Il meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione è, come ogni anno, la platea in cui si pesano e si parlano i ministri di ogni esecutivo. Ieri è stato il momento di Raffaele Fitto, il ministro per gli Affari europei ma tra i più attenzionati per la delicata delega al Pnrr. Silenzioso sul tema di scontro a destra, il libro del generale Roberto Vannacci, Fitto ha invece scelto di dire chiaramente con quale parte del governo sta sui conti: «Riprendo da dove ha lasciato ieri il ministro Giancarlo Giorgetti», ha detto, «se non si trova accordo su questo nuovo modello del patto di stabilità, il rischio è che da gennaio subentrino le vecchie regole, cosa che sarebbe molto complessa a livello di effetti» sull’economia.

La linea, quindi, è quella di Giorgetti e l’avviso è all’Unione europea: per l’Italia sarà molto complicato gestire un ritorno alla vecchia clausola del patto di stabilità, messa in stand-by dall’emergenza sanitaria, dunque l’auspicio che che si possano negoziare nuove regole. «Basta vedere l'aumento del debito pubblico, della spesa pubblica e purtroppo della spesa corrente in questi anni per comprendere quanto una situazione di drammatica crisi poteva essere forse utilizzata meglio dal punto di vista degli investimenti e delle scelte che sono state fatte», ha concluso Fitto.

Accanto al ministro, l’altro personaggio politico molto atteso al meeting è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Considerato tra i più potenti alla corte della premier, ascoltatissimo e inviato a risolvere i dossier più spinosi soprattutto sul fronte istituzionale, il sottosegretario è intervenuto in un dialogo a tutto campo, toccando alcuni dei temi cari alla linea del governo Meloni, a partire dalla collocazione internazionale. 

«Questo governo non ha mai messo in discussione l'europeismo, semmai declina l'appartenenza all'Europa in modo non supino nè burocratico», ha detto, spiegando così la linea di Meloni, che è presidente dei Conservatori europei e oggi sta cercando di costruire nuove sinergie a destra in vista del voto di maggio 2024: « Siamo nelle Istituzioni europee consapevoli dei limiti che questa appartenenza determina negli ordinamenti dei singoli Stati membri ma anche delle opportunità che l'Unione offre, senza complessi di inferiorità, pronti a non demorder su quelli che consideriamo obiettivi».

La visione di Mantovano

Del resto, secondo Mantovano, all’estero il governo è percepito come «stabile» e affidabile sui dossier più delicati come la guerra in Ucraina, dove il sostegno italiano va ben oltre «l’appoggio militare» ma guarda anche alla fase successiva della ricostruzione.

Tutti gli scenari esteri sono stati toccati dal sottosegretario, che però ha ripreso in particolare il cosiddetto Piano Mattei per l’Africa, uno degli obiettivi più fortemente perseguiti dalla premier Giorgia Meloni. 

«L’Africa è il nostro presente e il nostro futuro - nostro di italiani, nostro di europei - non soltanto per la questione delle migrazioni ma anche per quella dell’approvvigionamento energetico, e per la prevenzione e il contrasto del terrorismo di matrice jihadista», ha spiegato Mantovano, aggiungendo che l’Italia può operare in quello scenario in modo credibile perchè «non viene percepita come una nazione che non ha un tratto coloniale o postcoloniale». Due i binari su cui dovrebbero viaggiare le operazioni: quello dello sviluppo del continente africano, insieme con la regolamentazione dei flussi migratori.

Questo secondo tema è al centro dell’agenda di Meloni, che si è spesa in tutto il Nord Africa per stringere accordi bilaterali e limitare i flussi, anche se gli effetti per ora sono stati molto limitati. Sull’aiuto allo sviluppo, però, alcuni limiti alla politica italiana sono stati posti da altre istituzioni internazionali e in particolare dal Fondo Monetario Internazionale, che ha negato l’accesso al credito alla Tunisia. 

«Noi contestiamo il rigidismo dell'FMI che ancora lesina l'apertura di credito alla Tunisia dicendo che prima devono garantire rispetto dei diritti. Noi ci permettiamo di osservare che se non sei in grado di pagare lo stipendio ai poliziotti non sei in condizione di garantire l'ordine pubblico e quindi i diritti si tutelano di meno», è stata la posizione di Mantovano. Dura e in linea con i tentativi di Meloni di perorare la causa tunisina presso i vertici internazionali, finora però infruttuosi.

Altro tema caro al governo è quello della natalità, definito «una sfida da affrontare in modo serio, individuando un percorso per tappe che metta insieme da un lato energie culturali pre-politiche e politiche e dall’altro metta da parte slogan facili». Lo sguardo è ovviamente rivolto alla legge di bilancio, che dovrebbe individuare risorse per finanziare le politiche annunciate dal governo ma lo stesso Giorgetti ha anticipato che le risorse saranno poche e andranno spese secondo un principio di priorità.

Tuttavia, «l’inverno demografico è l’elemento di maggiore crisi dell’Italia di oggi», ha concluso Mantovano. E nella Finanziaria si attendono le misure per farvi fronte.

 

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