Nel duro confronto avuto con il presidente Vincenzo De Luca, Giorgia Meloni ha accusato la regione Campania di spendere i fondi europei per organizzare «la festa del fagiolo e della patata, la rassegna della zampogna, la festa del caciocavallo, la sagra dello scazzatiello». L’atteggiamento di derisione mostrato da Meloni nei confronti di queste espressioni culturali immateriali sembra scontrarsi con le politiche poste in essere dal suo stesso governo nel settore del “Made in Italy” e in quello agro-alimentare, e pone una questione relativa ai diritti degli individui alla propria identità culturale.

Secondo i dati della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe), in Italia le sagre sono circa 42mila; in media se ne organizzano 5 per ogni comune, per un complesso di 306mila giornate di attività, con una durata media di 7 giorni, e un fatturato che arriva a 900 milioni di euro annui. Tra queste 42mila sagre, l’Unione nazionale pro-loco d’Italia (Unpli) ha selezionato 65 eventi considerati di particolare qualità perché preservano l’identità locale e celebrano la tradizione e il senso di appartenenza a una comunità.

Una ricerca svolta dalla Cattedra Unesco sul patrimonio culturale immateriale dell’università Unitelma Sapienza ha sottolineato il ruolo svolto dalle sagre come aggregatore sociale e quale strumento di contrasto dello spopolamento dei borghi delle aree interne. La coesione di una comunità, specialmente laddove questa comunità è attraversata da fenomeni migratori in entrata o in uscita, dipende anche dal mantenimento in vita di quei patrimoni culturali immateriali che definiscono il bagaglio culturale dei suoi cittadini.

Le sagre appartengono a questo patrimonio e spesso rappresentano l’unico trait d’union tra le persone, i luoghi che abitano e il loro passato: esse sono l’espressione di quel diritto all’identità culturale che i fenomeni della globalizzazione hanno cercato di annullare, trasfigurando il principio di uguaglianza in omologazione.

C’è da immaginare che di tutto questo sia consapevole la presidente Meloni, non fosse altro proprio per l’attivismo con cui il ministro del suo governo Lollobrigida difende un concetto di identità nazionale che passa anche attraverso queste manifestazioni. Se così fosse, la derisione della presidente, più che verso tali espressioni culturali, sarebbe rivolta al loro finanziamento con soldi pubblici. Ebbene, il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) dell’Unione europea è utilizzato anche per finanziare questo tipo di iniziative (in Campania come in tutta Italia) perché sostenere economicamente queste attività non solo rafforza la coesione delle comunità, ma assicura forme alternative di sviluppo locale: secondo i dati dell’Unpli, le sagre hanno, tra effetto diretto, indiretto e indotto, un valore economico e sociale di 2,1 miliardi di euro annui, e impiegano oltre 10.000 occupati, coinvolgendo 48 milioni di visitatori da tutto il mondo.

È normale, dunque, che le regioni, come lo Stato, vogliano investire su tali occasioni di condivisione e interazione sociale che costituiscono, come ha scritto Antonio Scuteri su Repubblica, «quel filo invisibile che lega uomo, luogo, memoria e sapore». Ciò non significa finanziamenti a pioggia e casuali, ma necessità di definire una strategia virtuosa che parta da un censimento puntuale delle diverse manifestazioni dell’identità culturale. Ed è proprio quanto ha fatto la regione Campania con i fondi europei, avviando, dal 2018, un inventario dei patrimoni culturali immateriali in cui ha censito – dando dignità istituzionale – tutte quelle tradizioni e quei saperi locali che costituiscono la spina dorsale del suo territorio. Sulla stessa linea si muove il recente progetto “Bsb – Borghi Salute Benessere” presentato dalla Campania alla Bit di Milano e con cui si certificano quei luoghi che fanno della propria identità un attrattore turistico di qualità.

L’Italia delle sagre è un patrimonio di colori, sapori e saperi unico nel suo genere: anche su questo patrimonio si basa l’identità di ciascuno di noi e, soprattutto, quella della Nazione, che non è un blocco monolitico, ma un mosaico dinamico composto dalle tante diversità territoriali.

© Riproduzione riservata