Il Cnel ha pubblicato un’analisi sul salario minimo di 24 pagine in cui si dice che qualunque proposta è rinviata al prossimo 12 ottobre: la Cgil non lo ha approvato, e la Uil si è astenuta. «Per evitare di replicare nelle dinamiche interne al Cnel schemi di ragionamento duali – che si prestano a strumentalizzazioni politiche ed eccessi di semplificazione di un problema altamente complesso – i componenti della Commissione per l’informazione del Cnel concordano sulla importanza di pervenire alla formulazione di un documento finale ampio e inclusivo». Il secondo testo sarà consegnato ai consiglieri il 6 ottobre.

All’organo presieduto dall’ex ministro Renato Brunetta è stato affidato dal governo il compito di esprimersi sul salario minimo, ma per il momento ha approfondito lo scenario e rilevato che il problema del lavoro povero esiste, su che cosa bisogna fare però prende ancora tempo. «I componenti della Commissione dell’informazione sono concordi nel sottolineare, quale che sia la decisione politica in merito alla introduzione o meno nel nostro ordinamento giuridico di un salario minimo fissato per legge, l’urgenza e l’utilità di un piano di azione nazionale».

Il tema da discutere nella Assemblea straordinaria del Cnel, a parere della Commissione dell’informazione, «non è dunque quanta parte della retribuzione debba mantenersi in capo alla contrattazione collettiva, bensì invece come estendere le migliori pratiche di contrattazione alla generalità del lavoro».

I componenti della Commissione dell’informazione si limitano a concordare nel sottolineare l’estrema complessità del tema. «Tra le forze sociali e gli esperti si registrano posizioni alquanto diversificate se non contrapposte. Dieci anni di dibattito pubblico e analisi scientifiche non sono sin qui stati sufficienti per delineare tutti gli aspetti del problema, anche rispetto alle informazioni allo stato disponibili, e trovare punti di convergenza». E questo si è rispecchiato nel lavoro del Cnel.

Il forum

A fronte dell’acceso dibattito (anche interno) il Cnel vuole mantenere un ruolo di primo piano e si propone come«forum permanente» di confronto e collaborazione stabile e continuativa tra le forze sociali e tutti i soggetti istituzionali che raccolgono dati utili per il monitoraggio sistematico della contrattazione collettiva e dei salari con l'obiettivo di disporre di informazioni complete «e il più possibile condivise su temi così centrali per la definizione delle politiche e delle leggi in materia economica e sociale».

I dati

Il testo riporta i dati sui contratti pirata: «Si può desumere che il fenomeno sia marginale nella larga maggioranza dei settori produttivi per quanto fattore di grave perturbazione del sistema di relazioni industriali e anche di corretta concorrenza tra le imprese con particolare riferimento ad alcune aree geografiche del Paese e in alcuni settori produttivi».

Tornando ai sindacati che trovano rappresentanza al Cneloltre a Cgil Cisl e Uil, Villa Lubin registra anche come la Confsal abbia siglato 223 ccnl pari al 22,8  per cento dei contratti coprendo 524.849 lavoratori pari al 3,8 per cento dei dipendenti con Ccnl noto. La Cisal invece di contratti ne ha firmati 47 ccnl pari al 4,8% per 748mila 273 lavoratori pari al 5,4% dei dipendenti con ccnl noto.

L’Ugl, invece, sigla 85 ccnl pari all'8,7% del totale dei contratti coprendo 4.890.846 lavoratori pari al 35,3% della platea con ccnl noto. Il Ciu, infine, ha firmato175 contratti per 29.829 lavoratori pari allo 0,2% della platea dei dipendenti con ccnl noto.

Quanto ai contratti scaduti, annota ancora il documento, Al 1° settembre 2023 risulta che al 54 per cento dei lavoratori dipendenti del settore privato si applicano contratti collettivi nazionali di lavoro che «sono tecnicamente scaduti» pari ad una platea di quasi 7,5 milioni di lavoratori, per l’esattezza 7.429.542 lavoratori.

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