Altro che Esteri o Economia, la casella più difficile da riempire per la prima ministra, Giorgia Meloni, è stata quella della Difesa, che ancora minaccia di portare più di un grattacapo per palazzo Chigi. 

Alla fine, la croce è finita sulle spalle del fidato Guido Crosetto, nonostante il suo passato recente – raccontato da Domani – di lobbista nel settore difesa e di presidente di Aiad, l’associazione confindustriale che rappresenta le aziende del comparto difesa e aerospazio.

Anche per questo dicono che lui avrebbe preferito il ministero dello Sviluppo economico, meglio ancora la poltrona di amministratore delegato di Leonardo. Alla fine tutto si è deciso in quell’ora di colloquio che Meloni ha avuto con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, quando è salita al Quirinale per presentare la lista dei ministri. E gran parte di quel tempo sarebbe stato dedicato proprio a risolvere i problemi legati al dicastero della Difesa (non va dimenticato che il presidente della Repubblica è, secondo l’articolo 87 della Costituzione, il capo delle forze armate).

La prima scelta della presidente del Consiglio sarebbe stata l’ex presidente del Copasir, Adolfo Urso, che alla fine è finito allo Sviluppo economico in uno scambio alla pari con Crosetto.

Ma la vicenda era iniziata molto prima. Esattamente con la contrarietà di Meloni ad alcuni dei nomi proposti da Silvio Berlusconi, Licia Ronzulli in testa. La leader di Fratelli d’Italia, infatti, non sarebbe stata pregiudizialmente contraria ad affidare a Forza Italia il ministero della Difesa. Peccato che il candidato per quella poltrona fosse inaccettabile, sia per Meloni, sia per il presidente della Repubblica. 

Berlusconi avrebbe fatto il nome di Matteo Perego di Cremnago, imprenditore monzese nel settore moda e, in particolare, di cappelli. Il veto, nel suo caso, non sarebbe scattato per ragioni di incompatibilità ma perché – come per Ronzulli – il suo profilo era lontano da quello “alto” che la presidente cercava per i suoi ministri. «Impresentabile» lo definisce una fonte del Quirinale.

Chi è Perego

Quarantenne rampante, una legislatura alle spalle proprio in commissione Difesa alla Camera dove segretaria di commissione era la compagna del leader di Forza Italia, Marta Fascina, Perego è amministratore delegato dell’azienda di famiglia, la Cambiaghi.

Alle spalle, la legge sulla cosiddetta “mini-naja”, un percorso formativo di sei mesi in ambito militare per giovani tra i 18 e i 22 anni e l’istituzione del soccorritore militare nelle forze armate. Attualmente ha l’incarico di responsabile nazionale del dipartimento Difesa di Forza Italia e in campagna elettorale è stato candidato, senza poi venire eletto, nel collegio plurinominale di Milano.

Organico all’area ronzulliana del partito, è vicino al capogruppo alla Camera di FI, Alessandro Cattaneo, e sarebbe stato sponsorizzato da Fascina. Inoltre gode di un rapporto molto stretto con Berlusconi per via della sua amicizia con il figlio più piccolo dell’ex Cavaliere, Luigi. Ottimo pedigree dentro al partito ma non certo adatto per il governo Meloni, sospettosa anche per l’area di provenienza. Tuttavia, il Cavaliere lo considera un ottimo nome su cui contare e lo avrebbe inserito in cima alla lista dei sottosegretari, proprio al ministero della Difesa.

Archiviata l’ipotesi Perego abbastanza velocemente, Meloni ha dovuto riempire la casella visto che Urso, che pure può vantare rapporti ottimi con gli Stati Uniti, aveva una “macchia” sul suo curriculum. Politico molto considerato dentro Fratelli d’Italia, siciliano di origine ma veneto di adozione e grande orchestratore del successo del partito che in regione ha doppiato la Lega di Luca Zaia, Urso ha dei problemi con la società che oggi è gestita dal figlio e che, in passato, ha operato in Iran e ha avuto rapporti con un gruppo indagato per traffico di armi.

Una questione sollevata anche dalla Lega un anno fa, per provare a bloccare la sua nomina al vertice del Copasir (che deve essere guidato dall’opposizione) al posto del leghista Raffaele Volpi. Una questione di opportunità, e non di poco conto, che di sicuro non è sfuggita al Capo dello stato. Da qui la decisione di stravolgere tutto e puntare su Guido Crosetto, spostanto Urso allo Sviluppo economico. Ora Perego potrebbe ottenere un posto da sottosegretario alla Difesa mente Valentino Valentini altro berlusconiano doc, potrebbe ritrovarsi a lavorare, sempre come sottosegretario, allo Sviluppo economico.

Anche su Valentini non sono mancate polemiche. Considerato troppo filorusso, è stato scartato come possibile viceministro agli Affari esteri. In compenso ora il dicastero dello Sviluppo economico, ribattezzato da Meloni ministero delle Imprese e del made in Italy, potrebbe presto avere un ministro che guarda a Teheran e un sottosegretario che guarda a Mosca. Con tanti saluti all’atlantismo.

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