La senatrice Lucia Borgonzoni (Lega, salviniana pura) è l’eroina social del momento: la sua nomina a sottosegretario alla Cultura, con il ministero rimasto a Dario Franceschini (Pd), ha provocato ironia, indignazione, sconforto, incredulità e primi dubbi: «Ma ’sto Draghi: sarà poi davvero tutto quel che si dice?».

Borgonzoni, oggi 44enne, estroversa candidata a sindaco di Bologna (2016), eletta in Senato (2018), sottosegretario, sempre ai beni culturali, nel Conte 1 (stesso anno), candidata a diventare presidente dell’Emilia Romagna nel 2020. Sue frasi famose: «Non leggo un libro da tre anni», «L’Emilia Romagna confina con il Trentino e con l’Umbria», «Parlatemi Di Bibbiano”, scritto sulla maglietta in Senato, con la P e la D maiuscole e in rosso; un personaggio folkloristico, insomma, ma capace di incutere anche sgomento: contro l’idea di essere governati da Lucia Borgonzoni – i sondaggi davano la cosa possibile – si schierò l’unico movimento politico sorto nell’Italia sovranista: le Sardine, che con la loro mobilitazione, ribaltarono un temuto risultato elettorale.

Poi, in Italia, tutto precipitò per il virus di Wuhan. 80mila morti dopo, Salvini, che sembrava spacciato, eccolo imporre Lucia Borgonzoni. Perché?

La professoressa sospesa

A tutti coloro che sono sconsolati, vorrei ricordare – con una proposta finale, ottimista – un piccolo avvenimento del regime sovranista che regnava nel nostro paese appena due anni fa, e in cui Lucia Borgonzoni ebbe un ruolo non da poco. Si trattò di un provvedimento tipico dei tempi del fascismo quotidiano, quello “buono”: la sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio di una professoressa di Palermo rea di «non aver controllato» i propri studenti e di averli condotti a paragonare Salvini (allora ministro degli Interno) a Hitler.

I fatti: dall’anno 2000 si osserva ogni anno in Italia, per legge, la Giornata della Memoria, 27 gennaio, giorno della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. All’Istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, la professoressa di italiano Maria Rosa Dell’Aria coordina il lavoro dei suoi studenti e produce un power point dal titolo “Ieri e oggi”, in cui vengono messe a confronto le leggi razziali del 1938 e le leggi speciali di Salvini dell’anno in corso.

Un bel lavoro: colto, documentato, presentato in aula magna, che non sfugge all’occhio attento di tale Claudio Perconte, attivista filonazista, che twitta: «una prof. ha obbligato dei quattordicenni a dire che Salvini è come Hitler perché stermina i migranti». I tweet viaggiano veloci e la nostra Borgonzoni (all’epoca sottosegretario ai Beni Culturali) lo pubblica sulla sua pagina Facebook, dove si augura, se fosse vero, «l’interdizione a vita della professoressa con ignominia» e assicura di aver «già avvisato chi di dovere». E Lucia era davvero ben ammanigliata; la sua segnalazione arrivò subito al ministro della Pubblica istruzione, Marco Bussetti, leghista, (prof. di educazione fisica, autore di una pregevole tesi sul “minibasket come gioco sport educativo”), il quale fece vedere che lo stato si sa muovere con sveltezza: fonogrammi, provveditorato, ispezioni, interrogazione dei professori e dei minorenni plagiati, sentenza: in silenzio, la prof. viene sospesa dall’insegnamento e dallo stipendio per tre mesi.

Un episodio da stagnante, ordinario fascismo italiano da anni Trenta. Ma la cosa si venne a sapere, e il caso divenne nazionale: eroici scioperi di studenti, articoli di giornale. A denti stretti, le sanzioni venero (più o meno) ritirate. Gli studenti e la prof. vennero ricevuti in Senato dalle senatrici Elena Cattaneo e Liliana Segre, che lodarono il lavoro fatto e la loro competenza. Liliana Segre, salutandoli, disse: «La vostra scuola si chiama Vittorio Emanuele III, il Re che mise la sua firma sulle leggi razziali di Mussolini. Io consiglierei di cambiargli nome». Ecco, un provvedimento che Lucia Borgonzoni potrebbe attivare subito. Ha il potere di farlo, è lei – di nuovo – il “chi di dovere”. Quasi quasi c’è da twittarglielo.

 

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