Il leader della Lega, Matteo Salvini, non ha mai fatto mistero di stare stretto nell’anomala maggioranza di governo che ha fatto nascere l’esecutivo di Mario Draghi. Tallonato alle spalle da Fratelli d’Italia, unico partito di opposizione che sta capitalizzando in termini di consenso la sua posizione, il Carroccio ha provato a mantenere una posizione autonoma rispetto alle prese di posizione di Draghi, mantenendosi nel precario equilibrio tra partito di lotta e di governo.

Lo strappo più eclatante fino ad oggi è quello che si è consumato in consiglio dei ministri sul decreto Riaperture, in particolare in merito al mantenimento delle 22 come orario di coprifuoco. La decisione di confermare la stretta serale stata ratificata dal Csm ma con l’astensione dei ministri leghisti, che invece chiedevano un allungamento dell’orario per permettere ai ristoratori di poter effettivamente contare sul turno della cena, seppur solo con tavoli all’aperto. «Il coprifuoco non ha senso, lo dice anche il Cts», sarebbero state le parole di Salvini durante la riunione della sua segreteria politica e la scelta di non votare il decreto sarebbe stata non uno strappo ma, al contrario, «una scelta di lealtà» nei confronti di Draghi, perchè «essere alleati leali significa dire, al premier come a un amico, quando secondo noi sbaglia». Poi ha lanciato la sua roadmap, chiedendo un decreto «entro la prima metà di maggio», che contenga «più aperture, meno chiusure, meno divieti e più vaccini».

La linea leghista di farsi percepire come sempre pronta a sfilarsi dalla compagine di governo ha irritato Draghi, che ha definito «un precedente grave» la scelta della Lega. Tradotto: accettare che la Lega voti a singhiozzo i provvedimenti in Cdm significa permetterle di tenere perennemente sotto scacco il governo. Una prospettiva che impensierisce non solo Draghi ma anche tutti i partiti di maggioranza, perchè potrebbe essere il segnale che Salvini intenda tenere in vita il governo solo per il tempo necessario a risolvere i passaggi complicati dell’approvazione in Europa del piano di Recovery e quello delle vaccinazioni.Anche perchè, nel corso dell’ultimo mese, lo scontro a minore intensità tra esecutivo e Carroccio ha riguardato altre questioni nevralgiche.

La scuola

Oltre che sul coprifuoco, nell’ultimo consiglio dei ministri la Lega ha anche contestato la decisione di alzare dal 60 al 70 per cento il numero di studenti che torneranno in classe a partire dal 26 aprile. Due punti, questi, che sono anche i punti di frizione tra l’esecutivo e le regioni. I presidenti delle Regioni, infatti, avevano chiesto lo spostamento dell’orario di coprifuoco e di ridurre il numero di ragazzi da far rientrare a scuola e il presidente della conferenza Stato-Regioni, il leghista Massimiliano Fedriga ha attaccato a sua volta Draghi: «Sulla scuola c'è un problema politico e istituzionale importante. In Consiglio dei ministri è stato cambiato un accordo siglato tra istituzioni e questo è un precedente grave».

Condoni

La tensione costante tra il governo e la Lega continua ormai da settimane. Un altro consiglio dei ministri tesissimo è stato quello di fine marzo in tema di “rottamazione” delle cartelle esattoriali. Salvini aveva addirittura minacciato di far saltare il tavolo e lo scontro si era chiuso con un compromesso trovato in extremis. La richiesta della Lega era di stralciare tutte le cartelle fino a cinquemila euro del periodo 2000-2015, senza alcun limite di reddito. Alla fine, la mediazione su quello che Draghi ha definito senza mezzi termini un «condono» è stata trovata limitando il periodo al decennio 2000-2011 con un tetto di cinquemila euro e a favore dei soggetti con trentamila euro di reddito Irpef.

Ddl Zan

In questo caso lo scontro è più di matrice parlamentare, ma sta contribuendo ad alzare comunque il livello dello scontro con il centrosinsitra. Il ddl Zan che introduce l’aggravante penale dell’omotransfobia è attualmente fermo in commissione Giustizia al Senato, dove il presidente leghista Andrea Ostellari ha sollevato una serie di questioni politiche che ne stanno ritardando la calendarizzazione. «Prendo atto della spaccatura fra i rappresentati dei gruppi di maggioranza in Commissione e segnalo come questa renda impossibile procedere serenamente con i lavori», ha detto qualche giorno fa. La decisione, però viene vissuta come un ostruzionismo da parte in particolare del Partito democratico, che è proponente del testo, già approvato alla Camera. Per ora lo scontro non ha ancora toccato il governo e Mario Draghi non si è pronunciato, ma a chiamarlo in causa sul punto – intuendo quanto sia delicato per la maggioranza – è stata Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, che gli ha chiesto di stoppare la legge.

La mozione contro Speranza

La prossima settimana, poi, c’è il rischio che vada in scena un’ulteriore tensione interna alla maggioranza, sempre provocata dalla Lega. Il ministro con il quale gli scontri sono più forti è Roberto Speranza, al quale Salvini ha imputato una serie di errori nella gestione della pandemia e, di riflesso, la lentezza delle riaperture. Fratelli d’Italia ha presentato una mozione di sfiducia contro il ministro: sicuramente l’esito sarà negativo, ma la mossa di Giorgia Meloni sembra studiata per costringere Salvini a schiacciarsi sull’esecutivo. Per evitarlo, la Lega starebbe ragionando sull’astensione, anche se sono ancora al vaglio le potenziali ripercussioni interne al governo. Eppure per ora la linea di Salvini rimane quella della guerriglia perenne, capitalizzandone i successi e attaccandolo come se fosse all’opposizione rispetto alle misure non gradite. E senza intenzione di uscire dal governo: «Pd e 5 Stelle sperano che la Lega esca dal governo? Se lo scordino», ha detto Salvini.

 

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