Giuseppe Conte è alla ricerca di una exit strategy. Soprattutto alla luce del risultato delle elezioni amministrative: il voto non ha premiato il Movimento, neanche nelle roccaforti dei Cinque stelle al sud. Considerato anche il risultato debole del Pd, per Conte è ora di cambiare strada.

La partita su cui si puntava nella sede di via di Campo Marzio era Brindisi, dove il Pd aveva accettato di appoggiare Roberto Fusco, lasciando cadere il sindaco uscente Riccardo Rossi. Fusco è stato sconfitto dal rivale di centrodestra. A niente è servita la presenza fisica di Conte (da solo, senza il sostegno della segretaria dem Elly Schlein) prima del ballottaggio.

Peggio ancora è andata in Sicilia, dove il Movimento aveva ancora retto al voto dello scorso settembre. La lista ha preso il 5,7 per cento a Catania, dove sosteneva il candidato del centrosinistra Maurizio Caserta, il 7,9 per cento a Ragusa, dove correva da sola, e addirittura il 4 per cento a Siracusa, dove Conte aveva concluso la sua campagna elettorale. A peggiorare le cose sono arrivate le parole di Schlein, che nella breve dichiarazione serale di lunedì non ha esitato ad attribuire una grossa fetta di responsabilità al Movimento: «È evidente che da soli non si vince. C’è da ricostruire un campo alternativo a una destra che è divisa su tanti temi, ma che quando si tratta di andare al voto quantomeno si presenta unita».

Di tutt’altro avviso il presidente del Movimento, che ieri mattina sembrava voler dire definitivamente addio all’alleanza con Schlein. «Sono convinto che la Meloni non si batte con i campi larghi ma con un’idea diversa di paese». Tradotto, ciascuno faccia la propria partita. Anche perché di ragioni per stare insieme, dopo le amministrative, non ce ne sono più, visto che il prossimo grande appuntamento elettorale sono le elezioni europee, dove il sistema è proporzionale e le alleanze non vengono premiate.

Anzi, Conte potrebbe approfittare della battuta d’arresto della nuova segretaria per coltivare la sua neutralità nei confronti dei due campi del Pd. Durante il suo ultimo viaggio in Romagna per visitare le zone alluvionate ha avuto modo di riallacciare il rapporto con il presidente della regione, Stefano Bonaccini, con il quale ha discusso dell’emergenza. Era lui il candidato alle primarie a cui Conte avrebbe avuto di più da offrire: con l’emiliano al centro, l’ex premier si sarebbe potuto intestare l’ala più a sinistra dell’elettorato.

Ora, con la stella di Schlein offuscata dai risultati delle ultime amministrative, Conte vuole tenersi tutte le strade aperte, pur consapevole del fatto che la prossima trattativa con i dem potrà aprirsi soltanto dopo le europee e fino ad allora M5s e Pd saranno rivali. Se a quel punto l’interlocutore di riferimento del Nazareno fosse un altro, il presidente vuole trovarsi pronto.

Le questioni interne

La prima mossa della strategia di Conte sarà la manifestazione organizzata per il 17 giugno. L’idea è del garante Beppe Grillo, che l’ha lanciata durante la sua ultima visita a Roma, più incentrata sulla trattativa per il rinnovo della sua consulenza ai gruppi parlamentari che sul futuro del Movimento. Schlein è stata invitata, ma è chiaro che se accettasse sarebbe soltanto un’ospite, non un’alleata: «Sono benvenute tutte le forze politiche, sociali, civiche, noi siamo i promotori».

La seconda occasione per rafforzare l’autonomia del Movimento rispetto al Pd schleiniano saranno le elezioni regionali in Molise la settimana successiva. Il candidato, sostenuto pure dal Pd, è il sindaco di Campobasso, di comprovata fede contiana. La candidatura è stata proposta insieme a un listino bloccato di aspiranti consiglieri regionali, tutti scelti da Conte e il pacchetto è stato sottoposto agli iscritti quasi fosse un voto di fiducia sul presidente. È la prima volta che anche il listino è scelto interamente dai vertici di partito: sono ormai ricordi lontani le “regionarie” che, attraverso il voto degli iscritti, definivano l’ordine delle candidature. Il “metodo Molise”, prevedono nel partito, sarà anche quello che il presidente utilizzerà per la compilazione della lista delle europee.

Restano poi da risolvere alcune questioni interne. Per esempio quella del deputato Riccardo Tucci, rinviato a giudizio a Vibo Valentia perché avrebbe evaso le tasse.

Tucci era già imputato in campagna elettorale, ma una modifica al codice etico del M5s gli aveva permesso comunque di candidarsi. Ora la decisione di tenerlo nella squadra di Conte rischia di creargli imbarazzi.

C’è anche la questione dei contributi dei parlamentari al partito, sono parecchi a non versare. Del regolamento che dovrebbe riorganizzare il flusso delle risorse non c’è ancora notizia, ma la quota da restituire alla collettività dovrebbe farsi sempre più piccola: 500 euro, secondo le ultime indiscrezioni. Gli altri 2.000 al mese da tagliare dagli stipendi andrebbero al partito.

Intanto i vertici del Movimento stanno pensando anche a un premio di consolazione per i tanti che sono rimasti fuori dal parlamento: il via libera al terzo mandato in consiglio comunale. Una prospettiva che potrebbe cambiare le cose per chi può aspirare a una poltrona in una grande città, dove un consigliere arriva a guadagnare anche 2.500 euro al mese.

© Riproduzione riservata