La Commissione europea chiederà «chiarimenti» alle autorità libiche per quanto riguarda l’attacco al vascello Ocean Viking da parte della guardia costiera libica, così come denunciato da un video di Sos Mediterranée nel corso del weekend. Lo ha detto un portavoce della Commissione, precisando di non voler commentare «l’incidente specifico» e che prima, nonostante il video, sarà necessario acquisire informazioni e vedere quale sarà la risposta della Libia. «L’obiettivo dell’Ue è di aiutare i libici a migliorare nelle operazioni di ricerca e soccorso», ha aggiunto il portavoce.

L’audio con l’Italia

Oltre al video, nel weekend è stato pubblicato anche un audio della Ong Sea Watch che coinvolge direttamente l’Italia. Tramite l’aereo da ricognizione Seabird, l’organizzazione che si occupa a sua volta di salvataggi in mare, ha visto quanto stava accadendo alla Ocean Viking: «La guardia costiera libica ha sparato diverse volte», si sente dire una responsabile della Ong, chiedendo il supporto dell’Italia. «Grazie per l’informazione, abbiamo ricevuto la sua mail», risponde un’addetta al telefono per le segnalazioni al coordinamento marittimo italiano.

Nel dialogo la Ong che segnala di aver visto mentre la guardia costiera libica sparava, chiede anche cosa possa fare l’Italia, ma l’addetta al telefono per le segnalazioni dopo avere ringraziato dell’informazione trasmessa anche via mail, interrompe la comunicazione senza specificare se la guardia costiera italiana farà qualcosa.

La lettera di Mediterranea

In queste ore, la Ong italiana Mediterranea Saving Humans ha scritto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, una lettera aperta intitolata: “Basta guerra alle ONG. Cooperiamo per salvare vite in mare!”: «Prima si salva, poi si discute», si legge in chiusura. Ecco il testo integrale:

Vi scriviamo come Mediterranea, associazione italiana legalmente costituita, che gestisce le missioni della nave del soccorso civile “Mare Jonio”, battente bandiera italiana.

Dopo la strage di Cutro, ad oggi, più di 100 persone, uomini, donne e bambini, hanno perso la vita in nuovi naufragi nel nostro mare. Al di là di qualsiasi considerazione, è una tragedia umanitaria che il nostro paese e l’Europa, non possono derubricare a “fatale conseguenza della situazione corrente”. Certo, tutto si può spiegare con analisi raffinate, anche se spesso diametralmente contrapposte, sul perché siamo giunti a questo, e sul perché tante vite umane siano state perse.

Ma quello dobbiamo invece fare è mettere al centro, qui ed ora, una grande e corale azione immediata, di istituzioni e società civile, di un intero paese, per impedire innanzitutto che altre morti innocenti insanguinino la nostra storia e il nostro mare.

Vi rivolgiamo, con tutta l’umiltà possibile, un appello che nasce dal profondo della nostra coscienza:

basta guerra alle Ong, alle navi del soccorso civile. Cooperiamo per salvare in mare più vite possibili. Produciamo un’azione sinergica, davanti a questo imperativo – salvare! – che possa indurre l’Unione Europea ad uscire dalla sua latitanza su questo tema, e a mettere in campo una missione coordinata di soccorso in vista di una estate che si preannuncia terribile dal punto di vista dei rischi in mare.

Vi preghiamo di voler mettere davanti a tutto, posizioni politiche, strategie di lungo respiro, nemicità nei nostri confronti, il bene supremo del soccorso verso chi non ha colpe e chiede il nostro aiuto. Vi preghiamo di onorare fino in fondo la storia di questo paese, della sua tradizione millenaria di accoglienza e immigrazione. Togliere mezzi disponibili e utilizzabili per i soccorsi in mare, equivale in questo momento a condannare a morte centinaia di persone.

Delegare alla sedicente “guardia costiera libica” il controllo della zona SAR più grande del Mediterraneo, non metterà al sicuro le persone che tentano di fuggire da quell’inferno. Sapete meglio di noi che la Libia non è un “place of safety”, e che ogni loro “soccorso”, quando accade, equivale in realtà a una cattura e a una deportazione in un luogo dove la violazione dei diritti umani è sistematica e terribile. Ciò avviene in spregio alla Convenzione di Ginevra sui profughi e rifugiati.

Pensare che la Tunisia, con la crisi che sta affrontando e dopo l’incitamento razzista di Saied contro i rifugiati subsahariani possa “salvare” qualcuno che da lì fugge terrorizzato, non è plausibile.

Sommessamente vi ricordiamo che tutti coloro che saranno riportati indietro in questi paesi, se non vengono uccisi prima, tenteranno di nuovo, ingrassando le grandi mafie del traffico di esseri umani.

Vi chiediamo dunque, come previsto per altro dal Piano Sar Nazionale, di coordinare una grande azione che coinvolga i mezzi militari e civili, per affrontare come farebbe un grande paese questa strage annunciata e continua.

Prima si salva, poi si discute.

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