Un’assemblea bunker. Niente streaming, niente immagini, zero spazio alle domande. Quello che è filtrato all'esterno, è il frutto delle decisioni di Giorgia Meloni e del suo entourage. Fratelli d’Italia ha scelto di blindare l’appuntamento di ieri mattina al centro congressi di via Alibert, a Roma, in cui ufficialmente è stato fatto il punto della situazione ed è stata rilanciata l’attività del partito con l’organizzazione di alcuni congressi locali.

Il confronto pubblico non era all’ordine del giorno. Le poche dichiarazioni rese dai partecipanti – ministri, sottosegretari e dirigenti vari – ai cronisti sono la fotografia del pensiero di fondo: allineamento totale. E dire che l’Assemblea nazionale di FdI era stata promossa come una celebrazione della leader indiscussa, la presidente del Consiglio Meloni, a pochi giorni dall’anniversario delle elezioni. La stessa leader ha eluso la calca mediatica, scegliendo un ingresso secondario.

Niente immagini

Il rito assembleare si è così svolto lontano da occhi indiscreti all’insegna della cultura del sospetto, ormai un tratto distintivo del partito che ha conquistato palazzo Chigi. Ogni mossa è stata studiata per prevenire eventuali incidenti di percorso. La trasmissione online per seguire l’appuntamento non è stata nemmeno presa in considerazione. E per dare seguito a questa logica, ai giornalisti è stato precluso l’ingresso. Non è stata allestita la sala stampa e non è stata concessa possibilità di mettere piede nello spazio antistante la sala.

Solo gli operatori video hanno potuto fare delle riprese prima dell’inizio dei lavori in modo da avere qualche immagine, giusto per dare del materiale ai telegiornali e ai siti. All’ingresso i controlli sono stati rigorosi. Venivano passati in rassegna i documenti per verificare l’identità dei delegati e dei componenti dello staff organizzativo.

Del resto la location prescelta – la stessa dove nel 2017 Angelino Alfano ha annunciato la nascita di Alternativa popolare (non proprio un precedente glorioso) – era un segnale per gli addetti ai lavori. È situata sì al centro di Roma, a pochi passi da piazza di Spagna, ma in una stradina laterale con un accesso in un vicolo abbastanza stretto. Facile da controllare. E soprattutto le sale interne hanno una rara qualità: sono “sigillate”, a causa della poca linea degli smartphone. Una garanzia in più per evitare che potessero partire messaggini ai giornalisti per fare la cronaca quasi in tempo reale.  

Il silenzio dei Fratelli

In questo clima, molti dei partecipanti non erano addirittura al corrente dell’ordine dei lavori. «Dovrebbe aprire Meloni, ma vedrete che finirà presto, anche perché alla Camera ci sono le votazioni», ha risposto un parlamentare a chi ha chiesto l’organizzazione della giornata. Un deputato si è lasciato sfuggire: «Ma sì, alla fine non è che ci sia tanto da dire o da decidere. Dobbiamo fare un resoconto dell’azione di governo, capire come organizzare qualche congresso locale. E poi la presidente ci dirà che dobbiamo lavorare ancora di più per la manovra e più in generale per i prossimi mesi».

Così i vari big del partito, ministri e dirigenti, si sono materializzati schivando i cronisti in attesa. Tra i primi a giungere in via Alibert è stato il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che ha evitato le domande. Altri hanno seguito lo stesso esempio, tra gli ultimi a raggiungere la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, che ha risposto piccata alle domande sull’andamento decrescente dei flussi turistici, e il silente capo della comunicazione, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. In pochi, si sono concessi alla stampa, tra questi il ministro dei Rapporti con il parlamento, Luca Ciriani e il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti. Una sinfonia di elogi al governo, alla premier, e la difesa senza se e senza ma alla promozione di Arianna Meloni nella segreteria.

A rubare la scena è stato però il presidente del Senato, Ignazio La Russa, anche lui entrato dall’ingresso secondario. Salvo poi materializzarsi davanti ai cronisti solo per dire che non avrebbe presieduto l’assemblea, chiedendo di non avere un’attenzione morbosa di fronte a una seconda carica dello stato che si muove sempre e comunque da dirigente di partito. Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, ha colto l’occasione per allontanare l’etichetta di leader della minoranza interna. Anzi lo storico dirigente di FdI se l’è presa con i giornalisti. «Siete sulla luna», ha detto per smentire le ricostruzioni giornalistiche sui dissidi interni. Parole che hanno cancellato all’origine l’ìdea stessa di un confronto interno. All’insegna di un partito chiuso ermeticamente nel segno della famiglia Meloni. 

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