La vicenda relativa al libro del generale Roberto Vannacci dev’essere inquadrata nella cornice della grammatica giuridica delle istituzioni militari. Una premessa: la libertà di espressione non è assoluta per nessuno - militare e non - ma va sempre contemperata con altri interessi costituzionalmente tutelati. Tra le disposizioni più citate in questi giorni c’è l’articolo 21 della Costituzione, secondo cui tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo.

Lo stesso principio è previsto dall’art. 1472 del codice dell’ordinamento militare (COM, d.lgs. n. 66/2010), secondo cui i militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare il proprio pensiero, salvo temi a carattere riservato di interesse militare o di servizio, per i quali serve un’autorizzazione. Sembrerebbe che per un militare non esistano limiti alla libertà di esternazione, salvo quello della riservatezza lavorativa. Ma bisogna andare oltre le norme citate per individuare una serie di paletti.

Il dovere di imparzialità

Un primo indicatore si trova nell’articolo 54 della Costituzione. Coloro ai quali «sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge». Il verbo “affidare” implica fiducia nelle persone cui sono rimesse le sorti di tutti i cittadini, fiducia che si fonda su comportamenti dignitosi nella dimensione sia pubblica sia privata. Con il giuramento previsto, inoltre, ci si impegna a esercitare le proprie funzioni «nell’interesse esclusivo della Nazione», espressione che sostanzialmente si rinviene anche nell’art. 98 Cost. Quest’espressione assume un’importanza particolare nel caso Vannacci. Chi svolge funzioni pubbliche è al servizio di tutti, e ciò richiede che le sue condotte siano neutrali, vale a dire connotate da un’imparzialità che – in ogni contesto - non può essere inquinata da esternazioni che depongano in senso opposto.

Un civil servant non potrebbe essere considerato super partes qualora manifestasse un interesse politico, economico o personale verso un gruppo, un settore o un’ideologia particolare: ciò indurrebbe a pensare che pure in ambito lavorativo le sue opinioni personali possano prevalere sul dovere di imparzialità. Anche per questo motivo l’art. 98 Cost. prevede che, con legge, per una serie di categorie - magistrati, militari, funzionari e agenti di polizia e altri - possano essere stabilite limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici, cioè schierarsi con una certa “parte”.

La sfera privata

Dunque, un militare è tenuto non solo ad essere, ma anche ad apparire “imparziale” verso chiunque. Non vale invocare la circostanza che opinioni “di parte” siano rese al di fuori delle sedi di lavoro. L’art. 732 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (TUOM, d.P.R. n. 90/2010) dispone che il militare «in ogni circostanza», quindi anche nella sua sfera privata, debba «tenere condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate» e, in particolare, astenersi dal pronunciare «parole e discorsi non confacenti alla dignità e al decoro». L’art. 713 TUOM prevede, inoltre, che il militare debba evitare, «anche fuori servizio», comportamenti che possano «condizionare l'esercizio delle sue funzioni». L’ordinamento militare ribadisce, quindi, il concetto valorizzato dalle citate disposizioni costituzionali.

I rischi

Il fatto che anche esternazioni extralavorative rischino di incidere sulla funzione svolta, assumendo così valenza disciplinare, si evince pure da regole dettate per settori specifici, le quali costituiscono attuazione dei menzionati principi generali dell’ordinamento militare. Ad esempio, per l’Arma dei Carabinieri, la circolare del comando generale (n. 1104/43-1-1994 del 2011) richiama gli appartenenti all’Arma a quella «sobrietà e compostezza che costituiscono, per norma oltre che per tradizione, irrinunciabile riferimento nello stile di vita di ciascun appartenente all’Istituzione».

Inoltre, il regolamento generale (art. 243) stabilisce che il militare «deve tenere anche nella vita privata condotta seria e decorosa (…). Sono sanzionati disciplinarmente i comportamenti che obiettivamente (…) ne condizionino l’esercizio delle funzioni». Di imparzialità e parità di trattamento verso i destinatari dell'azione amministrativa parla il Codice di comportamento per il ministero della Difesa del 2018.

Per la Guardia di Finanza può menzionarsi la circolare del comando generale (n. 028569/2020), secondo cui qualunque manifestazione del pensiero dev’essere attentamente ponderata con «prudenza, equilibrio e “misura”, evitando l’utilizzo di espressioni, commenti e giudizi fuori luogo che possano essere equivocati o strumentalizzati». Inoltre, «ogni esternazione deve essere consona allo status rivestito», quello di “servitori dello Stato”. Circa le attività intellettuali, poi, assume importanza un’altra circolare (n. 200000/109 del 20 giugno 2005) secondo cui «lo stile espositivo deve essere improntato ad essenzialità, chiarezza e precisione, privo di accenti gratuitamente polemici o di critiche non supportate da valide motivazioni tecnico-giuridiche».

Il procedimento

In sintesi, principi costituzionali, disposizioni generali dell’ordinamento militare e regole specifiche sono improntati a un criterio comune. La manifestazione pubblica di opinioni personali dev’essere ispirata a continenza e avvenire in modo ponderato, così da non gettare su chi le esprime, e quindi sull’istituzione militare, l’ombra che tali opinioni possano incidere sullo svolgimento delle funzioni pubbliche, rischiando di minarne l’imparzialità.

Al riguardo, circa i comportamenti rilevanti sotto il profilo “morale”, la Corte costituzionale ha affermato che vanno distinte «condotte aventi rilievo ed incidenza rispetto alla affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento delle funzioni»; e condotte, invece, «riconducibili esclusivamente ad una dimensione “privata”», quindi tali da non rischiare di compromettere un servizio pubblico che dev’essere svolto nell’interesse di tutti indistintamente (sentenza n. 311/1996).

Le opinioni espresse nel libro di Vannacci rientrano nel primo o nel secondo ambito? Serve approfondire in modo adeguato, e pertanto è stato aperto un procedimento che lo accerti. Può quindi reputarsi che il ministro della Difesa, Guido Crosetto, abbia agito correttamente.

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