Italia

Il puro gusto di uccidere dei killer della Uno bianca

La banda criminale che terrorizzò l’Emilia Romagna dal 1987 al 1994 iniziò con le rapine, poi i tre fratelli Savi capirono che più dei soldi gli piaceva ammazzare la gente

  • Due fratelli Savi erano poliziotti, il terzo meccanico. Decisero di arrotondare lo stipendio con le rapine ma presto passarono ai reati di sangue.
  • Sulle personalità dei Savi si sono spesi criminologi. Uno è come «un cobra, calcolatore, freddo, manipolatore, incantatore»; l’altro alla stregua di un «pitbull, sociopatico, istintivo, che risponde agli attacchi e agisce per frustrazione».
  • Sparano anche a zingari e neri, convinti di dover fare pulizia etnica. Vengono arrestati nel 1994 dopo 103 azioni criminali, 24 morti e 102 feriti.

«Dietro la Uno bianca ci sono la targa, i fanali e il paraurti. Basta. Nient’altro». Sono le parole più citate di Fabio Savi, uno dei condannati all’ergastolo per i fatti della Uno bianca. Non sono bastate. Né quelle, né la piena confessione di 103 azioni criminali che terrorizzarono Emilia e Romagna, in un climax di ferocia insopportabile, tra il 1987 e il 1994. Non c’è stata ammissione o spiegazione che abbia placato il bisogno di trovare motivazioni “altre”, per una delle vicende italiane pi

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