Bonus per i libri scolastici, voucher babysitter, rimborsi per le attività sportive e la frequentazione di campi estivi. È lungo l’elenco di misure di sostegno alle famiglie bloccate. Il paradosso è che, secondo le stime, ci sarebbero circa 3 miliardi di euro, già pronti, solo in attesa di essere spesi. Il pacchetto di interventi è stato pianificato da oltre un anno. Con l’aggiunta di altri 3-4 miliardi si potrebbe perfino completare la dotazione necessaria.

La certezza è che nel frattempo il Family act, approvato a maggio 2022 dal governo Draghi al termine di una laboriosa mediazione tra i partiti, resta una cornice da riempire. L’obiettivo era quello di ridisegnare il quadro di interventi a favore dei neo genitori. Ma il governo della destra pro famiglia temporeggia. E nonostante Forza Italia avesse inserito nel proprio programma elettorale la necessità, testuale, di «una emanazione tempestiva dei decreti attuativi del Family act», i testi non sono stati pubblicati.

Scadenza a maggio

«La scadenza dei decreti attuativi è stata fissata, con un emendamento parlamentare, al maggio 2024, allineando i provvedimenti che prima avevano una scadenza sfalsata», fanno sapere dal dipartimento per la Famiglia guidato dalla ministra Eugenia Roccella. La proroga è arrivata a dicembre dello scorso anno per evitare che i decreti finissero oltre i limiti prestabiliti. «C’è ancora tempo – è il ragionamento che viene fatto – e inoltre alcune misure sono state già introdotte in altri provvedimenti, come nel caso dei congedi parentali inseriti nella legge di Bilancio».

Nel caso specifico è stata innalzata la soglia della misura dell’indennità per il congedo dal 30 all’80 per cento della retribuzione, per un solo mese, fino al compimento dei sei anni del figlio. Un passo in avanti, ma non una riforma strutturale dei congedi parentali così come prospettato dal Family act, che puntava tra le varie cose ad aumentare l’indennità di maternità e rimuovere le disparità salariali tra donne e uomini.

Tutto ambizioso. Ma dal dipartimento hanno fatto intendere che se ne parlerà, se tutto fila liscio, nella primavera del prossimo anno. La precedente ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti, si era battuta per arrivare all’approvazione del testo in tempi rapidi. Come per tante ampie riforme, però, sono stati previsti dei provvedimenti per declinare praticamente le misure. L’intenzione era quella di riuscirci entro il 2023, il ritorno anticipato alle elezioni ha congelato la situazione.

Risorse contestate

Il governo Meloni ha accolto con una certa tiepidezza la riforma. «Ritengo che il Family act vada portato avanti ma, al contempo, vada adeguato e ricalibrato alle priorità della nuova maggioranza, quindi continuità e discontinuità», ha spiegato la ministra Roccella, rispondendo a un question time alla Camera e lamentando in quell’occasione la mancata «copertura economica» per le misure.

Una tesi che viene contestata da chi è vicino al dossier. Ci sarebbe già a disposizione un tesoretto di circa 3 miliardi di euro da attingere dal capitolo di spesa destinato al Family act. Una voce che include tra i vari punti i risparmi sullo stanziamento dell’assegno unico e il riordino delle detrazioni per figli a carico con oltre 21 anni. Non sono sufficienti per ogni singolo intervento, ma potrebbero rappresentare un punto di partenza fino a raggiungere il plafond complessivo di 7-8 miliardi di euro.

Indiscrezioni raccontano poi di una strisciante ostilità del governo nei confronti della riforma, che reca la firma di un altro esecutivo. Roccella non è pienamente convinta, come ha lasciato trasparire nel suo intervento in aula a Montecitorio. Ma cosa prevede nel dettaglio la riforma? Dal punto di vista economico soprattutto il rimborso delle spese sostenute dalle famiglie per l’educazione dei figli, per lo svolgimento delle attività sportive, musicali, culturali, e anche per i centri centri estivi, gite scolastiche, l’acquisto di libri e di materiale informatico.

Inoltre era stato definito il potenziamento del "voucher babysitter”. Più in generale l’orientamento era quello di abbattere le differenze di genere. Per questo i decreti attuativi dovrebbero stabilire l’erogazione degli incentivi alle imprese per assumere donne, promuoverne la carriera, favorire il rientro dopo la maternità, provvedendo a una strategia di detassazione del welfare a sostegno della genitorialità.

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