Mentre l’Italia si prepara a prorogare le missioni in Libia e il Consiglio europeo si limita a rinnovare gli auspici per la stabilizzazione dell’area, Medici senza frontiere ha dovuto sospendere le sue operazioni Tripoli perché ormai le condizioni umanitarie sono insostenibili. «Vogliono rendere più digeribile la collaborazione con la Guardia costiera libica che intercetta i migranti e li porta nei centri di detenzione, dove le condizioni sono disumane» dice Marco Bertotto, responsabile Affari Umanitari della Ong. Il presidente del Consiglio Mario Draghi il giorno dopo l’annuncio di Msf è intervenuto alla Camera e al Senato in vista del Consiglio europeo dichiarando la sua soddisfazione per aver sollevato il tema migratorio in Europa, ma alla fine non si è raggiunto nulla.

La maggiore cooperazione

Sui flussi l’Italia aveva detto di aspettarsi una maggiore cooperazione dell’Unione europea. Richieste disattese, visto il brevissimo passaggio delle conclusioni del Consiglio che si sono limitate a confermare «gli impegni» e «gli auspici». Nel suo discorso, Draghi aveva fatto riferimento alla possibilità che sui diritti umani ci sia un maggiore intervento dell’Alto commissariato delle nazioni unite dell’Oim, così come il Consiglio. Ma Bertotto commenta: «È pazzesca la citazione dell’Unhcr e dell’Oim per ristabilire i diritti umani in Libia. Le stesse Nazioni unite hanno dichiarato di avere possibilità minime».

Le violenze

Martedì Medici senza frontiere ha annunciato che lascerà i centri di Al-Mabani e Abu Salim a Tripoli. Nei centri di detenzione libici oggi ci sono circa seimila persone «una delle cifre più alte raggiunte, persone tenute in condizioni di violenza e pericolo tale che ci hanno spinto a dichiarare l’impossibilità per Medici senza frontiere di continuare a lavorare in quei due centri». Da febbraio di quest'anno, maltrattamenti, abusi e violenze sono aumentati costantemente. Le persone, detenute arbitrariamente, vengono lasciate morire di fame, in quattro per cella, dove sono costrette a dormire a turno: tutti non potrebbero avere lo spazio per stendersi. Anche le madri con i loro bambini vengono lasciati senza cibo.

Il 17 giugno, durante una visita al centro di detenzione di Al-Mabani le équipe di Msf hanno visto che i detenuti venivano picchiati mentre lasciavano le loro celle per essere visitati dagli operatori sanitari, che si sono così trovati in uno stato di minaccia: «Abbiamo identificato una soglia oltre la quale non potevamo più rimanere per assistere impotenti» racconta a Domani Bertotto. 

I corridoi umanitari

La risposta a tutto, da qualche settimana a questa parte, sembrano essere i corridoi umanitari: «Dicono che il tema non è il soccorso in mare ma i corridoi umanitari. I corridoi sono giustissimi – replica Bertotto –, ma finora hanno permesso l’evacuazione di poche centinaia di persone, e i nuovi sono ancora tutti da mettere in piedi, mentre da quando l’Italia nel 2017 ha firmato l’accordo bilaterale col la Libia ci sono state circa 65 mila persone intercettate in mare e portate nei centri di detenzione».

L’operatore di Medici senza frontiere non ha dubbi: «La priorità numero uno è impedire le partenze e mettere in pratica politiche di esternalizzazione per non fare arrivare i migranti, quella è l’unica linea su cui c’è un accordo» su tutte le altre «l’Europa ha fallito».

Anche qualora nei prossimi mesi si arrivasse a rafforzare i corridoi umanitari «non si possono giustificare 65 mila persone passate per i centri di detenzione libici. Con una mano sosteniamo i piccoli passi e con l’altra un’autostrada di abusi», questa è «retorica che riempie i documenti ufficiali».

Portare avanti così la collaborazione con la Libia per Medici senza frontiere è impensabile: «Finora c’è stata una richiesta di supporto all’interruzione delle partenze in cambio di sostegno economico, non c’è alcuna forma di condizionalità». In questo modo i trafficanti finora ne sono usciti rafforzati: «Non credo che queste cose saranno cambiate adesso».

I salvataggi

Sui salvataggi in mare Draghi e l’Europa hanno taciuto, ma si è espresso il parlamento. La risoluzione dopo le comunicazioni approvata alla Camera e al Senato e firmata da tutti i partiti che sostengono il governo, dalla Lega al Pd, fa riferimento al buon funzionamento dei dispositivi europei per i soccorsi in mare: «Ma non esistono – dice Bertotto -, hanno cancellato tutto, se non i dispositivi di intercettazione aerea che dicono ai libici dove andare per i gommoni dei migranti: è proprio finzione». Nelle premesse invece si trova un passaggio dove i parlamentari ritengono assodato che bisogna «assicurarsi che gli Stati di bandiera delle navi europee che effettuano operazioni di salvataggio in mare, collaborino all’individuazione di un porto di sbarco e si assumano la responsabilità dell’accoglienza delle persone soccorse, nel rispetto delle convenzioni internazionali sul diritto del mare».

Per Bertotto è «un accenno pericoloso non conforme alle norme internazionali, il richiamo agli stati di bandiera. Un modo di colpire l’attività di soccorso in mare: vogliono disincentivare gli stati di bandiera a supportare le Ong, con la minaccia di far gravare la responsabilità dei salvataggi» una posizione, ribadisce, «illegale».

La Geo Barents di Medici senza frontiere arrivata in mare poche settimane fa batte bandiera norvegese: «Per quale ragione la Francia o l’Olanda dovrebbero avere meno responsabilità? Questo è un tentativo indiretto di fare fuori le navi adducendo motivazioni che non hanno nessun fondamento legale. È assolutamente pretestuoso». Di fronte alla risoluzione approvata da destra sinistra, conclude: «Questa è una constatazione amara. Forse non c’era modo di trovare una mediazione diversa, visto che ci sono partiti dalle posizioni diversificate, ma il fatto che abbiano firmato, e tutti siano d’accordo con le politiche di esternalizzazione e deterrenza, è assodato».

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