«Il Green New Deal va difeso, la prossima Europa rischia di investire solo in armi e in guerra». La notizia era nell’aria da settimane, ieri alla Camera Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, ovvero gli alleati rosso-verdi, hanno presentato il loro primo candidato alle europee. È Massimiliano Smeriglio, già eurodeputato indipendente del Pd, che da oggi ufficialmente lascia la delegazione dem a Bruxelles e si iscrive al gruppo misto.

Il duo promette che nei prossimi giorni saranno rivelati altri nomi «importanti» per la corsa. Circola fra gli altri quello dell’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, che è corteggiato anche da Michele Santoro per la sua “Pace, terra e dignità”. Ma il presentatore tv in questo momento ha un’altra grana da affrontare: quella di un emendamento al dl Elezioni, proposto da FdI contro eventuali insorgenti partitini di destra, che renderebbe proibitiva la raccolta delle firme per presentare le liste, che Santoro giura essere la precondizione per presentare la sua. Si ribella Rifondazione comunista, che è della partita di Santoro, ma comunque fin qui avrebbe il diritto all’esenzione.

«Si interviene cancellando un diritto sancito da sentenze della giustizia amministrativa, quello dei partiti nazionali affiliati a partiti europei riconosciuti», il Prc lo è alla Sinistra europea-The Left. «In base alla normativa la raccolta firme è possibile da gennaio ma chi, come noi, aveva diritto all’esenzione, ha utilizzato questo tempo per costruire la convergenza più larga sapendo appunto di avere diritto all’esenzione», tuona Maurizio Acerbo, segretario Prc, «Modificare la norma ora si tradurrebbe nell’impossibilità di recuperare due mesi di raccolta già trascorsi».

Da quest’altra parte, invece, i rossoverdi procedono nella caccia alla sinistra per comporre liste in grado di raccogliere il 4 per cento. Smeriglio esibisce il lungo curriculum di voti espressi in dissenso dal Pd, ma stavolta sfuma le polemiche con il partito di Elly Schlein: «La mia linea ora è “peace&love” con tutti. Sono stati tanti i motivi di frizione, ma senz’altro il più importante è quello che riguarda la pace e l’agenda verde. In Europa c’è ormai un fronte scomposto per quanto riguarda la pace. Von der Leyen ha una posizione, Borrell un’altra. Servono invece forze politiche e posizionamenti chiari».

Il futuro dell’Ue

Posizioni classicamente pacifiste. Ma quello che dice il trio rossoverde, Smeriglio in testa, è interessante se letto in controluce, ovvero nella chiave di quello che non dice il Pd: «La guerra cambia il dibattito, cambia l’approccio alle cose.

Ma questo non vale tanto solo per il Pd quanto per l'Europa. L’Europa continua a mantenere un’agenda subordinata all’agenda atlantica e non comunitaria. Ma è un errore grosso perché le guerre sono in Europa, sul nostro fronte est, e nel Mediterraneo con il massacro quotidiano di Gaza. L’Europa deve avere maggiori ambizioni. Non barattare il Green New Deal con il riarmo. Ma queste non potrebbero essere sostenute dai nazionalisti che invece vogliono un’Europa minima, limitata al Consiglio europeo».

Tradotto: von der Leyen prepara la sua rielezione a presidente della Commissione guardando a destra, cioè ai (sedicenti) Conservatori. Che spera di includere nelle nuove larghe intese, che diventerebbero larghissime. Il che porrebbe – porrà – qualche problema ai socialisti europei, ma grandissimi guai agli italiani: può il Pd di Schlein far parte di un’alleanza in cui c’è come socio azionista anche il partito di Giorgia Meloni? Al momento tutti i candidabili dem, segretaria in testa, giurano che il tema non si porrà nemmeno. Se però fosse, subito dopo il risultato delle europee, potrebbe essere il più grosso problema per Elly Schlein.

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