Così vicini nei chilometri, eppure tanto lontani per i tempi di percorrenza. Roma e Pescara vivono una situazione di paradosso: potrebbero essere collegate benissimo, in nome del legame tra Lazio e Abruzzo, tra la capitale e una regione confinante, che ha il mare e le montagne, tanto da essere meta prediletta per i week-end di relax dei romani.

Ma le infrastrutture sono quelle che sono e quindi gli spostamenti sono complicati. E tali resteranno per un bel po’ di anni, con buona pace dei ricchi stanziamenti messi sul tavolo. Compresi quelli del Pnrr. La realizzazione della tratta dell’alta velocità ferroviaria Roma-Pescara è stata rinviata, o quantomeno c’è la certificazione di non poterla completare entro il 2026, così come previsto dal cronoprogramma, riferito ai due pezzi più importanti dell’opera.

Nella prima versione del Piano di ripresa e resilienza erano state messe a disposizione importanti risorse, per l’esattezza 620 milioni di euro che ora sono stati dirottati altrove. La Roma-Pescara, nella rimodulazione del Pnrr predisposta dal ministro Raffaele Fitto, si è trasformata in un bancomat per destinare soldi altrove, a diversi interventi sui binari. Due esempi? Alla linea Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia vanno 18 milioni di euro e un’altra parte, 94 milioni di euro, alla Orte-Falconara. Almeno se a Pescara piangono, a Battipaglia e Falconara ridono.

La pena dei pendolari

I pendolari, che siano turisti o lavoratori, dovranno così mettersi l’anima in pace e accettare le lunghe odissee nei viaggi che portano dalla capitale alla costa adriatica abruzzese. I tempi di percorrenza in treno si aggirano, attualmente, sulle 3 ore e mezzo, salvo ritardi, peraltro con una frequenza di vettori non proprio soddisfacente.

Ed è il segreto di Pulcinella che molti preferiscano usare il pullman o un mezzo privato per raggiungere l’Abruzzo: salvo traffico, che comunque è spesso intenso sulla strada dei Parchi (specie nei fine settimana), il trasporto su gomma impiega 2 ore e mezzo. Non è il massimo dal punto di vista ambientale? Pazienza, perché non c'è di meglio. Ed è per questo che il potenziamento del collegamento ferroviario è considerato essenziale.

A sostenere l’importanza dell’opera è la stessa Rete ferroviaria italiana (Rfi), la società del gruppo Ferrovie, che realizza concretamente i lavori. L’ultimazione dell’opera consentirebbe un tempo di percorrenza da Roma a Pescara di due ore circa con una riduzione di quasi un’ora e mezzo rispetto alla situazione attuale. Inoltre, si potrebbe passare «da 4 a 10 treni ogni ora sulle tratte oggetto di raddoppio, con possibilità di istituire servizi di tipo metropolitano tra Chieti e Pescara», evidenzia ancora Rfi. Altri vantaggi? La «velocizzazione e sistematizzazione dei collegamenti tra Pescara e L’Aquila, grazie anche ad altri interventi in corso e programmati sulla linea L’Aquila-Sulmona (Bretella Sulmona, nuova fermata Sulmona S.Rufina) e «l’adeguamento prestazionale per consentire lo sviluppo del traffico merci». Un miglioramento dei servizi a tutto tondo.

I soldi del Pnrr

Il Pnrr, prima nella bozza predisposta dal governo Conte e poi nella stesura finale siglata dall’esecutivo di Mario Draghi aveva messo sul piatto 620 milioni di euro. Più che una questione di soldi, era in realtà un impegno politico: si puntava alle inaugurazioni delle tratte più importanti entro il 2026. Insomma, un tentativo di vincolare le tempistiche l Recovery plan che impone scadenze serrate per non dover restituire risorse all’Unione europea. Ma con Giorgia Meloni a palazzo Chigi e Fitto a sovrintendere il Pnrr sono cambiate le carte in tavola. Hanno scelto la strategia della prudenza e seguito la «via cautelativa», come l'hanno definita dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit) di Matteo Salvini.

Proprio dal Mit recitano il copione “tutto va bene, madama la marchesa”. «Non ci hanno tolto risorse, nessun taglio», è il mantra ripetuto e filtra che le richieste sono state concordate dal ministero stesso con gli altri attori in campo. Certo, nel caso specifico il definanziamento del Pnrr targato Fitto non significa che l’opera non si farà. Potranno arrivare altre soldi, da diversi capitoli di spesa, è anzi la garanzia dell’inner circle salviniano. Non esiste solo il Pnrr. Giusto. Quantomeno, però, l’eliminazione della tratta Roma-Pescara dal quadro del Pnrr è l’ammissione che per il 2026 è quasi impossibile rispettare i termini fissati. Basta il granello di sabbia nel meccanismo e chissà di quanto si slitta. La soluzione? Procedere senza fretta, evitando la tagliola del Recovery plan. Meglio garantirsi un andamento senza ansia da prestazione nei confronti di Bruxelles. I pendolari, del resto, sono abituati ad arrangiarsi.

Difesa d’ufficio a destra

La decisione non è indolore per chi aveva messo la faccia sull’opera. Nella maggioranza è scattata la controffensiva: la vicenda non riguarda i ministri Fitto e Salvini ma anche il presidente della regione Abruzzo, il meloniano Marco Marsilio. «Il progetto di velocizzazione va avanti», ha sostenuto Etelwardo Sigismondi, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Lavori pubblici al Senato. Stando a questo ragionamento, addirittura si tratterebbe un passo in avanti. Marsilio, durante un incontro sui trasporti nei giorni scorsi, era pure intervenuto sul potenziamento del trasporto ferroviario, rilanciando la promessa: «Gli allarmi che qualcuno dissemina sui territori non solo sono strumentali ma anche infondati».

La linea è chiara: i soldi ci sono, non ci saranno problemi. Posizione confermata ancora una volta dal ministero di Salvini. Si sta «risentendo del ritardo dell'iter che doveva concludersi entro giugno 2022 con avvio gara ad agosto 2022 e aggiudicazione a febbraio 2023. Si ricorda che l'attuale governo è in carica dall'ottobre 2022», spigano dal Mit. Ancora una volta la colpa è di chi c’era prima. Tesi che non convince il Movimento 5 stelle. «Non c’è nessun tecnicismo dietro lo scippo dei fondi del Pnrr per la velocizzazione, ma un’inaccettabile scelta politica attuata dal governo Meloni», ha attaccato la senatrice del M5s, Gabriella Di Girolamo. Il senatore del Pd, Michele Fina, dice a Domani: «L’Abruzzo è stato abbandonato perché nessuno si preoccupa di tutelarlo. Marsilio è solo il luogotenente di Meloni sul territorio». L’esponente dem rilancia un ulteriore tema: «Se davvero il governo, come sostiene, reperirà fondi da altri fondi, significa comunque che li sottrarrà a opere e interventi per il Sud e le aree più in difficoltà».

Una lunga storia

La gestazione del progetto non è stata delle più semplici. E conferma la tradizione di proseguire nel solco delle difficoltà. Se ne parla da decenni, ma ufficialmente è partito nel 2019. Già a fine 2016, tuttavia, era stato firmato un accordo per vari interventi, tra cui la velocizzazione e il raddoppio della tratta Pescara-Chieti lungo la Roma-Pescara e una tratta dedicata all’aeroporto di Pescara. Il Cipe stanziò un miliardo e mezzo di euro per questi obiettivi. Solo tre anni e mezzo dopo c’è stato il passo ufficiale con l’intesa tra Regione Lazio, Regione Abruzzo, Rfi e ministero dei Trasporti per il potenziamento e l’ammodernamento della ferrovia.

Nel 2021 l’allora ministro Enrico Giovannini ha deciso di nominare commissario dell’opera Vincenzo Macello, ingegnere ligure con una lunga trafila interna a Rfi. Di lì a poco sarebbe stata ratificata la decisione di usare le risorse del Pnrr per il finanziamento, oggi abbandonato. La progettazione della Roma-Pescara prevede quattro lotti, a cominciare dal collegamento Interporto D’Abruzzo-Manoppello e proseguendo con la linea Manoppello-Scafa, che sono da realizzare entro il 2026, secondo il cronoprogramma. A dicembre di quell’anno, infatti, dovrebbero – mai condizionale fu più d’obbligo – entrare in funzione. Il terzo lotto, che va da Sulmona a Pratola Peligna, era stato già previsto per l’anno successivo, il 2027. Il totale, previsto da Rfi, è di 52 chilometri totale di nuovi binari per portare l’alta velocità a Pescara. Un’alta velocità che parte a rilento.

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