«La legge sul fine vita finisce come la Zan». A taccuini chiusi, sono molti i deputati che sono pronti a scommetterlo. Stavolta senza troppi traumi, ma con la messa in scena di molti conflitti, la legge Bazoli che da lunedì 13 dicembre inizierà il suo iter in aula a Montecitorio si avvia a essere bocciata in uno dei tanti voti segreti che è facile prevedere. Ma con calma. Non subito, e forse neanche dopo le feste, ma dopo l’elezione del capo dello stato. Dopo la discussione generale, che si concluderà probabilmente già la prossima settimana, ci sarà un primo stop. Il secondo rinvio probabilmente arriverà a gennaio.

Finta soddisfazione dal Pd

Il 9 dicembre in seduta congiunta le commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera hanno concluso il primo esame del testo sul suicidio assistito. Alfredo Bazoli, cattolico e capogruppo Pd in commissione Giustizia – e primo firmatario della legge insieme al grillino Nicola Provenza – ha ringraziato tutti, anche le destre, per «lo spirito costruttivo» in commissione e si è augurato «che lo stesso spirito di confronto e dialogo possa essere mantenuto anche in aula, per consentire al parlamento di approvare una legge in linea con i princìpi e le raccomandazioni della Corte costituzionale, su un tema delicato che ci riguarda tutti senza distinzioni».

Il riferimento è alla sentenza numero 242 del 2019, arrivata dopo anni di disobbedienza civile e battaglie legali di Marco Cappato, ex parlamentare radicale, per il caso di dj Fabo, morto in Svizzera con il suicidio assistito il 27 febbraio del 2017.

Ma c’è davvero poco da stare allegri, secondo Riccardo Magi, di +Europa e fra i promotori del referendum sull’eutanasia legale: «Vedo un giubilo immotivato per l’approvazione in commissione di un testo sul fine vita che è gravemente insufficiente e stranamente sbrigativo, dopo anni di inadempienza».

Secondo il radicale italiano ci sono almeno tre motivi perché la legge possa essere considerata un «indietreggiamento» rispetto alla sentenza della Consulta: «Si richiede per il malato che voglia scegliere il suicidio assistito la presenza di sostegni sanitari vitali, e con questo si escludono alcune tipologie di malati oncologici; si prevede che i malati debbano essere coinvolti in percorsi di cure palliative, una norma assai fumosa, peraltro non si capisce il concreto significato del concetto di “coinvolgimento”; e infine l’obiezione di coscienza rischia di svuotare la legge, almeno in alcune regioni in cui aderirà la totalità dei medici, come già avviene per la legge 194 sull’interruzione di gravidanza».

Insomma la verità sarebbe che sono stati rimessi all’aula tutti i nodi sensibili, che dovevano essere affrontati in commissione. E i voti segreti faranno la loro parte per abbattere la legge. Anche secondo Magi «il testo farà la stessa fine del ddl Zan».

Come la Zan, anzi peggio

Ma se per la Zan si poteva concedere al Pd il beneficio della buona volontà, in questo caso traspare la scelta consapevole di portare in aula una legge pur che sia, da immolare al solo scopo di scaricare sulla destra – che il testo non lo vuole e che in commissione ha imposto emendamenti che poi non ha votato – tutta la responsabilità di un nuovo fallimento. Anche stavolta per coprire malumori interni. Raccontando, come fanno al Nazareno, un’altra storia, molto edificante, e cioè quella di «avere imparato la lezione della legge Zan» e cioè di «non aver personalizzato» la legge, e di «non aver agitato bandierine e aver cercato al massimo un percorso condiviso».

E invece le cose stanno diversamente anche secondo Marco Cappato, fra l’altro anche tesoriere dell’associazione Luca Coscioni e promotore della campagna «Eutanasia legale», e secondo Matteo Mainardi, coordinatore della campagna. «Se approvato rappresenterebbe un passo indietro rispetto alla stessa sentenza della Corte costituzionale», dicono in una nota congiunta, «Dopo tre anni di attesa, parlamentari stanno dedicando poche ore per approvare norme che restringono l’applicazione della legge già in vigore grazie alla sentenza della Consulta, perché introducono l’obiezione di coscienza ed escludono la sofferenza di natura solo psichica». Il disegno di legge è «un’occasione mancata» anche perché non prevede termini certi «per evitare boicottaggi istituzionali» come quello in atto contro “Mario” (l’uomo marchigiano che da anni chiede di poter morire, ndr) e perché conferma la discriminazione dei pazienti che non sono «tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale, come i malati di cancro, che sono i casi più frequenti di richiesta di aiuto a morire».

La Corte di Cassazione ha comunicato che le oltre 500mila firme sul referendum sull’eutanasia legale sono valide. «Lo sapevamo, ma è una buona notizia», twitta Cappato. Con un parlamento così atterrito dallo scontro, e una maggioranza di governo affaccendata in tutt’altro, la strada della legge ancora una volta è quella del referendum. Sempreché la Consulta ammetta il quesito, il termine è entro il 10 marzo.

© Riproduzione riservata