Chi gli è vicino racconta di un Vincenzo De Luca imbufalito. Asserragliato nel bunker salernitano del Genio Civile, lontano dagli uffici napoletani di Santa Lucia, sempre più assediati da gruppi di manifestanti. Un  Pol-Pot (questo il suo nomignolo da sempre) sempre più solo.

Sognava la repubblica autonoma di Salerno, aveva teorizzato un suo «sovranismo campano», e ora è tutto finito. Comanda Roma, il governo centrale, che gli ha imposto la zona rossa.

Sono lontani i giorni del plebiscito alle regionali,  lontanissimi i trionfi, gli apprezzamenti sbracati. Nicola Zingaretti, il segretario del suo partito, che lo insigniva della medaglia di «gigante nella lotta al Covid» non gli risponde al telefono.

Il consenso evapora, la propaganda non basta più e rischia di diventare un boomerang. Anche le ormai celebri imitazioni di Maurizio Crozza sono lontane.

Il “suo” De Luca non fa più ridere, ora il comico ha una nuova macchietta da elevare a star: è Nino Spirlì, il cabarettista governatore per caso della Calabria. E a San Gregorio Armeno, la strada napoletana dei presepi, hanno già messo da parte la sua statuetta col lanciafiamme. «Dottò non la vuole nessuno».

La realtà, quella sangue e dolore, è dura come il marmo. Il morto nei bagni dell’ospedale Cardarelli, barbaramente filmato, ha fatto il giro del mondo.

Le file di ambulanze al Loreto Mare, Castellammare di Stabia, gli infermieri delle Rsa infettati, finanche la mancanza di bombole per l’ossigeno, ecco, tutto questo è la cronaca di un fallimento annunciato.

Di promesse non mantenute, di ospedali e reparti anti Covid fatti alla come viene, di un apparato sanitario fragilissimo. Di fronte all’opinione pubblica il re è drammaticamente nudo. E De Luca lo sa.

Onnipotente ma inefficace

E’ presidente della Campania riconfermato con un plebiscito, è assessore alla Salute, ha preteso ed ottenuto dai governi precedenti di essere nominato commissario straordinario della sanità campana. Ha accarezzato la potente lobby dei proprietari di cliniche, laboratori e case per anziani privati non lesinando mai attenzioni e finanziamenti pubblici.

La gente da Napoli a Trevico (Irpinia profonda) sa che negli ospedali pubblici non si sposta un portantino senza il beneplacito del governatore.

De Luca sa tutto questo, e soprattutto sa che la montagna di potere accumulata gli sta franando addosso. E allora attacca. Il governo, «una banda di sfessati», che hanno deciso la zona rossa. «Bisognava farla due mesi prima».

Luigi Di Maio, «sciacallo e coniglio», il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, che «dice solo bestialità». E alla fine, giusto per spostare a l’attenzione a Roma e fare “ammuina”, invoca un governo di unità nazionale. Sciabolate allo scrittore Roberto Saviano, “un camorrologo milionario”. E difesa a oltranza, con vibranti toni neoborbonici, della sua terra: “E’ in atto una campagna di sciacallaggio contro la Campania”. Ma il “giochetto” ora non funziona. E lui, ormai ex sceriffo e molto ex utilizzatore di lanciafiamme efficientisti, lo sa.

E’ un politico navigato, conosce la volatilità degli umori di napoletani, casertani, beneventani e irpini. Vede potere e immagine sgretolarsi e non sa che fare.

Da Berlinguer a Naomi

Per capire, tentare, almeno, la psicologia dell’uomo, bisogna risalire ad una foto-ricordo di quarant’anni fa. Terremoto della Campania e Basilicata, Enrico Berlinguer è a Salerno per una manifestazione. C’è il palco, le bandiere rosse, ma accanto a Berlinguer  siede Antonio Bassolino, lui, Vincenzo, allora oscuro funzionario del Pci salernitano, è in piedi. La testa incassata nel cappotto. Lo sguardo torvo.

Ha impiegato anni per togliersi dalla faccia gli schiaffi di quella immagine che lo ritraeva di lato, lontano dal grande leader, e per arrivare dove sta. Per godere dei piaceri del successo politico e mediatico, sistemare un figlio alla Camera da deputato, e un altro assessore a Salerno, fino a raggiungere il top con gli apprezzamenti di Naomi Campbell in diretta social mondiale.

Tutto evapora e la sorte è beffarda. Perché quei personaggi che aveva sconfitto in questi anni, e che riteneva ormai morti e sepolti politicamente, tornano  galla.

Rinasce a nuova vita il suo nemico di sempre, Antonio Bassolino. “’O sinnaco” è ringiovanito di vent’anni.  A fargli da “gerovital” le diciannove assuluzioni, l’ultima nei giorni scorsi, ai processi sullo scandalo della monnezza in Campania.

Bassolino gira per Napoli,  è frenetico sui social, posta foto, storie, parla con la gente, invoca responsabilità istituzionale e serietà. E’ di fatto candidato alla carica di sindaco della città, come nel 1993. Ma su Napoli aveva già messo gli occhi De Luca.

Dopo il trionfo coreano alle ultime regionali, “lo sceriffo” voleva imporre un suo uomo, conquistare la città, trasformarsi nel nuovo re di Partenope. E allora giù fendenti all’attuale sindaco, Luigi de Magistris, il sindaco arancione alla fine del suo mandato. «E’ un imbecille. Sembra lo scemo del villaggio». Lo ha trascinato su un ring, ma il sindaco ha lasciato ai primi round.

E ora l’ex lanciafiamme De Luca tira pugni al vento. Terrorizzata dal Covid e dagli ospedali pieni, dalla crisi economica e dai “ristori” che tardano ad arrivare, la gente in Campania non crede più in Vincenzo il protettore. Sa che presto dovrà pregare per altri santi. 

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