe partecipato al nuovo bando, non si strapperà le vesti: guadagnerà ancora a causa dell'inevitabile proroga che i vertici di Fs dovranno darle.

Il regno di Battisti

I due eserciti di Battisti e Castelli (che ha sempre considerato un grave errore mettere in un angolo manager di peso come Conti) sono arrivati ai ferri corti. Gli esposti e le denunce interne sono cominciate a fioccare come neve a fine 2019, e il flusso non si è più interrotto.

Alcuni dossier sono arrivati anche sulla scrivania di Elisabetta Scosceria, storica manager della partecipata e fino a poche settimane fa influente direttore centrale legale di Fs. Scosceria sedeva anche nel comitato etico di Fs, un organismo che decide cosa fare di lagnanze e accuse assortite: archiviarle quando manifestamente infondati, ordinare audit aziendali, o mandare gli incartamenti in procura.

L'avvocato, che solo a luglio 2018 vinceva il premio “Direzione Legale dell'anno” dei Toplegal Award, è considerata dagli amici una fanatica della trasparenza, ma pure lei è andata via da Fs all'improvviso, qualche settimana fa.

Qualcuno dice che vi siano state inconciliabilità con l’ad, soprattutto in merito alla gestione gli esposti. Contattata, spiega solo che la sua uscita da Ferrovie è stata «consensuale». Altro non aggiunge: «Non parlo con la stampa». Sappiamo che privarsi della Scosceria è costato caro all'azienda: la sua liquidazione è vicina a 1,4 milioni di euro.

Al suo posto Battisti ha chiamato Guglielmo Bove, che proviene dall’Atlantia dei Benetton dove seguiva la security. Il legale fu promosso nel 2019 anche ai vertici della Spea, altra azienda del gruppo, dopo che la società e i suoi vecchi responsabili erano finiti nell'inchiesta sui falsi report circa lo stato dei viadotti gestiti da Autostrade, controllata dalla stessa Atlantia.

Bove ora potrebbe prendere il posto della Scoceria anche nel comitato etico. Dove siede ufficialmente (ma forse ancora per poco) anche Riccardo Pozzi, ex potente capo del personale del gruppo, silurato da Battisti qualche giorno fa. Perché considerato – dice una fonte vicino al presidente Castelli – non sufficientemente allineato alle policy del numero uno. «Falso, è un semplice avvicendamento», chiariscono invece dagli uffici di Battisti.

Al posto di Pozzi, l’amministratore ha nominato un altro manager che considera, da sempre, fidatissimo, Angelo Sferrazza, laureato in filosofia ed ex dirigente di Trenitalia. «È una mattanza, Battisti vuole una prima linea a sua immagine e somiglianza, vuole controllare ogni cosa» protestano da piazza della Croce Rossa, dove in molti si attendono sviluppi dalle inchieste giudiziarie in corso. Vedremo.

È certo invece che i pretoriani di Battisti stiano stravincendo la partita contro i loro avversari interni. Dalla sua, il capoazienda può anche vantare risultati aziendali (fino all'arrivo del Covid 19) di tutto rispetto, anche se i critici sostengono che il boom del 2019 sia frutto soprattutto dei piani industriali ideati precedentemente da Mazzoncini.

I fedelissimi

Tranne poche eccezioni gli scandali di Fs – in primis la vicenda delle polizze delle Generali – non sono finiti su telegiornali e quotidiani. Anche grazie anche alle abilità professionali dei capi della comunicazione esterna del gruppo.

La squadra è capeggiata da Angelo Bonerba, assunto da Battisti nel 2018, professionista abituato a governare informazioni e notizie nelle crisi aziendali. Nel 2016 è stato chiamato alla banca Popolare di Bari dell'allora patron e presidente Marco Jacobini, poi arrestato a inizio 2020, per curare le relazioni esterne dell'istituto finito nella tempesta delle inchieste giudiziarie.

Prima ancora ha lavorato per sei anni a Finmeccanica (oggi Leonardo) a riporto diretto del capo della comunicazione Marco Forlani, poi a quello dell’allora numero uno Pierfrancesco Guarguaglini. Bonerba (a cui Cesare Lanza nel 2017 diede “7-” come voto in una classifica dei lobbisti più bravi del Paese: «è molto qualificato per il ruolo che ricopre: è determinato, edotto e versato») non è l'unico ex Finmeccanica voluto da Battisti: a luglio 2020 è stato assunto in Fs come direttore per le Strategie e l'innovazione anche Francesco Quintano. Una carriera tra Selex, Alenia e Telespazio, tutte controllate da Leonardo. Nel 2018 è stato nominato anche capo anche dello staff dell'amministratore delegato Alessandro Profumo.

L'inchiesta sulle polizze è solo in fase embrionale, idem quella sulla gara tecnologica, e va sottolineato che ad ora non sono accertati reati. Il pasticcio del bando di gara, gli audit e il cambio vorticoso dei manager da parte di Battisti sono invece fatti evidenti. Non sappiamo cosa accadrà a breve, ma la politica guarda con attenzione agli sviluppi della vicenda: i vertici di Ferrovie scadono tra pochi mesi, e i partiti – nel caso l'ad e il presidente si indebolissero – stanno già disegnando strategie per rimpiazzarli.

 

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