«Aziendalista, garantista, possibilista». Così si descrive nella sua biografia di Twitter Roberto Pacchetti, oggi condirettore della Tgr ed erede designato dalla Lega per prendere in mano la più grande testata giornalistica d’Europa.

Circa 700 giornalisti per 24 sedi (una per ogni regione più una tedesca, una ladina e quella italiana a Bolzano oltre a quella slovena a Trieste), tre edizioni quotidiane, una solida presenza sul web e rubriche che arrivano a intimorire anche i prodotti nazionali di viale Mazzini, come Buongiorno Regione, che la scorsa stagione ogni mattina insidiava Tgunomattina dal terzo canale con ascolti solidi.

Il potenziale, insomma, è grande. E nonostante la spartizione degli incarichi di peso a viale Mazzini si sia già conclusa (o appena iniziata, considerata la fine del mandato del Consiglio d’amministrazione in scadenza la prossima primavera), i Fratelli d’Italia che hanno preso in mano le redini dell’azienda si stanno rendendo conto che mettere un piede nelle testate regionali può essere un investimento che rende.

Detto, fatto. Se non fosse che le testate regionali sono da anni un feudo leghista, dove regna incontrastato Alessandro Casarin, ex democristiano illuminato sulla via di Pontida. Non un soldato di stretta osservanza, dunque, ma un dirigente d’esperienza che ha svolto per Matteo Salvini il ruolo di affidabile luogotenente in una realtà profondamente radicata sul territorio.

Ma Casarin è del 1957 e la sua pensione non è lontana. Ad affiancarlo ci sono già oggi due condirettori, uno espressione del centrosinistra, Carlo Fontana, e uno in quota Carroccio, Pacchetti per l’appunto. Il non detto è che ormai da tempo Pacchetti ha preso in mano i dossier operativi della testata, segue da vicino questioni di importanza primaria come trasferimenti, linee editoriali e rapporti sindacali, oltre a intrattenere tutte le relazioni del caso con gli altri direttori di viale Mazzini.

La sua ambizione è nota per tutto lo stivale: il colonnello che ha l’orecchio di Matteo Salvini si sta costruendo una Tgr a sua immagine e somiglianza mettendo già nel mirino il subentro. Per avere prospettive un po’ più concrete, in ogni caso, non esita a trattare anche con gli altri azionisti della maggioranza.

Successione

Finora, il tandem ha funzionato a meraviglia e in alcune redazioni della successione, che pure dovrà essere avallata da una nomina di viale Mazzini, si parla come se fosse già cosa fatta.

Anche perché sul piano dei risultati, Pacchetti non ha dato all’azienda ragione di lamentarsi. In un panorama in cui gli ascolti non hanno premiato le nuove scelte dei direttori da poco insediati, la Tgr rimane salda: edizioni come quelle della Campania o del Piemonte portano a casa ogni sera 300mila apparecchi collegati, che corrispondono a un numero di spettatori anche doppio o triplo.

Un bacino che fa gola anche ai cugini di Fratelli d’Italia, che hanno iniziato a riconoscere il valore di questo prodotto. «A differenza dei Tg nazionali spesso governativi, la Tgr è più discreta, ma costante» dice una persona che conosce bene le testate regionali.

È un ragionamento che si sente ripetere spesso in diverse parti d’Italia, ed è evidente dall’ultimo giro di nomine delle caporedazioni in scadenza che la voce dev’essere arrivata anche alle orecchie di Rossi.

Il direttore generale fedelissimo di Giorgia Meloni non ha infatti esitato a dire la sua nella scelta dei nuovi caporedattori (il massimo grado che si può raggiungere sul territorio). Due casi sono emblematici per Rossi: Veneto e Sardegna. A Venezia alle candidature di due vicecaporedattori è stata preferita la caposervizio Elisa Billato, una decisione che sarebbe riconducibile proprio al volere del direttore generale, favorita dalla passata militanza di Billato in Pluralismo e libertà, la componente sindacale di destra di cui sono stati in passato volti noti anche il direttore dell’approfondimento Paolo Corsini e la vicedirettrice del Tg1 Incoronata Boccia. Boccia torna in questa storia anche in un’altra veste, quella di moglie di Ignazio Artizzu, neocaporedattore a Cagliari.

Il suo caso è ancora più significativo: fino a fine luglio era capoufficio stampa della giunta di Christian Solinas, un incarico fiduciario assegnato dal presidente in quota Lega in odore di ricandidatura alle elezioni in programma tra qualche mese.

Artizzu stesso – in aspettativa dalla Tgr con un incarico di caposervizio – può vantare un passato in Alleanza nazionale prima e nel Partito sardo d’azione di Solinas poi: una sicurezza assoluta per quell’area dell’azienda che risponde a Rossi che val bene una doppia promozione.

Un piede sul territorio

Espressione di Fratelli d’Italia sarà verosimilmente anche il caporedattore di Cosenza, ma soprattutto quello di Bologna.

In una distribuzione già in partenza non favorevole ai dem, il Pd vede insidiato anche il suo potere sull’Emilia-Romagna, dove le candidature di ambiente progressista alternative a quella di Fabio Maritano – oggi alla Tgr Lombardia con le spalle coperte nientemeno che da Ignazio La Russa – non sembrano in grado di spuntarla.

Sotto attacco c’è anche l’altra redazione ancora saldamente in mano al Pd, quella del Lazio: fa gola in particolar modo a Fratelli d’Italia, che dopo aver conquistato la regione vorrebbe consolidare il proprio controllo anche sull’informazione. Appare però improbabile che Roberta Serdoz, già in aria di promozione alla vicedirezione della Radio durante l’ultimo giro di nomine in un tentativo di promoveatur ut admoveatur, lasci il timone a breve.

C’è poi il caso della Toscana, dove la caporedattrice Cristina Di Domenico ha dovuto fare i conti con uno sciopero delle firme durato tre giorni e va incontro, la prossima settimana, a una ridiscussione della fiducia sul piano territoriale, unicum nella storia della testata.

Oltre a un problema di clima redazionale, Di Domenico può vantare alcune scelte di contenuto piuttosto insolite per un nome che fino a qualche anno fa era considerato in quota progressista, come un’attenzione spiccata ai temi securitari oppure una copertura con sole macchie, cioè senza dedicarvi neanche un servizio, della perquisizione dell’abitazione di Marcello Dell’Utri disposta dai pm fiorentini negli ultimi mesi.

In Lombardia, invece, la promozione di Paola Colombo a vicecaporedattrice con la delega alla redazione politica ha provocato la perplessità del comitato di redazione: a fronte dell’apprezzamento per il lavoro della collega ha segnalato come il fatto che sia la moglie di Pacchetti, che detiene la delega sulla redazione di Milano, abbia gettato una luce sinistra sulla promozione.

Ma in generale, Pacchetti non lascia nulla al caso, anche se nel caso di sua moglie, l’azienda ha fatto sapere che non ha partecipato alla decisione. Sotto un atteggiamento attento e disponibile di un condirettore pronto a prendersi a cuore le richieste dei giornalisti e velocissimo a intestarsi ogni istanza andata in porto, il colonnello del Carroccio ha gli occhi ovunque.

Oltre ai movimenti dei cronisti, che spesso iniziano la carriera in Rai vincendo un concorso che li porta lontano da casa e non vedono l’ora di rientrare, Pacchetti guarda da vicino anche la produzione politica delle redazioni.

Chi se ne occupa è attentamente selezionato, come nel caso della Campania, dove a seguire la politica c’è il fedelissimo del caporedattore Oreste Lo Pomo Massimo Calenda, ex capo ufficio stampa della giunta regionale potentina (ma anche Lo Pomo arriva dalla redazione lucana) coinvolto in un’inchiesta sulla sanità regionale. Una circostanza che non ha impedito a Lo Pomo di affidargli il delicato dossier della politica campana, dove Calenda non nasconde una certa ostilità nei confronti del Pd.

Ma non è un caso: basta guardare alla Lombardia, dove il viceministro leghista Alessandro Morelli trova sempre un microfono della Tgr che raccolga una sua opinione, mentre in altre realtà nella redazione politica si tende a valutare con attenzione su cosa far intervenire le opposizioni.

La par condicio

Sempre nel rispetto della par condicio, beninteso. Perché, a guardare i minutaggi rilevati dagli organi di sorveglianza che monitorano il pluralismo, è tutto in ordine. Il grande non detto sulla regola dell’equità numerica è che la stessa quantità di tempo non equivale allo stesso peso nel notiziario: parlare del verde pubblico non è la stessa cosa che intervenire sull’economia.

In una situazione in cui l’altro condirettore, Fontana, e i vicedirettori della Tgr, di varia appartenenza politica, non intervengono in maniera troppo netta sulla linea, lo spazio di manovra di Pacchetti si allarga al verosimile. E tenendo ormai le fila di tutta la struttura, il condirettore si sente anche legittimato a trattare alla pari con dirigenti di prima fila come Rossi: ogni mezzo è buono per rafforzare la sua posizione e consolidare la prospettiva di successione. In attesa che Casarin si faccia da parte.

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