All’ombra della legge di Bilancio e dei provvedimenti pre natalizi, il cosiddetto decreto Migranti verrà approvato oggi pomeriggio alla Camera con un voto blindato dalla fiducia. A quel punto, il già annunciato ostruzionismo del centrodestra potrà solo di poco allungare i tempi con una lunga sequela di ordini del giorno da discutere in aula.

Il provvedimento che modifica i decreti Sicurezza dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini arriverà però non prima della settimana prossima al Senato dove, fanno sapere dal ministero per i Rapporti con il parlamento, lo attende un altro probabile giro di fiducia.

La motivazione ufficiale è quella consueta: i tempi stretti, strettissimi prima della scadenza del decreto, il 20 dicembre. Una ventina di giorni per chiudere la partita a Palazzo Madama già ingolfato dai decreti Ristori.

Cinque stelle divisi

Anche se nessuno lo dice ufficialmente, l’ennesima questione di fiducia ha un’altra utilità, tutta politica. Contenere, e possibilmente nascondere sotto il tappeto, l’insofferenza di una parte del Movimento 5 stelle che considera il nuovo testo sull’immigrazione troppo morbido.

La frattura si è resa visibile durante i lavori della commissione Affari costituzionali alla Camera. In due occasioni, più di venti deputati Cinque stelle hanno presentato emendamenti identici alle proposte del centrodestra.

Il primo voleva eliminare l’articolo del decreto che consente di convertire alcune tipologie di permessi di soggiorno in permessi di lavoro, il secondo puntava a reintrodurre la confisca e il sequestro delle navi Ong, com’era previsto dal secondo decreto Sicurezza. Sono stati entrambi bocciati dalla maggioranza in commissione, ma alcune voci di malcontento potrebbero tornare a farsi sentire oggi pomeriggio in aula. O ancora peggio al Senato, dove i numeri di Partito democratico e Movimento 5 stelle sono sempre più ballerini.

«Darò la fiducia al governo, non al provvedimento - dice Alvise Maniero, deputato Cinque stelle fra i firmatari degli emendamenti “dissidenti” - non so alla fine in quanti voteranno contro, ma penso che molti nel Movimento non siano contenti di questo decreto che riapre i confini indiscriminatamente».

Sotto traccia, va in scena l’ennesimo inciampo sulla collocazione politica di una forza di governo che non vuole dirsi né di destra né di sinistra e in cui, ciclicamente, qualcuno rimane con il mal di pancia.

«Non c’è stata una sintesi all’interno del Movimento - dice Maniero - il decreto è solo il risultato della volontà del Pd e di quei parlamentari Cinque stelle da sempre vicini alle loro posizioni».

Che cosa prevede il decreto

Dopo più di un anno, il secondo governo Conte ha rispettato la promessa di rivedere i decreti Sicurezza, su cui pesavano i rilievi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il nuovo testo introduce la protezione speciale, simile alla protezione umanitaria cancellata da Matteo Salvini, ripristina il sistema di accoglienza diffuso e ridimensiona le multe alle Ong.

Si allargano le possibilità di convertire i permessi di soggiorno in permessi di lavoro. I richiedenti asilo potranno nuovamente essere iscritti all’anagrafe dei comuni italiani, cancellando così il divieto introdotto dal primo decreto Sicurezza e ritenuto incostituzionale a luglio 2020 dalla Consulta.

Cos’è cambiato alla Camera

Il decreto è stato modificato dalla commissione Affari costituzionali in quella che sarà probabilmente la forma definitiva. I tempi per ottenere una risposta alla domanda di cittadinanza, innalzati a quattro anni dal primo decreto Sicurezza, sono stati riportati a due (erano tre in una versione iniziale del decreto).

Un’altra novità significativa introdotta dalla commissione riguarda il cosiddetto decreto Flussi, il provvedimento con il quale l’esecutivo stabilisce ogni anno le quote di ingresso dei cittadini non comunitari che possono entrare in Italia per motivi di lavoro.

Il governo non dovrà più rispettare il tetto dell’anno precedente nel caso non emanasse un nuovo decreto entro il 30 novembre. E con un emendamento delle due deputate Laura Boldrini e Barbara Pollastrini si impedisce esplicitamente l’espulsione di un migrante che nel Paese di origine sia a rischio per motivi legati al suo orientamento sessuale o all’identità di genere.

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