La posizione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, tra frasi inopportune sulle vittime e ricostruzioni ancora lacunose, è sempre più fragile. «Se c’è stata un debolezza del ministero, mi assumo tutte le mie responsabilità», ha detto davanti alla commissione Affari costituzionali della Camera, dopo una lunghissima giornata in cui le opposizioni hanno chiesto le sue dimissioni.

Le ultime notizie sulla gestione dei soccorsi, arrivati tardivamente nel naufragio di Cutro che ha causato almeno 67 morti, stanno facendo emergere una catena di responsabilità che porta al Viminale, ma con un collegamento diretto anche con il ministero dei Trasporti guidato dal vicepremier Matteo Salvini.

Per ora, tuttavia, l’obiettivo principale è Piantedosi, che dal suo dicastero gestisce i flussi migratori ed è il volto dello stato chiamato a rispondere di quanto accaduto. E il fuoco che non viene solo dalla minoranza parlamentare, perché segni inequivocabili di presa di distanza arrivano anche da Fratelli d’Italia.

Il primo è stato il presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni, che ha chiesto al ministro «se ci sono state lacune nella catena di comando», perché «se ci sono davvero delle responsabilità, noi siamo i primi a chiedere che sia fatta luce».

Una domanda precisa nei termini e per questo insidiosa, perché allude direttamente al sostenitore politico di Piantedosi, che lo ha voluto al Viminale: il ministro Salvini, a cui fa capo la Guardia costiera. Non a caso, il ministro ha scelto di aggirarla, dicendo che «se dicessi qual è la catena di comando si penserebbe che accuso questo o quell’altro. Nel settore marittimo di coordinamento dei soccorsi c’è una sovrapposizione tra funzioni».

Una non risposta che giustifica in parte il leader leghista ma che, col passare del tempo, quando verrà chiarita definitivamente la dinamica dei soccorsi, rischia di schiacciare Piantedosi.

Che il suo fosse il dicastero più delicato per il governo Meloni era chiaro sin dal momento della formazione del governo. La premier lo aveva inibito a Salvini, temendo che il suo vice, da lì, potesse mettere in crisi il governo utilizzando il tema migratorio. Tuttavia, per non fare un doppio torto all’alleato, ha dovuto attribuirlo all’ex capo di gabinetto di Salvini. Che alla prima prova dei fatti, si è trovato impreparato a gestire l’ennesima tragedia del mare.

Secondo una fonte interna di FdI, Meloni immaginava che sarebbe successo e la sua linea è: il duo leghista deve assumersi fino in fondo la responsabilità dei propri errori. Quando diventeranno troppi, la casella del Viminale andrà liberata: non subito ma col tempo, e ci sarebbero già pretendenti di FdI alla porta.

Anche per questo, il partito della premier ha di fatto preso le distanze dal ministro. Tutti gli hanno formalmente rinnovato la fiducia, ma hanno ribadito la richiesta di chiarimenti. Anche il ministro dell’Agricoltura e fedelissimo della premier, Francesco Lollobrigida, che ha avuto parole di stima per Piantedosi, ha detto che serve far luce sull’accaduto: «È non solo legittimo ma necessario».

Dentro FdI non è passato inosservato l’attivismo del ministro sul tema migratorio. È stato lui, mentre Piantedosi veniva attaccato per le sue frasi sui morti di Crotone, a parlare della possibilità di «far entrare legalmente quasi 500mila immigrati legali» in Italia.

Un’incursione inaspettata per lo stesso ministro dell’Interno, che si è visto indirettamente dettare la linea del governo e che aveva dato numeri diversi, tanto da dover tentare in commissione una interpretazione delle parole del collega: «Ha fatto programmazione per i prossimi cinque anni. Calcolando che ci sono stati 83mila ingressi regolari nel 2022 e se le richieste al nostro mercato del lavoro sono di 500mila ingressi regolari».

Certo è che Meloni non intende offrire ancora spazio alle opposizioni. Salvini e Piantedosi saranno richiamati alle loro responsabilità, per non incrinare ancora di più i rapporti già tesi del governo con l’Unione europea.

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