Karl Marx diceva che la storia si ripete sempre due volte, la prima in tragedia la seconda in farsa. E’ quel che succede in sedicesimo con Ita Airways, la compagnia che ha sostituito la vecchia e fallita Alitalia.

Nelle ore in cui il presidente, Alfredo Altavilla, si lamentava pubblicamente della inadeguatezza dei suoi emolumenti (400 mila euro l’anno più altri 400 mila di premio al raggiungimento di determinati obiettivi), proprio in contemporanea a Domani è stato segnalato un episodio preoccupante e clamoroso, la cui gestione di Ita da un punto di vista comunicativo e dei rapporti di lavoro, conferma la deriva farsesca della nuova compagnia rispetto alla tragedia Alitalia.

L’episodio è accaduto la notte tra il 30 aprile e il primo maggio sul volo 609 da New York a Roma. Per un’ora e 12 minuti quell’aereo, un Airbus 330 che stava sorvolando i cieli francesi, è rimasto isolato e da bordo non hanno risposto alle ripetute chiamate radio dei centri di controllo transalpini.

Molto allarmate per i potenziali pericoli che si stavano correndo, le autorità francesi hanno deciso di allertare i caccia per capire che cosa stesse succedendo e per adottare eventualmente le misure necessarie.

Per fortuna poi da bordo hanno finalmente risposto alla radio e l’aereo è atterrato tranquillamente a Fiumicino.

Punizione esemplare

E qui comincia un’altra storia. Domani ha avuto la notizia in maniera molto precisa, ovviamente in via confidenziale, e per avere conferme abbiamo provato a verificare con l’Enac, l’ente dell’aviazione civile.

L’Enac ha risposto che non intendeva assolutamente parlare né per confermare né per smentire. Dopo qualche ora, alle dieci di sera, l’ufficio stampa di Ita, allertato chissà da chi, ha chiamato per sapere che cosa stavamo scrivendo.

Abbiamo concordato che ci saremmo risentiti e in effetti poi c’è stata una telefonata lunga e molto dettagliata a cui i comunicatori Ita hanno annunciato sarebbe seguita una nota scritta. Che in effetti è arrivata, ma nel frattempo qualcuno da Ita, con una mossa  scorretta, forse per impedire che fosse Domani a occuparsi del caso, ha passato la notizia a un altro giornale fornendogli le stesse informazioni e le stesse interpretazioni dei fatti raccontati in precedenza al nostro quotidiano.

Tra queste informazioni di fonte aziendale la più rilevante è che i dirigenti di Ita hanno licenziato il pilota. E così facendo hanno confermato di nuovo che nella storia la farsa segue la tragedia.

Perché in attesa dell’accertamento preciso dell’accaduto e anche ammesso che il pilota sia responsabile di tutto il peggio, compresa la possibilità (non confermata) che in quell’ora e 12 minuti stesse dormendo, il licenziamento come punizione esemplare è il provvedimento meno idoneo in assoluto, sconsigliato dal buon senso, dalle linee guida e dalla just culture per la sicurezza aeronautica predicata da Easa, l’ente aeronautico europeo.

La punizione come monito (ma che monito può essere se il provvedimento è stato reso pubblico solo nel momento in cui un giornale si è accorto dell’accaduto) in questi casi può risultare addirittura controproducente perché induce il responsabile a occultare i fatti o parte di essi impedendo che possano essere valutati in tutti i loro aspetti per approntare misure atte a evitare che si ripetano.

A Domani risulta che al vertice dell’azienda non tutti fossero favorevoli al licenziamento, alla fine imposto dalla prima linea, il presidente Altavilla e l’amministratore Fabio Lazzerini.

La coda di paglia

Secondo i piloti di Ita con cui Domani ha parlato dell’accaduto, tanta intransigenza è figlia della coda di paglia dell’azienda proprio sul tema della sicurezza.

Sono tante le anomalie che riguardano il lavoro del personale navigante segnalate dai comandanti. Il pilota licenziato era cotto quando si è messo ai comandi del volo del 30 aprile, al quarto turno mensile sulla Roma-New York con un accumulo di lavoro impensabile ai tempi di Alitalia.

Inoltre, era stato promosso da poco dai voli di medio raggio a quelli diversi e molto più impegnativi del lungo raggio senza un corso preparatorio adeguato.

L’Enac ha infatti consentito a Ita per permetterle di rispettare la data di partenza del 15 ottobre 2021 e in barba all’idea di discontinuità richiesta dall’Europa di non sottoporre i piloti a un addestramento ad hoc sostenendo che tanto erano quelli di Alitalia.

Proprio in questi giorni si scopre inoltre che contravvenendo alle regole i piloti Ita, almeno non tutti, non sono stati sottoposti ai test psicologici, i cosiddetti Minnesota test, e quindi potrebbe anche essere che qualcuno in questi mesi abbia volato in condizioni psicologiche incerte.

Poi c’è la storia dell’organico sottodimensionato in modo preoccupante: secondo l’iniziale tabella di marcia, a metà 2022 i naviganti di Ita dovevano essere 2.627 e invece gli assunti sono la metà, appena sufficienti per assicurare i turni per 45 aerei e non per i 54 in servizio.

I turni poi sono massacranti: non era mai successo come succede con Ita che un pilota dovesse fare il Roma-Los Angeles andata e ritorno in tre giorni seguiti da tre giorni di riposo. I riposi, fanno notare i piloti, servono prima non dopo perché dovrebbero essere propedeutici ai voli.

Con Alitalia i riposi erano 10 al mese, ora sono solo sette. Infine le ferie: ai tempi di Alitalia erano 30 giorni, ora sono diventati 19 e salgono a 30 solo se i piloti decidono di usare i riposi come ferie. In estate, in ogni caso, i giorni di ferie non devono essere più di otto.

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