Per formare il suo nuovo governoMario Draghi ha deciso di richiamare in pista Mariastella Gelmini, Renato Brunetta e Mara Carfagna, tre politici forzisti già proprietari in passato di diversi dicasteri e la cui carriera politica sembrava, in alcuni casi, avviata verso un lento declino. I rieccoli verrebbe da chiamarli citando il giornalista Indro Montanelli, che affibbiò questo soprannome al leader democristiano, Amintore Fanfani, per la sua capacità di resuscitare politicamente anche quando tutti lo davano per spacciato. Se è vero che il passato di un uomo non può dire tutto, può essere utile ricordare le azioni compiute dai tre politici per avere un’idea di cosa ci attende. 

Il ministro dei tornelli 

Tra i ritorni che stavano facendo più discutere c’è sicuramente quello di Renato Brunetta alla guida della Pubblica amministrazione. Nato politicamente socialista tra le fila del Psi Bettino Craxi, il deputato forzista era già stato ministro della Pa durante il governo Berlusconi III. Un’esperienza governativa carica di tensioni. Appena arrivato al dicastero, Brunetta aveva subito messo in chiaro le sue intenzioni dicendo di volere lottare contro i dipendenti «fannulloni» e iniziando a disseminare ogni ufficio pubblico possibile di «tornelli». «Li ho già messi nel mio ministero e punto a metterli anche nei tribunali», spiegava l’allora ministro a Rtl 102.5. Secondo il forzista i problemi dell’efficienza della giustizia italiana era facilmente risolvibili facendo guerra a quei magistrati che «lavorano solo due tre giorni alla settimana».

I giudici non erano gli unici bersagli delle critiche. Durante la sua esperienza governativa, Brunetta aveva definito alcuni poliziotti dei «passacarte panzoni». Dopo roboanti annunci, Brunetta aveva quindi presentato la sua riforma anti fannulloni scritta con politologo e parlamentare Pd, Pietro Ichino. Si trattava di un giro di vite sui controlli interni dell’efficienza dei dipendenti pubblici grazie all’istituzione di un ciclo di valutazione delle loro performance. Dieci anni dopo, l’efficenza dell’amministrazione pubblica non sembra migliorata, ma all’epoca Brunetta era sicuro e spiegava al Corriere «sto facendo la storia» mentre in un’intervista a Diva e Donna dal titolo evocativo «Ammazzo la burocrazia e poi mi sposo», prometteva di rendere «felici» gli italiani e di essere «amatissimo» dalla gente che lo «applaudiva per strada».

Chi non lo applaudiva era la collega, Mara Carfagna che lo ha attaccato dopo le sue dichiarazioni in cui aveva accusato le donne di avere «usato gli ammortizzatori sociali per fare la spesa». Ma il ministro non è uno con problemi di autostima e, da buon professore di Economia, raccontava al Corriere di avere dato «lezioni» sul tema anche a Berlusconi mentre a Matrix si superò dicendo di essere andato vicino al premio Nobel: «Ero anche bravo, ma poi ha prevalso il mio amore politico». Un amore senza tempo come dimostrato dalla sua entrata nel governo Draghi. Anche quest’anno il Nobel dovrà aspettare. 

La ministra che fece salire Bersani sul tetto

Nominata ministra agli Affari regionali, Mariastella Gelmini è stata la più giovane responsabile dell'Istruzione che ci sia stata in Italia. Un incarico assunto sempre durante il Berlusconi III e che la vedrà al centro di fortissime contestazioni studentesche per la sua riforma della scuola che mira a rendere più «efficiente» l’istruzione pubblica tagliando gli «sprechi». Una visione inizialmente condivisa anche dall’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che poi di fronte ai tagli alla ricerca era però dovuto intervenire a gamba tesa nel 2009 invitando la ministra a rivedere a «rivedere alcuni tagli indiscriminati».

Ma lei aveva rigato dritto per la sua strada forte anche dall’approvazione del suo collega Brunetta con cui sembrava condividere anche una visione critica delle donne accusate, in un’intervista a IO Donna,  di essere «privilegiate» se scelgono di assentarsi dal lavoro dopo la gravidanza. La riforma Gelmini intanto trova una durissima reazione degli studenti che nel novembre 2010 convocano il “No Gelmini Day”. Alle proteste partecipa anche l’allora segretario Pd, Pierluigi Bersani, che sale sul tetto della facoltà di Architettura della Sapienza di Roma insieme agli studenti. All’epoca la ministra lo accusò di «fomentare i violenti». Oggi sostengono lo stesso governo.

Contro il Pdl, ma ancora in Forza Italia

Spirito indipendente, la nuova ministra del Sud, Mara Carfagna è stata ministra per la Pari opportunità sempre nel governo Berlusconi III. La sua nomina crea mal di pancia e allusioni neanche tanto nascoste al suo passato da ex modella. La comica, Sabrina Guzzanti l’accuserà di essere andata al governo solo perché ha «soddisfatto personalmente il presidente del Consiglio». Lei risponderà in tribunale costringendo la sua accusatrice a pagarle danni da 40mila euro per diffamazione. Nonostante un inizio tutt’altro che idilliaco, l’allora ministra si dimostra particolarmente attenta alle Pari opportunità di tutti i cittadini ottenendo l’approvazione del reato di stalking e sostendo il disegno Concia anti omofobia del Pd anche se questo significa entrare in rotta con il suo partito. Il vero punto di rottura sembra però arrivare con la questione dei rifiuti in Campania, regione di origine della forzista. Carfagna si dice pronta alle dimissioni se la «guerra tra bande» bloccherà la costruzione di un termovalorizzatore a Salerno. Da Lisbona, Berlusconi fa sapere di non «tribolare» per il suo addio, ma alla fine un accordo si trova e dopo dieci anni rieccoli uniti in Forza Italia e pronti a un nuovo governo. 

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